Con solo diecimila ore…

[Ammetto di aver visualizzato con grande chiarezza Celentano cantare questa variante business della sua più celebre canzone
E così oggi hai pronta anche la colonna sonora d’autore con cui iniziare la giornata!]

Quante volte ti sarà capitato di guardare un’opera d’arte, il tuo quadro preferito, di ascoltare un Notturno di Chopin, chiudere con un sospiro l’ultima pagina di un romanzo che ti ha trascinato in altre dimensioni e pensare, tra il rammarico e l’invidia: “Accidenti, non avrò mai tutto questo talento“?

Ecco, invece no. Sbagliato. Rewind & delete.
O forse giusto solo in parte, perché per fare dell’arte il proprio lavoro non è necessario essere l’Eleonora Duse del 2014 o un novello Mozart.

Che esistano delle predisposizioni innate a me sembra un fatto piuttosto evidente. Nel mio piccolo, per esempio, ho sempre trovato straordinariamente interessanti le materie scientifiche (che talora, mi rendo conto, per me rasentano la magia nelle loro applicazioni pratiche; l’avete mai visto il paradosso meccanico del doppio cono che va in salita?!), ma l’idea di farne la mia professione non mi ha mai neppure lontanamente sfiorato, sin da quando tornavo a casa dal liceo ben felice dei miei (sudatissimi) 7.

Eppure, il talento c’entra poco con il business.

Quando si parla di professioni artistiche, non si considera semplicemente chi -in astratto- sia il più bravo in una disciplina. Si parla di chi arriva a campare di ciò che produce.
E allora, che cosa fa la differenza tra chi riesce e chi no?

Avevamo già parlato di Madonna, di come sia diventata non solo un’icona del pop, ma anche un caso di studio nell’ambito del marketing, per la sua straordinaria capacità di sacrificare tanta parte della propria vita (anche personale) al successo e di trasformarsi come Proteo inseguendo (ma spesso anticipando, in realtà) un mercato in perpetua evoluzione, pur non avendo delle doti canore straordinarie.
E Mozart? Anche lui, l’enfant prodige per eccellenza, sin da bambino, cresciuto con un padre musicista, ha sgobbato sulla tastiera anni e anni prima di comporre qualcosa di davvero significativo.

C’è persino chi ha deciso di dedicare all’argomento una ricerca scientifica, per valutare se l’esercizio costante e mirato (attenzione, gli aggettivi non sono superflui) realmente possa fare la differenza. Ne è emerso che la soglia che costituisce un discrimine tra il “maestro” e tutto il resto del mondo si aggira intorno alle 10.000 ore di pratica.

Diecimila ore di esercizio costante e mirato sono circa 3 ore. Tutti i giorni. Per 10 anni.

Detto così fa un po’ spavento. Quante ore puoi dire di aver accumulato, per esempio, l’anno scorso?
Non solo: in queste ore di pratica non possono rientrare esclusivamente quelle di lavoro (te l’avevo detto che gli aggettivi non erano superflui).
L’esperienza certamente costituisce un bagaglio preziosissimo e indispensabile in ambito professionale e confrontarsi, non appena possibile, con la realtà di un lavoro è essenziale: in caso contrario si rischia di rimanere studenti a vita.
Tuttavia, il lavoro quotidiano non sempre consente di continuare a crescere. Anzi, a volte quasi costringe o spinge a fossilizzarsi: su una soluzione che sembra funzionare, su un metodo, su un’idea (tanto per togliermi un sassolino dalla scarpa: quante volte ha scritto lo stesso romanzo Banana Yoshimoto? Dopo aver letto con entusiasmo i primi tre, mi sono ripromessa di non spendere più un centesimo per i suoi libri. Mi sono sentita tradita!).
Serve uno spazio sicuro in cui permettersi di sbagliare e fare cose brutte, testare nuovi progetti, sperimentare senza vincoli. Quand’è l’ultima volta che te lo sei concesso?

Compito di febbraio: trova un giorno fisso in cui ritagliarti un pomeriggio intero, due ore, qualche minuto per dare aria al tuo mondo creativo e cominciare a mettere da parte il tuo monte ore da “maestro”. Poi, naturalmente, torna a raccontarci come è andata!

Se ti perdi d’animo
: leggi la storia di chi ha mollato tutto per diventare un professionista del golf. In un anno solo.

E per concludere, parafrasando un motto latino che deve diventare anche tuo, semel in settimana licet insanire.

Stella Mongodi

Insegnante al mattino, pittrice ed Eco Makeup Artist nel resto del tempo. Da sempre patita di colori, handmade e stili di vita sostenibili (nonchè di gatti). Responsabile per C+B del settore creatività, il mio motto è: "Secondo me riesco a farlo da sola". La sfida? Contagiare il resto del mondo!

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9 thoughts on “Con solo diecimila ore…”

  1. Aaah questo mi piace Stella, il compito di Febbraio mi piace proprio. E anche l’idea di ritagliarmi uno spazio dove sbagliare…credo che farò il mio personale appuntamento con l’artista dei prossimi mesi!
    Grazie!

  2. ecco forse se decido di scegliere solo un giorno, ma quello deve essere, qualcosa dal mio libretto delle idee e spunti riesco a realizzare.
    Un giorno, si, un giorno.
    Poi ti faccio sapere
    Grazie del compito.
    Sara

  3. Sempre detto che la #persistenza è un talento.
    🙂

    Io dal mio canto penso che 3 ore siano tantissime da dedicare ad uno studio “strutturato”ma ogni giorno dedico 1 ora a studiare, ad aggiornarmi, leggere, seguire corsi. 1 ora la mattina prima di iniziare a lavorare.
    Me l’ha suggerito uno dei miei maestri, Bob Proctor, che si dedica a questa prassi da più di 50 anni.
    E devo dire che è fantastico, non solo per migliorarsi professionalmente, ma anche sotto tanti altri punti di vista!

    • Beh 3 ore sarebbero fino a raggiungere le 10.000, volendo farlo il più velocemente possibile.
      L’idea è che mi rapidamente si scala la china, più rapidamente cresce il tasso di maestria in un settore, che poi è quello che tutti (i lavoratori seri e appassionati) desiderano 😀

      Già un’ora al giorno non è affatto male!

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