È difficile capire le dimensioni della parola Etica, perché dipendono da molti fattori: dal luogo in cui viviamo o lavoriamo, dalle leggi in vigore, dalle tradizioni, dalla storia del luogo, dal tuo cliente e molte altre cose, e non tutte derivano da un codice deontologico, soprattutto quando parliamo dell’etica del graphic design.
Dal dizionario:
L’etica è la disciplina filosofica che studia il bene e il male e il suo rapporto con la morale e il comportamento umano.
Questa definizione ci mette ancora in più difficoltà, perché parla di morale, del bene e del male e del comportamento umano: in pratica niente che sia unico e universale, quindi diventa ancora più complicato parlare di etica, in generale e anche nel graphic design, non perché non esista ma perché ha molte sfumature.
Se professioni come quelle del medico e dell’avvocato sono regolate dai rispettivi codici deontologici che descrivono i comportamenti corretti e stabiliscono come sanzionare i comportamenti sleali o non etici, nel graphic design in Italia non c’è un’istituzione unica o ufficiale che faccia luce sull’etica del nostro lavoro: la confusione è molta e alimentata da comportamenti politicamente corretti e scorretti.
D’altro canto, c’è un fattore che non dipende direttamente del professionista e che però ha un impatto diretto sulla sua reputazione: l’etica del cliente (o del paziente). Nel caso di noi progettisti grafici, l’etica del cliente con gli anni è diventata quasi una nostra responsabilità e in alcuni casi viene confusa con la nostra etica professionale.
È importantissimo, a questo punto, prendere in mano la situazione e avere molto chiaro il nostro modo di lavorare per essere coerenti con i nostri valori, la nostra etica personale e quella professionale. Crearci un nostro codice etico, scriverlo in autonomia prendendo spunto da quelli già esistenti. Possiamo anche aderire a gruppi o associazioni che ne hanno uno e invitano i soci a seguire semplici regole etiche, di convivenza e responsabilità tra colleghi, verso i clienti e verso la società, che permettono di portare avanti il lavoro sentendosi più organizzati e tutelati.
Alcuni degli argomenti chiave che ho trovato nei regolamenti o codici etici di alcuni gruppi sono:
- Progettare dignitosamente e con professionalità
- Essere onesti e conoscere i propri limiti e competenze, ed essere trasparenti con il cliente
- Evitare lo Spec Work in tutte le sue forme
- Creare preventivi completi, chiari e a prezzi onesti, senza spese nascoste
- Rispettare le date di consegna e gli impegni presi, stipulando sempre un contratto
- Rispettare i diritti d’autore, verso i colleghi, i clienti e terzi
- Assicurare riservatezza e discrezione per proteggere qualsiasi informazione ricevuta dal cliente
- Evitare la concorrenza sleale
- Non lavorare con clienti concorrenti fra di loro
- Evitare i casi dove ci potrebbe essere un conflitto d’interessi
- Rispettare l’ambiente, progettare ecologicamente
- Lavorare assumendosi una responsabilità nei confronti della società.
Per quanto riguarda il comportamento etico e “politicamente corretto” nel contenuto del nostro lavoro, possiamo sempre contare sull’empatia:
- In qualsiasi progetto, l’empatia è una parte molto importante del processo creativo: significa cercare di capire a chi deve arrivare il messaggio, rendendolo umano e reale, e impegnarci a provare le sensazioni che ci permetteranno di trovare soluzioni adeguate per ogni situazione. L’empatia ci porterà a un ragionamento etico e consapevole e ci indicherà come far passare il messaggio. Questo non deve però minare mai il lavoro creativo.
- Negli ultimi tempi sono nati molti movimenti, negli Stati Uniti ma anche nel resto del mondo (#Metoo, #BlackLivesMatter o il Woke movement, ecc.) che vogliono renderci consapevoli e coscienti della loro importanza e difendere gruppi minoritari, gruppi discriminati, proteggere i diritti umani, la diversità ecc. Sono argomenti che noi, come comunicatori e progettisti grafici, dobbiamo impegnarci a conoscere e sui quali dobbiamo tenerci aggiornati: questo ci permetterà di essere empatici e consapevoli dell’esistenza di argomenti potenzialmente delicati, indipendentemente dall’area in cui potrebbe lavorare un nostro cliente. In questo modo, se il nostro cliente non fosse preparato, noi lo saremmo e potremmo sollevare le questioni opportune.
- Portare avanti un progetto personale, una nostra campagna su un argomento particolare o promuovere personalmente, anche solo sui social, un tema o movimento che ci sta a cuore perché pensiamo sia importante per la società o che possa migliorare il nostro lavoro e quello dei nostri colleghi. In pratica un po’ di Brand Activism, ma in piccolo.
Per ultimo, e solo per coerenza:
- Se per te il cliente non è etico, non lavorare con lui.
L’etica e le attività e i comportamenti politicamente corretti sono argomenti complicati e non posso pretendere di concentrare tutto in un articolo, perché sarebbe impossibile, considerando anche i punti di vista diversi su ogni singolo argomento. Ma cominciare a farlo, ognuno nel nostro piccolo, è un buon punto di partenza: avere valori chiari è un dovere che chiunque abbia a che fare con la comunicazione non può mai permettersi di ignorare.