In questo post parliamo di quanto è importante dare una struttura visiva ai testi che scriviamo: per farli leggere e accogliere, prima, ed elaborarli o usarli, dopo. Anche a quelli che non devono essere pubblicati, ma che rimangono materiali interni, di lavoro.
Sull’importanza di scrivere una email in maniera visiva avevo già scritto ampiamente, qui completo il discorso.
Breve storia di una consulenza
Un mesetto fa ho chiesto una consulenza – pagata, e anche un bel po’ – a un “organismo” molto accreditato nel suo campo: riguardava un giudizio su alcuni miei scritti.
Ammetto che trovando il report nella mia casella di posta, la scorsa settimana, addirittura in anticipo sui tempi previsti, le mie aspettative si sono alzate.
Quando ho aperto il file ho avuto il primo fastidio, poi ho letto e i fastidi sono aumentati. E le mie aspettative sono tornate normali.
Questa insofferenza mi ha agitata per un po’, senza passare allo stato cosciente: se il giudizio altrui riguarda te (quello che scrivi, il servizio che dai, il prodotto che realizzi) è chiaro che stai sulle spine, quando arriva.
Quindi ho estrapolato i giudizi sui miei contenuti e li ho messi da parte, ma non è servito a trovare la chiave. Infine ho analizzato i fastidi con altri occhiali e sono giunta, per l’ennesima volta, alla stessa conclusione: l’aspetto grafico dei testi che scriviamo è una parte fondamentale e non è scindibile dai contenuti stessi.
Il vestito dei libri, la forma dei testi
Ieri sera ho letto un libello che mi ha illuminata: Il vestito dei libri, di Jhumpa Lahiri. In pochissime pagine questa scrittrice bengalese (che ha tra l’altro vinto un premio Pulitzer nel 1999) racconta il suo rapporto con le copertine dei libri in generale e dei suoi in particolare.
Parte dall’amore per le divise scolastiche che vedeva indosso ai suoi cugini quando dall’America, dove viveva, tornava nel Paese d’origine dei suoi genitori. Lei non sopportava i vestiti colorati e fuori moda che la obbligava a indossare la madre, segno di un’identità imposta e che la rendeva sempre una straniera, una diversa, agli occhi dei compagni. Avrebbe preferito una divisa per diventare esattamente come gli altri, in modo da avere un’identità forte (appartenere in maniera manifesta a una scuola) e allo stesso tempo una sorta di anonimato (far parte di un gruppo grazie a un’indicazione visiva livellante, ma segno di un’accettazione come pari tra i pari).
Attraverso questa lotta aspra tra me e mia madre, di lunga durata e senza un esito chiaro, ho provato sulla mia pelle quanto i nostri vestiti, così come la lingua, come il cibo, esprimano la nostra identità, cultura, appartenenza.
Dalle divise, Jhumpa Lahiri passa alle copertine dei suoi libri e si domanda perché per lei siano così importanti: perché alcune le ama e altre quasi le rifiuta? Sarebbe meglio un libro nudo (cioè un cartonato anonimo senza immagini) o un (quasi impossibile) lavoro di affiancamento del grafico che realizza le copertine da parte dell’autore del libro?
Leggendo che cos’è una copertina per l’autrice ho capito quanto le sue considerazioni siano estendibili all’impostazione grafica, esterna, superficiale, di qualsiasi testo:
Più ci rifletto più mi convinco che una copertina sia una sorta di traduzione, ossia un’interpretazione delle mie parole in un’altra lingua, quella visiva.
Eccola qui, la considerazione attorno alla quale tutto ruota. Ecco perché non ci può essere contenuto disgiunto dalla forma, perché per chi legge sono una cosa unica.
Allora, che cosa mi ha dato fastidio del report ricevuto? Lavorando io con le parole da tanto tempo, affronto di petto la questione, tecnicamente. Faccio insomma un servizio di Check Up dei miei, gratis.
Check up di un testo: forma, struttura e contenuti
Impatto visivo del testo
La copertina giusta è come come un bel cappotto, elegante e caldo, che avvolge le mie parole mentre camminano per il mondo, mentre vanno a un appuntamento con i miei lettori.
La copertina sbagliata è un costume ingombrante, soffocante. Oppure una maglia troppo leggera, inadeguata.
Il report riguardante i miei scritti è arrivato come allegato a una email: stampato, tre paginette Word in Times New Roman 12, interlinea 1,5.
Analisi: chi ha redatto il report è un monumento nel suo campo e non si prende nemmeno la briga di inserire il testo in una carta intestata? Ha un logo, ma non mette nemmeno quello in alto, per contestualizzare quel lavoro, per dire: ecco chi siamo, ecco che cosa ne pensiamo del tuo testo, quindi anche di te.
Conclusione: quello che emerge è la scarsa considerazione o comunque un tenere ben in poco conto la persona che ha commissionato e pagato il servizio (non lo ha chiesto in amicizia).
Consiglio: tutto quello che di scritto esce all’esterno deve conservare l’identità visiva del mittente del messaggio (perché ogni scritto è un atto comunicativo e contiene, quindi, un messaggio) in modo da favorire nel destinatario una sensazione di congruenza e di unicità.
Indicazione positiva per i nostri testi di lavoro:
- logo subito in alto
- colori coerenti
- uso dello spazio bianco.
Come la prima pagina della guida di stile di C+B
Struttura del testo
Appena indossa la copertina il libro acquisisce una nuova personalità. Esprime dunque qualcosa già prima di essere letto, così come un vestito comunica qualcosa di noi prima ancora che parliamo.
Il testo che ho ricevuto è un susseguirsi di frasi e paragrafi senza nessun tipo di paratesto (sottotitoli, neretti, punti elenco) che riconduca chi legge a una mappa visiva.
Analisi: l’output del servizio che ho comprato avrebbe dovuto essere una scheda dettagliata (come da contratto). Ebbene, una scheda ha una struttura evidente, sezioni con un’etichetta sopra a incorniciare in senso predittivo il contenuto che segue, una serie di elementi raggruppati per senso, per logica, per quantità. Qui, niente.
Conclusione: sembra che il testo sia stato buttato giù di fretta, senza seguire una traccia.
Consiglio: dotare i testi di una segnaletica interna è una strategia vincente per aiutare chi legge a orientarsi, a capire dove si trova, a predire quanto gli ci vorrà per finire di leggere, a trovare direttamente la parte che gli interessa (ad esempio le conclusioni). E anche per far capire quanta attenzione ci sia dietro un qualsiasi lavoro che facciamo.
Indicazione positiva per i nostri testi di lavoro:
- etichette chiare
- testo spacchettato
- punti elenco.
Come le indicazioni per la scrittura dei post per il Digital Update
La copertina vuol dire che il testo dentro è pulito, definitivo.
La copertina “fa dello scritto un oggetto, qualcosa di concreto, da stampare, da diffondere, e alla fine da vendere
Il testo appare come un continuum piatto e indistinto e solo procedendo con la lettura si scopre che cosa contiene o non contiene.
Analisi: il servizio che ho comprato prevedeva la lettura, l’analisi e il giudizio approfondito (come da contratto): sarebbe stato utilissimo ritrovare a colpo d’occhio queste parole, quasi un movimento volontario del testo che va incontro al lettore. L’evidenza visiva dei contenuti fornisce un ulteriore livello di lettura, anzi, aiuta in quel brevissimo momento iniziale in cui, prima dell’inizio della lettura vera e propria, si prende atto del testo in maniera quasi intuitiva.
Conclusione: emerge la sensazione che la lettura sia stata frettolosa e superficiale anche in quelle parti in cui è più evidente uno sguardo attento ai contenuti analizzati.
Consiglio: dotare il testo di una texture visibile, in sintonia con la logica dell’argomentazione, aiuta chi legge a non perdersi per strada e chi scrive a essere sicuro di aver detto tutto quanto aveva promesso.
Indicazione positiva per i nostri testi di lavoro:
- inserire un abstract iniziale che incornici quanto scritto dopo
- condurre per mano chi legge seguendo un ordine – anche visivo – delle informazioni
- mandare incontro al lettore le parole chiave del testo.
Come l’introduzione al lavoro di ricerca che ha fatto per me una mia recentissima collaboratrice, che ha inserito le “risultanze” della sua attività in una presentazione davvero gradevole e ha anteposto a tutto un’indicazione per aiutarmi a leggere il resto. Non gliel’avevo chiesto, non me l’aspettavo, ma lei è una professionista e sa quanto contino certe cose. Grazie Chiara.
L’impatto visivo dei testi impatta sulla relazione
Una copertina mette subito in gioco un’aspettativa.
I casi come questo, in cui rimaniamo delusi, sono in realtà utilissimi perché ci insegnano a vigilare sui nostri lavori.
Dobbiamo aprire il terzo occhio, quello del tempo da investire per rileggere, oppure chiedere a qualcuno che dia un’occhiata altra ai nostri testi, in modo da non cadere in certi tranelli dovuti all’abitudine o alla fretta.
In ogni caso, l’aspetto visivo dei testi che scriviamo non va mai considerato meno importante del contenuto che proponiamo. Parafrasando Paul Watzlawick e i suoi pilastri della comunicazione, ricordiamoci che i testi che scriviamo hanno una parte di contenuto e una parte, importantissima, di relazione, cioè definiscono come sono i rapporti tra le persone, che cosa pensa chi scrive di chi legge (ne avevo scritto in un post sulle parole che chiudono la comunicazione).
Facendo poca attenzione alla copertina, al vestito delle parole, io dico tra le righe che considero poco importante chi legge. Ma chi legge se ne accorge.