Se hai una forte passione creativa e un noioso lavoro dipendente, con ogni probabilità le tue pause pranzo e caffè sono disseminate di progetti di autonomia. Immagini il tuo laboratorio, pensi a quando venderai il tuo primo vestito, scrivi mentalmente il testo del comunicato stampa della tua inaugurazione… Insomma, pensi a mollare tutto e metterti in proprio.
Il problema è che per creare un’attività remunerativa da zero ci vuole tempo, ma soprattutto denaro: assicurati di averlo prima di dare le dimissioni.
Non ti sto dicendo che devi abbandonare quei sogni nel cassetto, ti sto consigliando di rispondere a queste cinque domande, prima di inoltrare le tue dimissioni.
Quanto ti serve per vivere?
Il tuo noiosissimo lavoro dipendente ti fornisce ogni mese uno stipendio con il quale compri da mangiare, paghi l’affitto o le spese di condominio e rendita immobiliare, paghi le bollette per luce, acqua e gas… Facciamo pure conto che tu sia disposta a fare qualche sacrificio e accontentarti di meno, quanto è il minimo che puoi guadagnare per sopravvivere? Ecco, prendi questa cifra e aggiungici un accantonamento per una pensione integrativa e uno per i contributi INPS. Il totale che otterrai, al lordo delle tasse, è la RAL che ti serve per creare i tuoi prezzi e cominciare a costruire un business plan (eh sì, ti serve un business plan, se stai pensando di metterti in proprio, anche se vuoi aprire un chiosco di piadine o fare gli orli ai pantaloni).
Quanto hai messo da parte finora o puoi mettere da parte prima di dare le dimissioni?
Hai calcolato qui sopra la cifra che ti serve per vivere? Affinché tu possa intascarla devi prima di tutto cominciare a fatturare, poi fatturare almeno il doppio per assicurarti che ti rimanga abbastanza dopo aver pagato materiali e tasse. È evidente che prima che queste due situazioni si verifichino passeranno mesi. In quei mesi dovrai continuare a mangiare, pagare l’affitto… insomma, hai capito. Prima ancora di aprire un’attività devi avere messo da parte l’ammontare del tuo stipendio almeno per 6 mesi. Idealmente per un anno, visto il periodo di recessione conclamata in cui siamo.
Quanto rende il tipo di attività a cui vuoi dedicarti?
Può essere difficile ricavare questa informazione, anche perché l’unico modo per avere dati realistici è chiedere ai tuoi potenziali futuri competitor e sperare che ti diano risposte sincere. Ma non darti per vinta. Chiedi, anche in forma generica, verifica se chi fa la stessa attività ha anche un’altra fonte di reddito. O si mantiene solo con il fatturato che genera? Prova a indagare tramite la Camera di Commercio locale (spesso realizzano indagini periodiche sulla redditività media), verifica se il tuo commercialista ha seguito o segue qualcuno che ha la stessa attività, insomma attingi ad ogni possibile fonte. Devi assolutamente sapere in anticipo se potrai mai mantenerti con l’attività dei tuoi sogni.
L’attività che vuoi aprire ti permetterà di mantenere un’attività collaterale più sicura almeno per qualche mese dopo le dimissioni ufficiali?
Anche se hai messo da parte un anno di stipendio, le incognite del lavoro autonomo sono mille. Basta un mese particolarmente difficile, magari per malattia o per problemi famigliari, e ti ritrovi a dover arrancare dietro alle tue previsioni. Se hai la possibilità di ridurre il tuo attuale orario di lavoro dipendente senza abbandonarlo del tutto, o procurarti un impiego part-time (in tempi di flessibilità forzate è più semplice, per certi versi), coglila. Ti fornirà una base di maggior sicurezza sulla quale costruire con calma il tuo business. Sì, finirai per lavorare di notte e nei fine settimana, ma spero che la cosa non ti spaventi, perché per i freelance è molto frequente doverlo fare.
Come si concilia l’attività che hai in mente con la tua routine famigliare?
A meno che tu non sia giovanissima e/o single, valuta con attenzione l’impatto che la tua scelta professionale avrà su chi ti circonda, soprattutto per i primi mesi. Se hai avuto da poco un figlio sappi che dovrai comunque prevedere un aiuto o la retta di un asilo, perché se il bambino è a casa con te difficilmente riuscirai a lavorare, proprio come non ci saresti riuscita nel tuo ufficio. Valuta poi bene la stagionalità dell’attività che ti piace, se avviene per lo più d’estate e nei fine settimana lavorare in proprio si tradurrà per te in passare meno tempo con la tua famiglia.
Ed ora una domanda bonus, che non riguarda i soldi, ma che dovresti farti a prescindere:
Perché vuoi metterti in proprio?
A volte il disagio che proviamo non dipende dalla monotonia del lavoro, dal vincolo di orari e spazi sempre uguali, dalla poca creatività che ci viene richiesta. Allo stesso tempo, a volte quella che ora ti sembra una passione bruciante non regge all’urto della parte amministrativa che è comunque insita in qualsiasi attività autonoma. Prima di lanciarti in un’attività imprenditoriale investi un po’ di tempo (e qualche soldo) in un momento di autoanalisi, magari con una personal coach. Ti aiuterà a identificare meglio la natura del tuo disagio attuale, a verificare qual è la soluzione più adatta a eliminarlo e a testare la forza della tua ambizione imprenditoriale.
Barbara davvero grazie, ma quanto chiara sei? Mi piaci molto: diretta al punto! Questo tuo post è davvero quello che mi serve ora. Grazie perché la tua domanda bonus conferma quello che ho capito di me fino ad ora: investire in un po’ in auto-analisi è il punto di partenza.
E comunque I Love C+B!
Fulvia
Grazie mille dei complimenti Fulvia! Confesso che scrivere per me è spesso uno strumento per capire e imparare le cose 🙂 E sì, anche secondo me la domanda bonus è sempre il punto di partenza. Le 5 precedenti sono uno strumento per fare il piano di fattibilità, ma senza chiarezza su ciò che vuoi, il come è del tutto superfluo. In bocca al lupo per l’auto-analisi!
Grazie Barbara per questo articolo, sembra scritto su misura per me 🙂
Hai ragione sull’investimento del tempo e denaro prima di fare il grande passo, io sono partita proprio da questo e ci sto lavorando con l’aiuto di persone qualificate.
C+B = la mia lettura preferita!
Mary
Bravissima che hai chiesto aiuto a esperti! Non ha senso cercare di fare tutto sempre da soli, il punto di vista esterno (oltre che portare competenze che magari non abbiamo) ci aiuta anche a mettere tutto in prospettiva. Mi raccomando, poi tienici aggiornate 🙂
Vorrei un pulsante LIKE anche qui sul sito di C+B!!!
Invece di fare i compiti del corso BP di FM sono qui a leggere un post che mi dice che devo fare un BP… ahahaha 😀
Splendida, come sempre!
Ehehe, Cecilia, vai a fare i compiti allora, no?! 😉
Per me è stata un po’ dura arrendermi al fatto che se si vuole fare qualcosa di concreto, anziché continuare a sognare, bisogna partire dalle cose concrete: e cioè dall’organizzarsi per far si che il lancio non sia nel vuoto.
Però da quando ho iniziato a vederla in questo modo sto facendo molti passi avanti, perché ho smesso di pretendere che i sogni si realizzino con una bacchetta magica e ho iniziato a darmi da fare 🙂
Grazie a tutte le ragazze di c+b, senza di voi sarei ancora persa nel mondo dei sogni!
Grazie a te Giulia! Se ti capita, recupera il discorso che la sceneggiatrice Shonda Rhimes ha tenuto all’apertura dell’anno accademico nella sua Alma Mater (Dartmouth), lo trovi come “commencement speech”. Una delle frasi che ha pronunciato è stata “Piantatela di sognare. I sogni sono fantastici. Ma sono, appunto, solo sogni. Sfuggenti, effimeri, bellissimi. Ma i sogni non si avverano solo perché li desiderate. È il duro lavoro che fa succedere le cose e che crea cambiamento”. Insomma, va bene la visione, ma a un certo punto bisogna rimboccarsi le maniche e pensare alla fattibilità 😉