Se quando vedi una persona con una idea molto precisa di se stessa e del proprio lavoro provi una piccola fitta di invidia e ti consola il pensiero che in fondo Leonardo da Vinci sapesse fare un milione di cose e tutte bene, (okay, non siamo Leonardo, ma basterebbe anche un centesimo delle sue capacità!), benvenuta nell’esclusivo club delle multitalentuose!
Avere tante competenze e potenzialità in ambiti diversi è una grande fortuna da certi punti di vista, tra cui, non ultimo, la ricchezza personale, ma quando si parla di business può essere un ostacolo più che un vantaggio, anche perché può dare l’impressione di non riuscire a realizzarsi nella propria interezza e può lasciare in fondo insoddisfatti o con il dubbio di non aver intrapreso la strada giusta.
Attenzione, però, facciamo qualche distinguo e sfrondiamo qualche critica.
Prima di tutto multitalento è diverso da multipassione.
Se intervistiamo qualsiasi persona sui propri interessi, con buona probabilità ne elencherà un certo numero; la mia lista, per esempio, è pressoché infinita e spazia dal canto, alla belly-dance, alla pittura passando per la storia antica e la filosofia.
Non a tutte le passioni, tuttavia, corrispondono delle skills reali, cioè delle competenza/capacità acquisite con lo studio, l’applicazione e l’esperienza. Ti ricordi quando parlavamo del fatto che il talento senza l’esercizio vale a poco?
Nel mio caso, pur avendo studiato danza a lungo, non sono -né sarò mai, posso dire serenamente- una ballerina o un’insegnante di bellydance e questo ambito non rientra tra i talenti che prendo in considerazione quando immagino il mio futuro lavorativo. Certo, tutte le esperienze accumulate nella vita hanno un ruolo, anche importante, nel definire chi siamo e come svolgiamo il nostro lavoro (per esempio, per tornare a me, se mi trovo a lavorare con un gruppo di bambine, essere capace di montare una piccola coreografia mi mette in una posizione di vantaggio), ma è importante riuscire a far chiarezza su quali siano le discipline sulle quali si investe in ottica imprenditoriale e quali invece restano sullo sfondo o appannaggio della vita privata (che poi, diciamocelo, è bello anche poter strillare sotto la doccia senza l’ansia di imbroccare l’intonazione perfetta).
Il multitalento può essere (ed è spesso) dispersivo.
Perseguire strade diverse comporta inevitabilmente un dispendio di energie più alto e la necessità di frammentare la propria attenzione, come ci ricordava Gioia qualche articolo fa. Questa è una critica che, prima o poi, tutte le persone poliedriche si sentono rivolgere ed ha un suo fondamento ragionevole: se già è difficile raggiungere il monte ore ideale per definirsi “master” di una sola disciplina (dando per scontato che il nostro obiettivo sia la massima qualità), cosa succede se le discipline si moltiplicano?
D’altra parte, spesso, essere poliedrici non è un vezzo, ma corrisponde ad una identità profonda; quando sono obbligata a scegliere, a me sembra di perdere un pezzo di me e finisco per ribellarmi in qualche modo o per annoiarmi molto presto di ciò che sto facendo.
Di fatto, io non credo che a questo problema esista una soluzione unica che va bene per tutti; piuttosto ritengo che alle persone multitalentuose si aprano una serie di strade diverse tra cui scegliere quella che fa vivere meglio e più sereni.
L’autrice di Renaissance Business, per esempio, sostiene che in fondo essere degli “esperti” (con le famose 10.000 ore di pratica) non sia un criterio sensato nel mondo lavorativo odierno: l’importante è il risultato che si è in grado di ottenere e propone una serie di esercizi e di tecniche per creare un business che integri le competenze e le capacità in ambiti diversi. Non si tratta certo di una strada semplice, soprattutto al momento di stendere un Business Plan, e la presenza di un Talent Coach può essere utile per districare i nodi della matassa, però immaginare un lavoro nel quale far confluire tutte le proprie identità di sicuro offre grande soddisfazione. E’ un po’ la stessa cosa che si è verificato per le Fashion Blogger affermate, che sono riuscite ad identificare un’area non ancora esplorata, ma interessante nel loro caso per i brand della moda, combinando la propria passione con la capacità di aggregare intorno a sé una comunità e con le competenze di scrittura/videomaking/comunicazione.
Una possibilità alternativa al prendere una ed un’unica strada può essere fare sì una scelta, ma temporanea: se è vero che portare avanti più di una attività alla volta danneggia il tuo business, puoi decidere di darti un tempo (ragionevole!) di lancio del primo settore (considera che il tempo di start-up è di 3-5 anni), portarlo a regime e poi ritagliarti dello spazio per lavorare sul secondo, con in più l’esperienza che avrai maturato ad accelerare il processo la seconda volta. Questo stratagemma dovrebbe mettere a tacere le infide voci che ripetono: “Un tempo eri più di così…”.
E tu, collega di (s)ventura, quali soluzioni hai trovato per pacificarti con l’ambito lavorativo e mettere a frutto tutti i tuoi meravigliosi talenti?
Ciao Stella! Il tuo suggerimento dei 3-5 anni è fantastico, io credo che non potrei mai considerare di fare lo stesso lavoro per più di 7 anni per esempio.
Per adesso il mio piano segreto (non dirlo a nessuno eh) è trovare ogni occasione possibile per collaborare con chi fa a livello professionale altissimo quello che io vorrei imparare – mentre io continuo a fare quello so – e assimilare tutto.
Rispetto all’antica arte del “faso tuto mi” devo dire che i risultati dei progetti sono davvero di qualità e anche a livello personale ne esco sempre arricchita (e non stremata dal cercare di fare qualcosa che ancora non so).
Oh compagna! Io sono il tormento di mia madre che vorrebbe vedermi al sicuro e inchiodata allo stesso lavoro per il resto dei miei giorni (povera mamma)…
Purtroppo o per fortuna, le è nata un’anima inquieta.
La tua strategia mi piace molto, approfittare della sicurezza data dal lavoro attuale per ampliare le proprie competenze sicuramente produce più qualità, che, io penso, è sempre qualcosa di cui abbiamo estremamente bisogno (checché ne dica Renaissance Business Plan).
Ci volgiono pazienza e perseveranza, ma, d’altra parte, ci sono forse casi in cui non sono indispensabili?
Complimenti, Stella, per l’articolo: mi è piaciuto molto e hai affrontato un tema spinoso che spinge a molte riflessioni.
Io seguo http://puttylike.com/, una community per persone multitalentuose (o multipotentialite, come vengono chiamate in Inglese) con una serie di consigli utili per gestire i propri talenti — la consiglio vivamente a chi cerca un modo per bilanciare le proprie abilità.
Grazie! Io non ho approfondito ancora, al momento: esiste proprio una community con forum, supporto etc?
C’è un forum (Puttytribe) che non frequento perché a pagamento, ma in generale gli articoli sul blog e i commenti sono utilissimi (qui una bella selezione degli interventi più interessanti: http://puttylike.com/start-here/). 🙂
Grazie!! 😀
Ecco centrata la mia natura! Inizio un progetto, nel frattempo mi vengono in mente altri e.. quanto mi secca lasciarli nel cassetto! E così a ruota, da anni.
Questo articolo cade a pennello perchè è da un po’ che sto riflettendo sulla mia natura multipotentialite.. Mi consola sentire che alla fine non è così negativa, l’importante è -come correttamente consigli alla fine- è darsi un tempo definito per portare avanti il progetto più consistente.
Dalla mia esperienza quando sono ‘riuscita’ a focalizzare ho raggiunto risultati più che ottimi. Quindi ora devo solo concentrarmi e ripartire!
Cara Alexia, hai proprio scelto la parola giusta: focalizzare!
Perché un conto è il desiderio di migliorarsi (sempre apprezzabile), un altro è lottare contro la propria natura. Io preferisco assecondarla e re-incanalarla: penso comporti meno spreco di energie e anche meno frustrazione!
In bocca al lupo!!
Molto interessanti queste tue parole, le condivido in ogni aspetto.
Anni fa ho trascorso alcuni momenti impegnata a svolgere attività che mi intrigavano per le quali non avevo/non ho alcun talento, disegno & C., ma l’attrazione per i colori era tale che non potevo farne a meno. Non credo sia stata una perdita di tempo.
In questo ultimo periodo ho ristretto l’ambito dei miei interessi verso quelli che ho già messo in campo (yoga) e affini (massaggio), approfondendo sempre più, consapevole che il tempo da dedicarvi è molto e il mio tempo libero poco.
Guarda caso stanotte, dopo alcuni anni di astinenza, ho sognato che giocavo coi colori… pare mi chiamino ancora, ma che importa se non sarà business? Di sicuro è un’integrazione necessaria, forse perché anche il gioco è necessario.
saluti Su
Sante parole, lo spazio del gioco è e deve essere sacro, soprattutto per gli animi creativi.
Io a lungo mi sono rimproverata la dispersività, ma ora, riguardandomi alle spalle, ho capito che niente va mai perso e tutto acquisisce un suo senso.
Come ha detto Steve Jobs: bisogna unire i puntini, ma lo si può fare solo dopo aver percorso un cammino!
che bello questo articolo, quasi consolatorio, rassicurante.
ci sto proprio lavorando, da molto in verità ma con il ‘solito’ risultato di cui parli: tutto e niente.
ma ora lo DEVO fare sul serio, per forza.
devo concentrarmi su una cosa, ma come è difficile scegliere cose O.o
proprio come di tu: “quando sono obbligata a scegliere, a me sembra di perdere un pezzo di me e finisco per ribellarmi in qualche modo o per annoiarmi molto presto di ciò che sto facendo.”
vado a focalizzare 😉
Ciao Sara! Torna a raccontarci come è andata la tua messa a fuoco! 😀
Multitalento a rapporto! Io sto perseguendo la via di includere (alcune del)le mie passioni nella mia attività professionale, dandole un taglio diverso e più personale. Allo stesso tempo sto “sfoltendo” e rinunciando ad occuparmi personamente dei settori che confinano con i miei hobby, primo perchè ci sono persone molto più brave di me che possono occuparsene a livello professionale, secondo perchè quando un hobby diventa un lavoro non è più così divertente… Per farti un esempio io sono architetto e wedding planner, utilizzo le mie competenze nel campo dell’architettura nel progettare e coordinare eventi. Inoltre, poichè per ragioni legate alla mia vita privata ho dimestichezza con la celebrazione di cerimonie e adoro scrivere, ho creato un servizio di stesura testi personalizzati e celebrazione di cerimonie simboliche. Di contro, anche se mi piace molto l’artigianato creativo, a livello di hobby, non mi occupo più di realizzare personalmente i dettagli per il matrimonio o le feste dei miei clienti, ma mi rivolgo a dei laboratori specializzati. Così non rischio di finire con l’odiare il mio hobby 🙂
Grazie di aver raccontato la tua esperienza personale! In effetti quello a cui spesso non si pensa è proprio che quando si fa il salto da hobby a lavoro subentrano degli obblighi e dei criteri che non hanno a che fare solo con il piacere e lo svago…