Questo post è nella mia testa da anni ma ho finalmente deciso di dargli forma quando ho visto l’ennesima freelance che svendeva il suo lavoro per pochi, pochissimi soldi. Ah, non è mia intenzione, né mio compito dirti quanto farti pagare per il prodotto che crei o il servizio che proponi.
Mi piacerebbe guidarti in una riflessione sul valore che tu – e non i clienti o chissà chi altri – attribuisci al tuo lavoro, probabilmente senza neanche accorgertene, perché sono convinta che possa fornirti parecchie informazioni sul valore che dai a te stessa e alle tue competenze.
Voglio farlo analizzando due situazioni parecchio diffuse: la difficoltà di chiedere di essere pagati e in generale, ricevere soldi, e regalare o svendere il proprio lavoro. Due realtà che ho ascoltato nei racconti di altri freelance e liberi professionisti come te e me e che io stessa conosco benissimo, perché le ho vissute in prima persona.
Chiedere di essere pagata? Troppo difficile, rinuncio!
Prendi il cliente che paga oltre i termini concordati, e anche quello che non ha nessuna intenzione di pagare. Prendi chi ti chiede lo sconto e chi invece va dritto verso un bell’omaggio. Se poi il cliente in questione è anche un amico o un familiare, la situazione si complica ulteriormente.
Sono solo alcuni esempi di situazioni in cui chiedere il compenso che ti spetta per il lavoro che hai fatto può essere talmente faticoso che preferisci dire tanti sì che non vorresti dire e sguazzare nella frustrazione e nello sconforto, piuttosto che affermare il tuo sacrosanto diritto di essere pagata, e con esso anche il valore del tuo lavoro. È come se sentissi tuo quel diritto solo in teoria, ma all’atto pratico te ne spogliassi, come chi non crede di meritare la giusta ricompensa per il compito svolto.
Come ti confidavo poco fa, ci sono passata anche io e quindi so, e so immaginare, i modi con cui ti incoraggi a lasciar perdere, piuttosto che a definire e ridefinire quando occorre, quello che ti aspettavi di ricevere. Dire no non è bello, che penserà di me? È un periodaccio, non voglio stressarmi ulteriormente! E se poi si arrabbia, che faccio? Dai su, solo questa volta…
Almeno una di queste frasi potresti averla pronunciata tu? Se la risposta è sì, allora ti invito a vedere questi pensieri che fai per ciò che sono davvero: modi per avallare l’idea che il tuo lavoro non vale poi così tanto.
Intanto lo faccio gratis, poi si vedrà
Premessa: offrire contenuti, servizi, prodotti gratuiti non equivale necessariamente a credere che il proprio lavoro valga zero. Come tutte coloro che scrivono in questo blog, ad esempio, anche io lo faccio gratuitamente. E non si tratta mai di contenuti di seconda mano o di ripiego, perché vengono curati con lo stesso amore con cui si lavora a un servizio o prodotto che poi viene venduto.
Il punto è: cosa motiva la scelta della gratuità? In sostanza, perché lo fai? Per il piacere di condividere, perché l’altruismo per te è un valore prezioso, per ricambiare l’aiuto che tu stessa hai ricevuto quando ne avevi bisogno, perché vedere gli altri sorridere di fronte a un regalo, a te regala un brivido di felicità? Benissimo! In fondo, fermati un attimo a riflettere: ognuna di queste motivazioni ti offre qualcosa in cambio, anche se non è quantificabile in denaro; la soddisfazione di un bisogno, una emozione piacevole, la promozione dei valori in cui credi.
Ma se scegli di farlo gratis perché ti dici che potresti farlo male (e se è gratis, nessuno potrà lamentarsi con te), perché c’è chi lo fa meglio di te (loro sì, che devono farsi pagare), perché in cuor tuo credi a chi ti dice che il tuo non è un vero lavoro (no lavoro=no soldi!), allora lavori svalutando tu per prima l’efficacia, l’utilità e l’importanza di quel che vuoi offrire al tuo cliente.
Mettiamola così: i soldi sono riconoscimenti di merito e valore. Significa che non misurano solo la tua bravura nel tuo lavoro, le tue competenze e tutto quello che hai studiato, ma anche il fatto che sia proprio tu a farlo, con i tuoi modi, le tue idee, la tua personalità, le tue intuizioni, la tua testa e il tuo cuore. Insomma, misurano anche il fatto che sia proprio tu a fare quel lavoro.
Tu che fatichi a darti riconoscimenti, oppure te ne concedi giusto qualcuno purché in privato. Che nonostante tutto quello che già sai e hai fatto, non ti ritieni ancora abbastanza brava, preparata, esperta. Che tendi a sminuire i complimenti che ricevi, mentre cerchi di soffocare l’imbarazzo e il senso di vergogna. Che ci metti un istante a elencare cosa non ti piace di te e una vita, invece, per individuare una cosa, una soltanto, di cui vai fiera.
Allora, discorso sui tuoi compensi a parte, il mio invito per te è: prenditi cura del tuo valore. Concediti la possibilità di vederlo. Accogli le conferme che ricevi dagli altri e usale per nutrirlo. Festeggiati. Sii gentile con te quando fai le tue valutazioni. Divertiti a giocare con i tuoi limiti. E ricordati di tutto questo la prossima volta che vorrai mettere il tuo valore al servizio di chi è interessato al tuo lavoro.