Penso di poter dire che Business Plan sia una delle locuzioni più usate (e abusate) nel mondo della partita IVA.
Quando chiediamo un finanziamento alla banca per aprire o ampliare un’attività serve un Business Plan, se partecipiamo a un Bando della Camera di Commercio ci chiedono il Business Plan, se facciamo un progetto di crescita strategica… anche qui i ragionamenti partono dal nostro Business Plan.
Ma cos’è davvero questo Business Plan? Mi serve un Business Plan? E ancora: serve davvero in tutte queste occasioni? Chi lo prepara? Quanto costa? Ne vale la pena?
In questo articolo cercheremo di rispondere insieme a tutte queste domande (e anche a quelle che vorrai porre nei commenti).
Cos’è un Business Plan?
Mi piace definire il Business Plan come un racconto. Un racconto fatto di parole, oltre che di numeri.
I numeri, nel progetto, ce ne raccontano la sostenibilità, economica e finanziaria.
- Sostenibilità economica: il progetto deve tendere a realizzare utili, ovvero lasciare un margine positivo ai ricavi dopo aver fatto fronte ai costi. Questo può non avvenire subito, però il progetto deve chiarire all’investitore, anche attraverso alcuni indici, che tale rientro sarà possibile trascorso un lasso di tempo ragionevole.
- Sostenibilità finanziaria: perché è impossibile ottenere l’equilibrio in termini economici se, nel frattempo, le entrate non saranno state sufficienti per far fronte, in ogni momento, alle uscite.
Una parte del Business Plan illustra anche il piano degli investimenti necessari nell’arco di tempo considerato e il dettaglio delle fonti di finanziamento (divise tra capitale proprio e capitale di terzi) che serviranno a farvi fronte.
L’arco temporale presentato è solitamente triennale, anche se alcuni progetti particolarmente impegnativi potrebbero richiedere una presentazione quinquennale o, al contrario, esigenze ridotte potrebbero far sì che venga analizzato un solo biennio.
A cosa servono le parole nel Business Plan?
Sarebbe molto limitante (nonché errato) ritenere il Business Plan un mero progetto numerico, perché è molto più di questo.
È una rappresentazione del progetto imprenditoriale, nel suo concreto sviluppo, destinato agli stakeholders (tutti i possibili portatori di interessi) nella sua fattibilità. Dovrà affascinare, convincere ed essere sostenibile.
Un Business Plan di una bottega artigianale, per esempio, inizierà raccontando chi sia la titolare, delle sue esperienze e delle sue abilità, per poi passare a raccontare come verrebbe attuato concretamente il progetto.
Coloro che leggeranno il Business Plan dovranno sentire di immergersi nelle atmosfere del laboratorio e immaginare il buon andamento dell’attività. Saranno i numeri a parlare, ma non saranno questi ultimi ad esercitare la persuasione sul lettore. Per questo è necessario che si crei un equilibrio tra le due anime del progetto.
La nicchia di mercato e la strategia di marketing
Sempre a proposito di parole, che quando intrecciate ai numeri ne amplificano i risultati, per far capire a chi legge l’eccellenza del nostro progetto e le sue concrete possibilità di successo, nel Business Plan sono fondamentali i capitoli dedicati al segmento di mercato e alle strategie di marketing.
Ci impegneremo molto nel raccontare la nicchia di mercato prescelta: perché ci vogliamo collocare lì, che cosa ci differenzia dai competitor e che sinergie sapremo creare con la concorrenza e nella filiera, perché questa nicchia dovrebbe darci la possibilità di avere successo.
Che cosa faremo per conquistare il nostro piccolo o grande mercato, come fidelizzeremo chi diventerà cliente e come ci faremo conoscere?
Come vedi questo lavoro richiede un grande impegno collaborativo tra noi, il commercialista che ci segue e chi di professione si occupa di marketing e strategia, ma una volta terminato questo sforzo avremo avuto una grande possibilità di guardarci sia dentro sia dall’esterno.
Questo investimento, che di solito viene fatto nell’ottica di una richiesta di finanziamento o di una partecipazione a un bando, potrebbe:
- rivelarsi un utilissimo viaggio di approfondimento all’interno della nostra ipotizzata attività
- rivelarci in anteprima criticità da risolvere prima che davvero si manifestino e fornire nuovi spunti per ottimizzare la rotta.
Posso fare in autonomia il mio Business Plan?
Dipende, tendenzialmente no.
Chi sei? Cosa fai? Che esperienza hai? Quanto tempo hai da dedicarci? Quanti Business Plan hai letto nella tua vita e a quanti bandi hai partecipato?
Si può fare da soli, ma consiglio sempre di farsi aiutare da chi lo fa per professione, se non abbiamo le giuste competenze. “Risparmiare” proprio qui potrebbe costarti davvero tanto in termini di mancato finanziamento del tuo progetto, di vincita di un bando, di investimento da parte di altre persone.
Quanto costa un business plan triennale?
Tipologie di Business Plan ce ne sono tante, anche a seconda dell’output che desideri (arco temporale, dettaglio dei dati, impaginazione). Ritengo che un buon prodotto difficilmente costi meno di 800/1.000 euro.
Chi redige il Business Plan?
Sono diverse le professionalità che possono occuparsi della stesura del Business Plan, scopriamole insieme:
- commercialista che già ti segue o, se non disponibile, cui affiderai questo particolare incarico
- professionista che si dedica esclusivamente a questi progetti.
Se, per esempio, ti affidi a società specializzate nella partecipazione a bandi, mi raccomando, verificane l’esperienza pregressa: si tratta in questo momento di fiorenti business e molte persone (sarò buona) “improvvisano”. Non affidarti a chi non ha comprovata esperienza, potrebbe non saperti dare quello che ti serve.
Sicuramente, invece, puoi leggere anche tu un buon manuale sull’argomento. Te ne consiglio uno, dal taglio sia teorico ma anche molto pratico, è uno di quelli che ho studiato io stessa che di questi progetti ne seguo spesso. Si tratta di Il Business Plan di Antonello Bove, ed. Hoepli.