Il marchio patronimico è un argomento di cui parlo e scrivo spesso e volentieri. Tante imprenditrici, creative e libere professioniste usano il proprio nome e cognome come brand, ma ho scoperto che davvero in poche sono consapevoli di quanto sia importante depositarlo come marchio.
Poter usare come marchio il proprio nome e cognome sembra scontato ma, secondo la legge e secondo la Giurisprudenza, non lo è.
Ma facciamo un passo indietro:
- Nome e cognome di persona possono essere registrati come marchi e questo è il primo dato di fatto (ce lo dice il Codice di Proprietà Industriale).
- I marchi patronimici sono molto efficaci nella comunicazione della propria immagine professionale e sono dotati di una grande forza distintiva. In più, vengono memorizzati e ricordati con grande facilità (questo ce lo suggerisce la nostra esperienza di utenti e consumatrici e ce lo confermano gli esperti).
- Il terzo dato di fatto è che i marchi patronimici sono sempre più diffusi: per rendersene conto basta fare un giro nel web o anche semplicemente pensare ai propri partner, fornitori e clienti.
Quello che in poche sanno è che, salvo casi eccezionali, la legge non richiede che i marchi patronimici siano registrati solo ed esclusivamente dal titolare del nome.
Questo significa che chiunque può registrare come marchio il nome che preferisce, anche se non è il proprio purché l’uso del marchio non sia tale da ledere la fama, il credito o il decoro di chi ha diritto di portare il nome (art. 8 CPI). I casi eccezionali di cui parla la legge riguardano i nomi notori. In questi casi l’Ufficio che riceve la domanda può richiedere un documento che testimoni il consenso alla registrazione dell’avente diritto ovvero dell’effettivo titolare del nome e cognome. Se ciò non accade e il marchio viene registrato possono crearsi conflitti tra il titolare del nome e cognome e il titolare del marchio.
Il Codice di Proprietà Industriale, in proposito, precisa che il titolare del marchio registrato, a talune condizioni, deve consentire al titolare del nome e cognome di utilizzare il proprio patronimico, se ciò risulta necessario a fornire una descrizione del prodotto o servizio offerto al pubblico. La legge, quindi, stabilisce una forma di prevalenza del titolare del marchio registrato sul titolare del nome e cognome ponendo in capo a quest’ultimo delle pesanti limitazioni all’uso del proprio nome e cognome nell’attività professionale.
Basti pensare che, in più occasioni, la Cassazione ha stabilito che “Un segno distintivo costituito da un certo nome anagrafico e validamente registrato come marchio, non può essere di regola adottato, in settori merceologici identici o affini, né come marchio né come denominazione sociale, salvo il principio di correttezza professionale, neppure dalla persona che legittimamente porti quel nome, atteso che il diritto al nome trova, se non una vera e propria elisione, una sicura compressione nell’ambito dell’attività economica e commerciale, ove esso sia divenuto oggetto di registrazione da parte di altri […](Cass. 6021/2014).
Questo non è l’unico rischio che si corre a non registrare il proprio nome e cognome come marchio. Infatti, soprattutto a livello europeo, accade spesso che i marchi patronimici subiscano delle opposizioni da parte di titolari di diritti anteriori costituiti, ad esempio, dal solo nome proprio di persona. Questo è quanto accaduto al marchio figurativo “Chiara Ferragni” (costituito dall’occhio azzurro e dalla scritta “Chiara Ferragni”), che è stato opposto dal titolare di un marchio precedente costituito unicamente dalla parola “Chiara”.
In questo caso è stata Chiara Ferragni ad avere la peggio perché il marchio figurativo è stato rigettato dalla Divisione Opposizioni, la cui decisione è stata confermata in appello il 17 luglio scorso. Quando parlo di marchi patronimici mi accorgo che lo stupore di chi ascolta è sempre molto, perché è strano pensare che l’utilizzo del proprio nome e cognome possa subire questo genere di limitazioni.
Adesso che sai come stanno le cose, superato lo stupore iniziale, se hai deciso di adottare il tuo nome e cognome come marchio, ti consiglio di correre a registrarlo.
Ciao Benedetta! Ma quanto costa registrare un marchio? Anche più o meno, giusto per capire se è una cifra che posso permettermi oppure no! 🙂
E poi…una volta registrato c’è una quota annuale da pagare per mantenere la registrazione oppure la si paga una volta e stop?
Grazie!
Ciao Sabrina!
Grazie per il tuo messaggio!
Il costo del deposito del marchio può variare principalmente in relazione a due fattori: 1) l’estensione territoriale (es. Italia o UE); 2) i prodotti e i servizi per cui vuoi depositare il tuo marchio (es. se produci abbigliamento e gioielli dovrai depositare il marchio in due classi merceologiche, mentre se produci abbigliamento e scarpe potrà essere sufficiente una sola classe merceologiche perchè le scarpe e l’abbigliamento sono state incluse nella medesima classe della classificazione di Nizza).
Senza tediarti su aspetti troppo tecnici e per rispondere alla tua domanda, considera che il costo per il marchio italiano, in una classe merceologica, parte da circa 200 Euro di tasse (qualcosa di meno per essere sinceri), mentre il marchio europeo parte da 850,00 Euro. A questi importi dovrai aggiungere le competenze dello studio o del professionista a cui potrai decidere di affidare la pratica per il deposito. Non è obbligatorio rivolgersi ad un professionista, ma io naturalmente, che lo faccio di mestiere, te lo consiglio ;-).
Una volta ottenuta la registrazione non dovrai pagare più niente per 10 anni, ovvero per tutta la durata della registrazione.
Spero di esserti stata utile!
Buon lavoro!!
HO FATTO UNA SOCIETA A SRL E HO MESSO IL MIO NOME COME BRAND, ADESSO IO MI SONO ESTROMESSO E L AZIENDA E STATA VENDUTA E CONTINUA COME BRAND IL MIO NOME E COGNOME, IO ALLORA NON POSSO PIU FARE UN AZIENDA USANDO NOME E COGNOME NEL STESSO SETTORE. GRAZIE