[…] scrivere è in prima battuta dare spazio e respiro, farlo quel passo, sporgersi e guardare da vicino l’infinito e l’abisso che portiamo in noi. Il coraggio di quella prima parola sul foglio, nel tumulto di idee e pensieri, che ci spinge a dire: ho qualcosa da raccontare […] (cit. Ella Marciello – Scrittura Ribelle)
Oggi voglio parlarti di ciò che la maggior parte delle persone trova più arduo all’interno di LinkedIn: trovare cosa scrivere. E sì, prometto che ti offrirò degli spunti molto pratici per iniziare – o continuare – a farlo.
Ma prima voglio che ci accordiamo su cosa significhi scrivere, a prescindere dal medium che si sceglie di usare, o forse proprio in virtù di quello, perché LinkedIn è il social delle parole, delle interazioni e delle conversazioni. Un post che funziona, ti ricordo, non è un post con millemila reazioni, ma quello che genera una conversazione nei commenti.
Ecco, quando ho letto il libro di Ella ho ritrovato nelle sue parole la scintilla di ciò che vivo ogni giorno da anni, perché non capita mica solo la prima volta di chiedersi “cosa scrivo su LinkedIn” eh…
Indice
A scrivere si impara
Anche su questo sintonizziamoci: a scrivere si impara, a scrivere sui social pure, a economizzare, velocizzare, mutuare, editare, fare scorta di idee, semplificare… Si migliora sperimentando, scrivendo, osando, pubblicando e vedendo l’effetto che fa.
“sporgersi e guardare da vicino l’infinito e l’abisso che portiamo in noi” – come dice Ella – deve accadere in ogni post, articolo, e interazione che non si voglia limitare a ricevere un “bel post, grazie e complimenti”.
Mi trovo in quella condizione lì ogni volta. E me la godo tutta.
Forse è proprio quella sensazione che mi nutre e un po’ mi droga, contenuto dopo contenuto. Perché è adrenalina, farfalle nello stomaco e anche un po’ sfida, quella del contatto con sé che si fa ponte verso chi legge. Un ponte di parole in grado di trasferire suggestioni, consigli, idee, emozioni, esperienze, domande, provocazioni che risuonano in chi c’è dall’altra parte.
L’autenticità funziona sempre, anche su LinkedIn
Se c’è qualcosa che funziona su LinkedIn è l’autenticità, quella che crea vicinanza, ti rende riconoscibile e soprattutto vera: fragile e forte, capace e fallibile, competente e alla mano. Una persona insomma. Ecco perché quello che scrive Ella, a mio avviso, su LinkedIn funziona benissimo.
Ok, lo so che funziona anche altro, non solo l’autenticità, c’è della fuffa che fa man bassa di reazioni e interazioni. E la conosciamo bene.
Però, secondo me, è solo scrivendo con autenticità e bruciante interesse per le persone che ti leggono, che ti divertirai da matti, crescerai, imparerai, riderai e ti soffermerai ad ascoltare le altre persone passarti accanto. Ti immergerai in una comunicazione di valore che è la relazione, proprio quella relazione che vuoi perseguire quando giri per le vie di LinkedIn.
E ora chiudo questa premessa con un assunto che ho fatto mio e che guida ogni mio contenuto: la forma di comunicazione che funziona di più è la conversazione.
Comunicazione quindi, come insegna Paolo Borzacchiello, è prevalentemente interazione (in passato non era così quindi no, non è la scoperta dell’acqua calda).
Non so cosa scrivere
Antonella Romanini ha recentemente fatto un sondaggio proprio su LinkedIn per esplorare cosa blocca le persone nell’uso di questo social: il 67% delle persone ha risposto “non so cosa scrivere”.
Forse anche tu hai questa resistenza?
All’inizio magari non la riconosci, perché c’è il profilo da sistemare, le foto da scegliere, il primo piano da attivare, le nuove funzionalità da sperimentare, la rete da far crescere.
Insomma, lo scrivere viene dopo, giusto?
Sbagliato.
Lo scrivere viene sempre. Quantomeno se nei tuoi obiettivi c’è quello di far accadere delle cose.
Molte persone sono preoccupatissime di avere un profilo perfetto, la foto profilo perfetta, o di essere super-competenti su un determinato argomento o ancora di creare una rete in target, ma la vera paura è quella di uscire da quel profilo, sempre spolverato e luccicante, e iniziare a scrivere.
Paura del giudizio, di non avere argomenti, di non essere abbastanza, che la propria azienda o chi fa lo stesso lavoro stia a guardare, paura di fare gaffe, di risultare banali, paura che nessuno legga o che tutti leggano, paura di compromettersi. Paura di affacciarsi all’infinito e all’abisso, insomma.
Scopri di cosa hai paura e vai oltre
Dietro a quel “non so cosa scrivere” ci sono altre innumerevoli piccole o grandi paure.
Semplificando le ho raggruppate in 3 categorie (a te la possibilità di creare la variante che genera il tuo personale blocco se c’è).
1. Chi sono io per scrivere su LinkedIn?
Domanda che, oltre a evidenziare un tema di autostima, svela che su LinkedIn ci passi troppo poco tempo, perché se leggessi e ascoltassi davvero le persone che scrivono, ti assicuro che la paura verrebbe meno. E non perché a scrivere siano degli incapaci, ma perché non si scrive per affermare chi si è.
Si scrive per conversare e nella conversazione diventare qualcuno agli occhi degli altri. Chi sei tu per scrivere è chiaro: sei tu e proprio perché sei tu puoi scrivere.
2. Faccio fatica a raccontare il mio lavoro su LinkedIn
A questo rispondo sempre citando Marco Vittorio Micotti che su LinkedIn, tra le altre cose, spiega alcune funzionalità di Excel, ecco un esempio di post. Ora capiamoci: se si può parlare in modo utile e interessante di Excel, tu non hai alcuna scusa! Che cosa rende i post di Marco così funzionali?
Due aspetti in particolare: la loro utilità (a me piace chiamarla rilevanza ma abbiamo capito cosa intendo) e il fatto che Marco non parla ogni singolo giorno che Dio manda in terra di Excel, anzi. Il fatto che tu scriva su LinkedIn per fare personal branding e per farti scegliere come professionista non significa necessariamente che tu debba parlare ogni giorno del tuo lavoro.
Quello che tu stai promuovendo è il valore che porti nel lavoro, non la tua operatività. L’approccio è diverso e ti spalanca tantissime altre porte, finestre, balconate, e pure qualche bel lucernario, di possibili contenuti.
3. Non sono social!
Questa è una delle mie preferite. L’ho sentita innumerevoli volte e ogni volta porta con sé un misto di paura e di giudizio tipico di chi confonde i social con il luogo della perdizione per antonomasia. In realtà ci sono due categorie di persone in questa casistica:
- quelle che danno il meglio di sé off line o comunque non in pubblico: persone che, come Nadia Panato, sanno coltivare magistralmente relazioni fuori dalle piazze virtuali dei social e ne sanno generare senza alcuno sforzo di nuove. La presenza on line è strategicamente costante ma discreta, la presenza nella vita delle persone a cui si lega è solida, vivace e fertile. Cosa contraddistingue da queste persone? Un bruciante interesse per le persone: esattamente quello che caratterizza anche chi sa costruire relazioni su LinkedIn
- e poi ci sono quelle persone che i social sono un male necessario e LinkedIn in particolare è così freddo… A queste persone consiglio sempre un briciolo di leggerezza: se non ti piacciono i social, trova altri modi (prendi ad esempio Nadia per dirne uno).
Ma non fare come i miei figli, che non gli piacciono le melanzane ma manco sanno che gusto hanno: prima di dirmi che non ti piacciono devi quantomeno aver assaggiato la parmigiana, giusto? Ecco, lo stesso per i social. Scoprirai magari che LinkedIn non ti piace ma Instagram è un canale che risuona in te: usa quello. Non ti sfasciare la testa per essere performante ovunque. Fai una scelta dettata dalla (seppur minima) conoscenza e non dall’esclusione di quello che è nuovo.
Idee per iniziare subito a scrivere su LinkedIn
Ok, veniamo ai tips pratici.
Perché a prescindere dalle tue paure, se hai deciso che vuoi scrivere su LinkedIn, ci sta di fare incetta di idee per trovare cose su o di cui scrivere. Queste sono le fonti che uso io:
Cosa ti chiedono le persone
Quando sanno cosa fai di lavoro? Ogni domanda è un post, anzi ogni singola domanda è lo spunto per una serie di post. Lo so che a volte è quasi fastidioso svelare il proprio lavoro perché potrebbero partire a raffica le domande (incluse quelle che sembrano domande ma sono consulenze scroccate). Eppure quelle domande, che dentro di te scatenano l’Orlando furioso, in realtà sono doni. Vedile come titoli di post da pubblicare su LinkedIn.
Cosa stai leggendo o studiando?
Se sei su questo portale sei una persona che legge e che studia, che esplora e che fa ricerche, che si aggiorna… Bene, il grosso è fatto: quello che ti resta è condividere con altre persone ciò che ti colpisce o che cattura la tua attenzione. Non serve che tu spieghi tutto: offri degli stimoli, degli insights. Peraltro è un ottimo modo per rielaborare e fare tue le nozioni che stai acquisendo.
Crea metafore con quello che ti piace
Michele Manara ama il calcio, i suoi contenuti parlano di HR e Head Hunting ma hanno spesso il calcio come sfondo (qualche piccola concessione al MotoGP e alla Formula Uno, ma è soprattutto calcio). Chiediti: cosa ti piace, di cosa hai esperienza oltre che del tuo lavoro? Inizia ad osservarti e ad ascoltarti: le senti vero, quelle connessioni che uniscono le cose che ti piacciono con la persona che sei e quindi con il modo in cui lavori? Le metafore non sono contenuti. Le metafore rendono concreti, accessibili e facilmente trasferibili i contenuti che hai dentro e ti aiutano a unire i puntini, a collegare cose differenti per porgerle in modo più immediato e potente a chi legge. Le metafore vanno nella direzione della comunicazione sinestetica tanto cara alle mie partner Marie Louise Denti e Elena Bobbola.
Usa i post trampolino
Li chiamo così perché sono post costruiti appositamente per far parlare gli altri, chi legge. Il post trampolino più semplice è il sondaggio o la domandona, magari con vignetta allegata, ma anche la lamentela funziona bene: “anche a voi è capitato che i recruiter non diano risposte nel corso di una selezione?” (questa spacca e te la regalo). I post trampolino che piacciono a me però nascono in altro modo. E intrecciano più tipologie di contenuto: l’immedesimazione, la domanda, il post aperto, la provocazione, la citazione… Mi muovo su questi tasti per mettere a punto un contenuto la cui “utilità” è fornire l’occasione a chi legge di fare una riflessione e condividerla in rete.
Crea dei progetti editoriali
Il più immediato per farti capire, è il calendario dell’avvento (un post ogni giorno dal primo al 25 dicembre). Nel 2020 con Melania Aloia abbiamo riempito il nostro calendario dell’avvento di emozioni: una al giorno, raccontate dai nostri due punti di vista e collegate al mondo del lavoro. Sempre nel 2020 ho realizzato con Gabriele Carrà due progetti che ripercorrevano l’alfabeto: una parola al giorno, un post al giorno, una foto al giorno, dalla A alla Z (sabato e domenica inclusi). E niente, succede sempre che la gente li aspetta e li usa come post trampolino per dire la loro.
Ironia ne abbiamo?
Questa è una tecnica che funziona da quando Luca Altimani e Legolize hanno sdoganato la risata e la leggerezza su LinkedIn (ed era ora). Lo so, non è una tecnica semplice e non è un vero e proprio contenuto. Ma se l’ironia ti appartiene già lo sai: più che una tecnica è uno sguardo differente sulle cose, un modo diverso di guardarle, è la dichiarazione di dignità di cui parla Romain Gary quando la definisce. Ecco quindi che qualsiasi cosa (purché abbia un nesso con il mondo del lavoro) se raccontata secondo la visione angolare dell’ironia, diventa un contenuto che spacca. Da non crederci ma abbiamo davvero bisogno di ridere, senza deridere. Veniamo da due anni di estrema, dilagante e invadente pesantezza.
“Scrivere con leggerezza – dice ancora Ella Marciello nel suo libro – è presentare temi e messaggi senza opprimere il destinatario, sollevandolo o intrattenendolo. È fornire una prospettiva altra, una via di fuga in qualche modo, liberandolo per qualche istante da quelle catene che solo la routine e la vita quotidiana sono capaci di stringerti addosso”.
Cosa ti è successo oggi che ti ha insegnato qualcosa?
Se padroneggi bene lo storytelling anche una telefonata con il cliente è stimolo per un post. Ne è maestro Marco Ziero che inizia spesso con un “ieri ero al telefono con un cliente quando…” e senza accorgertene hai già cliccato su “altro” per scoprire cos’è successo in quella telefonata.
Andiamo a concludere con quella che per me è un’ovvia ma mai scontata verità: il più grande distributore di contenuti al mondo è la realtà che vivi. Le persone che incontri, le cose che leggi, la dieta visiva di cui ti nutri, i podcast che ascolti, le difficoltà che ti attanagliano le caviglie durante un progetto, le paure ti tengono sveglia sfidando anche il più rilassante dei body scan serali, i vocali con le tue amiche o colleghe, le domande che ti fanno per un webinar o per un’intervista (ogni singola domanda è almeno 3 post), le risposte che ti vengono lasciate sotto i post che hai già pubblicato, la frustrazione con un cliente che non capisce una mazza del tuo lavoro, il TEDx che hai ascoltato correndo, quel pezzo della newsletter di Donata Columbro…
A fare la differenza non sarà il pretesto da cui parti ma:
- cosa regali a chi ti legge
- che connessioni riesci a creare tra te, i tuoi contenuti e le persone che leggono
- l’autenticità che sai trasferire (che di solito non passa per l’eccellenza o per la perfezione)
- come impacchetti il tutto.
Se devi avere paura, tienila per dopo
Chiudo con una provocazione: quello della paura del primo/i post è un falso problema, e non perché sai già che sarà brutto – chiaramente scrivendo si migliora – ma ti suggerisco di fare già pace con il fatto ce ne saranno di brutti anche dopo.
A rassicurarti deve essere il fatto che all’inizio non ti leggerà nessuno, salvo parenti e amici come si suol dire… E se togliamo i parenti, che su LinkedIn di solito non spopolano, resta quel pugno di persone che ti vuole bene e che metterà una reazione a prescindere, ma farà poco testo.
La paura nasce dal fatto che pensi di avere centinaia se non migliaia di occhi puntati addosso proprio nel momento esatto in cui clicchi su “pubblica”… Magari!
Faremmo molta meno fatica a fare personal branding, detto tra noi.
Purtroppo la fatica sarà quella di convincere le persone a voltarsi verso di te. Dovrai sudare un po’ all’inizio perché stanno scrivendo o ascoltando altra gente.
Ma questo è bellissimo perché ti consente di sperimentare e di capire, di imparare e di migliorare senza tutti quegli occhi a leggerti. Romperai il ghiaccio, credimi, solo adottando un approccio leggero: ripeti con me “posso pubblicare senza timore che le persone mi giudichino, tanto stanno facendo altro”
Ricorda, il primo post è il più facile. Il difficile viene quando iniziano a leggerti e allora sì, un po’ di attenzione sarà necessaria.