C+B book club: create!

E dopo una serie di fortunati eventi, ovvero libri che ci sono piaciuti, ci hanno dato dei begli spunti e ci hanno ispirate, in questi mesi il Book Club ha subito una battuta d’arresto. Può succedere, come in tutte le cose. E, come in tutte le cose, ci sono svariati motivi. Uno, sicuramente – e qui faccio un bel mea culpa – è stata una mia minor partecipazione come moderatrice: mi sono trovata a lavorare “anema e core” su un progetto nuovo che riguarda la mia sfera professionale extra – cpiub, ho accusato un po’ la fatica di stare sempre sui social (a proposito, avete letto quest’articolo sulle pause di Francesca? Io l’ho trovato bellissimo, forse perché ha messo nero su bianco domande e sensazioni che mi stavo facendo da tempo), e, insomma, per farla breve non ci sono stata tanto quanto avrei dovuto, sul gruppo Facebook e altrove.

Il secondo motivo è che, secondo me, il libro che abbiamo scelto non si è rivelato adatto a questo Book Club: perché, al netto della mia scarsa partecipazione, anche le altre cpiubers, sempre così presenti a raccontare i loro progressi di lettura e a condividere spunti e riflessioni nati tra le pagine, non si sono viste in giro (sto parlando sempre del nostro gruppo di lettura su Facebook, ovviamente).

Il libro, lo ricordo, è Create! Progettare idee contagiose (e rendere il mondo migliore) di Mirko Pallera.

Ho visto commenti e nuovi like sotto post di recap vecchi, ma nessuna è spuntata a dirci, ehi ragazze, come sta andando la vostra lettura? A me sta servendo un sacco!

Ed è per questo che stavolta, anziché riassumere gli spunti migliori del libro per le future lettrici, vorrei raccontarvi un po’ cosa, secondo me, non ha funzionato in questo libro, il motivo per cui non mi ha colpita al cuore e nemmeno mi ha dato spunti particolari su cui riflettere. Ci tengo a sottolineare che è un parere personale, da lettrice e forse anche un po’ da libraia, e che, se qualcuna ha invece voglia di raccontarmi come e perché questo libro le è piaciuto moltissimo, c’è sempre spazio per il confronto e il dibattito, qui – nei commenti – e sul gruppo di Facebook.

Insomma, questo è quello che non mi è piaciuto:

  • Le promesse mirabolanti: io tendo, di natura, a diffidare di chi fa troppo il blagheur – come diciamo qui a Torino: a chi, cioè, irrompe con baldanza negli argomenti e ti assicura che c’è una formula magica e speciale – di cui ovviamente lui è a conoscenza – per ribaltare tutte le situazioni e fare il colpaccio. Fin dall’inizio del libro, l’autore ti prende sottobraccio e ti dice, c’è un segreto per fare marketing virale, e io te lo svelerò. C’è una formula precisa per creare qualcosa che abbia un “dna virale”. Ma poi, più che darti consigli pratici per lavorare duro – che, nella mia esperienza, sono gli unici ingredienti del successo potenzialmente ripetibili – continua a raccontarti casi di successo internazionale, rimandando di pagina in pagina il momento in cui ti svelerà il famoso segreto. Spoiler: non c’è nessuna rivelazione, solo tanta noia dopo le prime cinque pagine.
  • Il tono un po’ new age, un po’ televendita: da lettrice, mi piace trovare nei libri che leggo – molto più nei romanzi, ma anche nei manuali – un tono uniforme, che mi dia davvero l’impressione di stare parlando con una persona. Nei mesi scorsi, abbiamo sentito toni diversi, ma sempre coerenti fra loro: Julia Cameron è un po’ la zia fricchettona con le gonne lunghe e i pennelli nei capelli, Austen Kleon il cugino giovane con cui andare a cena al birrificio, Luisa Carrada l’amica dell’università di cui hai sempre ammirato la concentrazione e la lucidità che a te mancavano. In questo libro si passa dall’essere chiamati “guerrieri” – un richiamo abbastanza esplicito alla filosofia orientale – e dalle citazioni di testi sacri del Diciottesimo secolo, al bombardamento senza pietà di terminologia anglofona da ufficio milanese dei primi anni Duemila. Intendiamoci: io uso e mischio volentieri italiano e inglese, anche a sproposito, e faccio obbrobri che sono veri e propri Frankenstein lessicali. Però credo che, scrivendo, abusare di una certa terminologia sia non solo controproducente, ma soprattutto grottesco e datato. L’unica domanda che mi fai venire in mente leggendoti è: su chi vuoi fare colpo?
  • La mancanza di contenuti applicabili: forse qui il malinteso è stato mio, che da un manuale mi aspetto concretezza. La sensazione avuta leggendo invece è stata di un tot di pagine scritte per obbligo, per rimpinguare cartelle editoriali, quando in realtà per arrivare al nocciolo della questione ne sarebbero bastate la metà. Non ho trovato nulla di cui ho pensato: ecco, questa è una cosa che potrei fare anche io. Insomma, un approccio forse più legato alla saggistica – che nasce per darti informazioni sugli argomenti – che non alla manualistica, che invece è quello che mi aspettavo.

Insomma, per dirla alla Mara Maionchi: per me è un no. E voi, invece, che cosa ne pensate?

Intanto ne approfitto per ricordarvi che il Book Club va in vacanza per l’estate: il gruppo resta però aperto e attivo, se avete voglia di recuperare i libri dei mesi scorsi e le relative discussioni le trovate tutte lì!

E keep on reading…

Beatrina Incorporella

Girl in progress, ancora, da sempre. L'unica costante della mia vita sono lettura e scrittura: da dieci anni sono una libraia, da almeno trenta una lettrice. Scrivo per dimenticare (e per ricordare), un po' sul serio e un po' per ridere. Sono bionda per vocazione, torinese di nascita, ironica per autoconservazione.

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2 thoughts on “C+B book club: create!”

  1. Avevo già letto tempo fa il libro di Pallera. Quando ho visto che era stato scelto per il Book Club, ho storto abbondantemente il naso. Però l’ho presa come un’occasione per rimetterci mano e magari ripensarci. Macché: tempo poche pagine, l’abbandono! E non ho nemmeno più seguito il Club … A me non piace il tono di questo libro. Parla in uno stile che trovo irritante. E poi, siamo sicuri che 10 milioni di visualizzazioni significhino davvero 10 milioni di compratori? Grazie comunque e … ci rifacciamo con i prossimi mesi 😉

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