5 consigli pratici per parlare in pubblico

Non tutti i consigli vanno bene per tutti.
Non tutti i trucchi funzionano. Le situazioni, lo sai, sono sempre diverse.
Non spaventarti!
Ralph W. Emerson, filosofo, scrittore e poeta disse “All the great speakers were bad speakers at first“. E poi, ci sono almeno 5 cose pratiche su cui puoi lavorare nel public speaking che ti aiutano a rendere più efficace il tuo discorso.

Chi ben comincia

Il momento più delicato di ogni presentazione è l’esordio, bisogna iniziare con il piede giusto per attivare l’attenzione del pubblico e la sua predisposizione ad ascoltarci.
Una battuta, che denoti e diffonda buon umore, aumenta il coinvolgimento: ti poni subito in atteggiamento aperto, sei pronto a condividere, crei un clima sereno e divertito, cosa che abbassa le barriere, le difese e soprattutto i pregiudizi.
Ma la battuta non è per tutti: se ne accorsero subito anche gli antichi retori che avevano cercato di attirare l’attenzione dell’uditorio per indurlo a seguire i loro ragionamenti. Aristotele consigliava di entrare subito in argomento senza preamboli, Quintiliano proponeva di confessare la propria inadeguatezza per generare empatia (ci sentiamo vicini a chi si trova in difficoltà). Anche quel genio di Steve Jobs ha usato questa tecnica nel suo famoso discorso del 2005 all’Università di Stanford: “Sono onorato di essere qui con voi oggi, per la vostra laurea in una delle migliori università del mondo. Io non mi sono mai laureato. A essere sincero, questa è la cosa più vicina a una laurea, per me.”

Sì, ok, Aristotele ha ragione, Steve Jobs sembra nato per parlare alle folle, ma io, io come parto? Ci sono diverse tecniche di apertura per una presentazione in pubblico, alcune sono veri e propri schemi di organizzazione del discorso. Puoi prendere spunto da queste per trovare il tuo modo di iniziare e capire come ti senti più a tuo agio.

Con una domanda: chiedi subito al pubblico di riflettere su un argomento, coinvolgilo con un quesito o una serie di domande a cui può risponderti per alzata di mano, per esempio. È un buon modo per incuriosire e trascinare la platea velocemente dentro qualcosa che non è più soltanto tuo, ma diventa condiviso.

Con un dato shock, una dichiarazione audace, un’affermazione che vada contro l’opinione comune: non si tratta di sensazionalismo perché poi avrai tutto il resto del tuo intervento per motivare e argomentare quella frase incredibile, ma susciterai un’indubbia reazione emotiva in chi ti ascolta. “E se ti dicessi che consumi 3496 litri di acqua al giorno?” (Angela Morelli, information designer). Questa tecnica si chiama Shocking Statement.

Con una storia, un aneddoto legato all’argomento che stai trattando: abbiamo già detto in un altro post ispirato ai TED Talks di quanto le storie riescano a creare una forte connessione tra il pubblico e il relatore. Le persone si riconoscono nelle storie, visualizzano ciò che stai raccontando e lo ricordano meglio.

Con un problema e una soluzione: esponi un problema, ne illustri gli aspetti e descrivi le conseguenze che possono derivare da una mancata soluzione del problema. In seguito a questo, quando tutti avranno fatto propria la questione e si sentiranno toccati personalmente offri la soluzione e illustri i vantaggi. Fila, no?

Con i vantaggi: è un incipit adatto a chi si trova a dover presentare prodotti o servizi. Consiste nell’enfatizzare non tanto le caratteristiche salienti del prodotto o del servizio oggetto della presentazione quanto i benefici che potrà trarne chi ne farà uso.

Con un passo dopo l’altro: si illustrano eventi in successione collegati da un fattore cronologico, da quello più lontano nel tempo fino al più recente. Questa tecnica va bene per esempio per spiegare un progetto nelle sue diverse tappe. E poi puoi sparare un sacco di proiettili digitali: sì, i bullet, per colpire meglio, mia cara.

Con l’indice: non il dito, ma l’elenco degli argomenti. È l’esordio più rapido, consiste nell’anticipare gli argomenti che si tratteranno durante la presentazione e serve a mappare il nostro intervento per dare un’idea alla platea del percorso che farete insieme.

Sistema le idee o saranno loro a sistemarti

Ti hanno chiamato a parlare della tua idea, o del tuo lavoro: conosci l’argomento in generale e adesso che devi prepararti c’è da ragionare su come sistemare il tutto. NO PANIC.

Parti facendo uno schema delle tue idee:

  • un’idea centrale: l’argomento, l’urgenza che hai di dire qualcosa a qualcuno
  • un’idea con cui iniziare: l’incipit, da dove parti
  • un’idea con cui finire: il finale, dove vuoi arrivare

Dell’idea centrale definisci:

  • i punti chiave: un elenco degli argomenti che tratterai
  • i punti di appoggio: i momenti dedicati all’assimilazione dei concetti chiave in cui riprendi i concetti che hai già illustrato

Materiali immateriali che hai a disposizione:

  • la tua storia personale
  • le storie di altri
  • le citazioni
  • aneddoti
  • metafore
  • similitudini

Materiali materiali che possono aiutarti:

  • slide
  • immagini
  • audio
  • video
  • gif
  • dati
  • statistiche

Usa i materiali per spiegare le tue idee, le combinazioni possono essere infinite ma posso dirti che la struttura di un intervento ben fatto ha più o meno questo andamento:

  1. Apertura –> che ti porti attenzione
  2. Benefici –> che ti diano credibilità
  3. Argomento A, spiegazione
    Argomento B, spiegazione
    Argomento C, spiegazione
  4. Messaggio chiave –> svela il cuore del tuo discorso
  5. Call to action –> chiedi di riflettere, di fare
  6. Sintesi –> un riassunto dei punti salienti che ti faccia ricordare
  7. Chiusura –> che li faccia dire “ma come già finito? No, ancora!”

Gli argomenti li hai definiti sopra, possono essere quanti vuoi, 1, 3, 10, meglio se pochi. Per ogni argomento illustra al massimo tre concetti, perché? Per “La regola dei Tre” (giuro, la rima non è voluta): una tecnica che suggerisce di trattare gli argomenti in serie da tre perché in questo modo il messaggio arriva in modo più efficace, più interessante e si memorizza facilmente. La tecnica è adottata in molti spot, in comunicazione, nella vendita, e Jobs, sì, la usava tantissimo.

Nancy Duarte ha studiato la struttura segreta degli speech che funzionano e ha scoperto che se teniamo la tensione tra “una situazione attuale” e “una situazione prospettata” che potrebbe essere il fulcro del tuo discorso, il tuo prodotto, la tua idea, e enfatizzi il gap che c’è tra questi due punti, quando arriverai alla call to action finale il pubblico non potrà che stare dalla tua parte. La struttura prende questa forma:

Se ti interessa ti consiglio di guardare l’intervento di Nancy Duarte al TED in cui ne parla e ti spiega nel dettaglio.

Non c’è trucco, non c’è inganno: la naturalezza

Per Cicerone era actio, per noi è performance. È il pacchetto delle competenze che consente allo speaker di “agire” il suo discorso: i gesti, la postura del corpo, le transizioni da una slide all’altra, da un concetto all’altro, lo sguardo, i toni della voce. Spesso utilizziamo tecniche dell’oratoria senza saperlo. E ci sono diverse discipline che studiano le performance del nostro discorso come la prosodia, per esempio, che si occupa di intonazione e ritmo del parlato, la prossemica che interpreta l’atto comunicativo attraverso le distanze tra le persone e la loro interazione nello spazio, la cinesica che analizza il linguaggio del corpo e come scambiamo informazioni tramite esso.

Sii spontanea! Quanto sembra assurdo chiedere di essere spontanei su comando o studiare per essere naturali? Ma proprio questa richiesta di un’azione impossibile ci fa prendere consapevolezza non solo del modo in cui condividiamo il nostro sapere ma anche delle parole che scegliamo, delle azioni che compiamo, dei movimenti del nostro corpo, delle espressioni del nostro viso. Siamo naturali quando c’è coerenza tra ciò che diciamo e ciò che facciamo.

Tieni conto del tempo perché lui non tiene conto di te

Considera il tempo un alleato, ma soprattutto consideralo, non è permaloso, semplicemente lui va anche senza di te. Nel public speaking sono tre le dimensioni del tempo che ci interessano.

La durata dello speech: chiedi sempre quanto tempo hai a disposizione e parti da quello per organizzare il discorso. Conoscere la durata e assegnare un tempo per ogni concetto è il primo passo. Poi bilancia quanto hai scritto nelle slide, idealmente il meno possibile, con le parole che dici: esercitati nell’arte di parafrasare con parole semplici e di riassumere. La sintesi è la cugina del tempo, si conoscono, si vogliono bene, insieme sono una bella coppia, possono aiutarti.

Il ritmo del parlato: come una musica, ogni frase ha un inizio, un climax e una fine. C’è molto da imparare nell’espressione, dalla poesia e dalla musica soprattutto dalla classica, soprattutto dalla musica classica orchestrale. Pause comprese, per prendere fiato, per dare il tempo alla platea di fissare meglio le idee.

Il tempo opportuno: è l’occasione propizia che bisogna cogliere mentre le cose procedono.
È il senso dell’opportunità – quando intervenire, quando replicare, quanto parlare, quanto scherzare – che è l’anima di ogni discorso ben fatto. Sfruttare il momento opportuno dipende in parte da te, in parte dalla predisposizione di chi ascolta.
Si tratta di essere presenti davvero, di intuito, di essere sensibili, ricettivi e attenti a quello che sta succedendo nel qui e ora, e di esperienza, più fai, più saprai fare.

Tutto è bene quel che finisce bene

Sei arrivata in fondo al tuo speech. Intanto, brava! Ma non affrettarti a concludere, anche questo è un momento delicato come l’inizio e va vissuto con tutte le tue energie. Per chiudere la tua presentazione al meglio è utile riepilogare quello di cui hai parlato: ripercorrere i punti salienti del tuo intervento e gli obiettivi che ti eri prefissata serve alla platea per portare a casa uno schema chiaro di quello che hai detto.

È questo anche il momento per rispondere alle domande che il pubblico vuole porti, dare la tua soluzione, lanciare la call to action del tuo intervento.

Ringrazia per il tempo che ti hanno dedicato, meglio se a voce. Nell’ultima slide lascia i tuoi riferimenti per poter essere contattata nel caso qualcuno (speriamo molti) vogliano continuare a seguirti, avere tue news o chiederti un preventivo per uno dei tuoi servizi.

Chiara Gandolfi

Presto la mia voce e le mie parole per le storie degli altri: sono copywriter e speaker pubblicitaria con la passione per le balene, il basilico, la letteratura americana, la musica indie e i film di Wes Anderson. Dimentico tutto, tranne i posti da cui mi sono fatta abitare.

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4 thoughts on “5 consigli pratici per parlare in pubblico”

    • Ciao Carlotta! Sono contenta ti sia servito. Ho cercato di dare un po’ di metodo, strumenti su cui si può iniziare a lavorare fin da subito per rendere più concreto l’approccio al public speaking. 🙂

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