Fiscalità per freelance, tra idee di riforma e punti fermi

Eccoli là. Anche in questo anno bisesto-molesto la tentazione, da sempre irresistibile, è arrivata: o meglio, è arrivato il giorno in cui nel Governo, tra un Decreto e l’altro, qualcuno ha detto: “Che ne dite se facciamo una riforma fiscale?”.

Ma qualcun altro deve aver risposto: “Ancora? Basta, ogni anno cambiamo qualcosa, lasciamole in pace quest’anno le partite iva”.

Però poi un terzo deve avere ripreso l’idea: “Facciamolo, forza, questa volta sarà diverso. Riformiamo tutto, ma proprio tutto, in modo che non si capisca più niente!”.

“Ma come facciamo, le partite iva si arrabbieranno”.

“Ma no, basta dire che lo facciamo per loro, per aiutarle, per semplificare loro la vita!”.

“Come abbiamo fatto con i bonus Covid, quindi? Quando abbiamo detto che era per aiutarli ma poi è stato tutto un gran casino e molti per paura di sbagliare non hanno neanche chiesto quello che spettava loro?”.

“ESATTO”.

Questo dialogo NON è realmente avvenuto: luoghi, dialoghi e persone sono frutto della fantasia dell’autrice.

O forse è andata proprio così?

Il dialogo che hai letto, in realtà, non è inverosimile. Il DPR 633 dell’Iva è del 1972. Il Testo Unico delle Imposte sui Redditi è del 1986. Da tanto aspettiamo una riforma organica, complessa, del Fisco.

Perchè stanno pensando di farla ora? Ora che le partite iva sono in affanno e cambiare le cose è così complicato? Ora che gli studi professionali hanno decine di scadenze e lavori e controlli e consulenze extra (perlopiù gratuite, per non infierire su chi è già in difficoltà), ora che sarebbe necessario, nella crisi diffusa, stabilizzare il paziente e non ucciderlo definitivamente, è stata proposta una grande riforma.

Che dovrebbe essere fatta, da chi? Da chi ha prodotto migliaia di pagine illeggibili, incomprensibili, in contrasto tra loro in questi mesi? No, grazie. Se deve esserci questa riforma, necessaria, deve essere studiata con calma, fuori dalla crisi del momento, fuori dall’urgenza e dalle priorità di questo pazzo 2020.

Scritta, magari, a più mani anche con noi commercialisti e con imprese e professionisti, non prodotta in modo sterile da parte degli uffici, gli stessi che hanno reso così intricato l’attuale sistema.

Scritta con chi il tessuto produttivo ed economico lo vede e lo vive e lo compone. Non vanno scritte delle linee guida che passata la tempesta diventino carta da archivio, ma pagine importanti che determineranno il futuro delle imprese italiane e potranno ravvivare o tagliare del tutto lo spirito imprenditoriale di cui noi italiani, per natura e tradizione, siamo grandi produttori.

Vediamo, quindi, cosa sembra bollire in pentola, perché a mio parere non va benissimo (eufemismo) e cosa possiamo fare per non impazzire e mantenere il nostro focus in questo cambio continuo di regole a gioco avviato.

Tutti mensili, evviva evviva

Dunque, in apparenza il problema è presentato così: visto che in estate le imprese soffocano per pagare saldo di imposte + contributi dell’anno precedente e acconto sul nuovo anno, dal 2021 si vorrebbe passare alla liquidazione delle imposte mensile, in modo da non accumulare grandi debiti.

Sembra quindi vogliano farci un favore. Ma dove si nascondono le insidie?

Se nell’estate 2020 abbiamo liquidato il saldo delle imposte 2019 e l’acconto sulle imposte 2020, nel nuovo mondo, già a febbraio 2021 liquideremmo le imposte di gennaio 2021. Quindi, lo Stato incasserebbe molto prima, ma soprattutto noi pagheremmo molto prima. Cosa ci guadagneremmo? A mio parere, nulla.

Chi farebbe questi conteggi? A regime, gli uffici e i commercialisti/contribuenti li controllerebbero. A parte che per chi ha già avuto il dispiacere di cimentarsi con i conteggi fatti dagli uffici c’è da mettersi le mani nei capelli. Per chi ha pratica con il 730 precompilato, ditemi se, dopo anni che questo sistema è in corso, avete trovato correttamente indicate tutte le spese. No, tantissime mancano, tantissime sono errate. Quindi? Utilità poca, e il commercialista dovrebbe comunque integrare e/o correggere i dati. Chi paga questo lavoro extra? Il cliente, ovviamente. Se ora si fanno conteggi trimestrali/annuali, a seconda del regime, è previsto che questi possano diventare mensili. Quanto dovremmo pagare i nostri consulenti per il moltiplicarsi a dismisura di scadenze e adempimenti?

Si parla di finanziare parte della riforma con le risorse del Recovery Fund. Di questi denari (li vogliamo? Non li vogliamo? Per cosa li usiamo?), se ne è parlato così tanto a partire dal lockdown che sembrano la panacea di tutti i mali, ma è giusto che sia così? A mio parere, no. Una riforma del fisco può dirsi sostenibile solo se le risorse necessarie per attuarla e le risorse che si genereranno all’interno dei nuovi meccanismi riusciranno ad autoalimentarsi, senza apporti esterni che ne altererebbero l’equilibrio.

Una riforma fatta ora, in fretta e furia, può davvero ritenersi organica o si tratta piuttosto, per tutti, di un tema da campagna elettorale? Sugli ultimi punti, se volete saperne di più (compreso cosa pensava Einaudi delle imposte) vi consiglio di leggere questo editoriale del vicedirettore del Corriere della Sera, Daniele Manca.

Riepilogando, questa riforma “semplificatrice”, non determinerebbe, per come è oggi abbozzata, più costi per il contribuente, un maggior rischio di sbagliare qualche dichiarativo ed essere sanzionato, scadenze più ravvicinate ed incalzanti, un pagamento anticipato di tutto rispetto alla situazione attuale? Non capisco l’entusiasmo.

Si farà? Chissà. Senz’altro una riforma così consistente richiederebbe del tempo per essere ben impostata, non potrebbe trovare applicazione già nel 202, visto che se ne inizia a parlare a settembre 2020.

Cosa possiamo fare per non perdere la bussola?

In queste sabbie mobili di novità, quest’anno mi sono chiesta così tante volte su cosa dovessi soffermarmi per me e per i miei clienti per capire la direzione da tenere, tra nuove scadenze, inesauribili urgenze, lavoro svolto nei posti più improbabili e un mondo che cambia. Condividerò con voi alcuni punti che, riforma fiscale o meno, è interessante tenere presenti.

Avere una visione del tutto

Avere un’ampia prospettiva di come il nostro lavoro stia andando, di quale sarà il flusso di cassa che avremo (il cash flow, secondo me, per il 2020 risulta l’elemento più interessante del business plan) da qui a qualche mese o a un anno, con l’ipotesi di alcune leve che possiamo attivare per arricchirlo (proporre un corso online, delle consulenze spot, degli articoli da pubblicare?) ci consente di fare una fotografia di quello cui ipoteticamente andiamo incontro, per spaventarci un po’ meno.

Capire per pianificare

Una volta ragionato su quello che potrebbe accadere, cerchiamo di capire quanto ci resterà di quello che incassiamo coperti i costi vivi, le imposte, i contributi. Questo ci permetterà di ragionare sul netto e non sul lordo, che ci fa un po’ di confusione (per i non forfettari, come quando incassiamo inclusa iva, ma questa poi la versiamo). Valutiamo di suddividere i pagamenti, di rateizzare quello che non riusciamo a coprire, diamoci uno scenario plausibile per un rientro graduale degli arretrati.

Mettere da parte, per pagare

Cerchiamo, sempre e in particolare ora, di accantonare. Accantonare un pochino per essere pronti quando ci sarà da versare alle scadenze. Col solito sistema, se la riforma non ci sarà, con il nuovo se si farà. Il vostro commercialista vi può sicuramente aiutare nell’affrontare certi punti oscuri di questi conteggi.

Mettere da parte, per risparmiare

Lo sapevate che dal lockdown in avanti si è risparmiato tantissimo? Le persone, impaurite dall’eventuale perdita del lavoro, dall’incertezza, e anche un po’ limitate negli spostamenti hanno risparmiato tantissimo (questo però ha ulteriormente diminuito i già ridotti consumi!). È saggio risparmiare un po’ di più in tempi di incertezza.

Leggere sì, ma non troppo (e non tutto), selezionando le fonti

Selezionare è indispensabile in un mondo in cui gli input sono innumerevoli. Io leggo per abitudine le notizie fiscali qualche giorno dopo. Perché? Per leggere solo le cose utili: alcune notizie dopo 48 ore sono già superate, rischierei di memorizzare informazioni sbagliate o mai attuate.

Pensare a un piano B

E se il mondo del nostro lavoro cambiasse completamente? Se il contesto dei nostri clienti o la loro disponibilità economica cambiassero e fossimo costretti a lavorare meno? Bisogna avere sempre un piano B. Se non lo avevamo già fatto. è il momento di farlo ora.

Perché è andata così?

Oltre al piano B, dobbiamo capire se ci sono state concause dovute a nostre mancanze nel piano A. Non sarà stata solo colpa dell’anno bisestile, no?

Diversificare il rischio

Manteniamoci sempre attivi su più di un fronte: non mille, non cento, alcune, e ben selezionate, aree di lavoro. In questo modo sarà più semplice affrontare la “stagionalità” delle entrate, e l’eventuale crisi che colpisca in modo forte un nostro particolare prodotto, anche di punta.

Fare amicizia con i numeri (e con Excel)

Lavoriamo con i numeri. Creiamo piccole formule per simulare, prevedere, ipotizzare (prima) e sommare, verificare, confutare (poi). I numeri ci aiuteranno a capire meglio certi meccanismi e anche i nostri risultati, nonché quanto ci rimane netto, alla fine del gioco, che è quello che ci interessa di più.

Flessibilità

Impariamo a cambiare in corso d’opera, ad aggiustare, a cogliere occasioni, a crearne. Ci aiuterà a muoverci meglio nel mercato, ad assorbire eventuali fluttuazioni, che dipendano dall’interno o dall’esterno. Anche quelle fiscali, come la riforma. Noi procediamo dritti verso i nostri obiettivi, cerchiamo di migliorare tutti i nostri indicatori per non essere schiavi dei vantaggi fiscali.

Il forfettario esisterà ancora?

Io credo di sì. Verrà riformato? Probabile. Ma non sentiamoci vincolati o incatenati nel nostro regime, pensiamo solo a spingere in alto il fatturato, i clienti, i contatti, a lavorare come ci piace e al meglio delle nostre possibilità. Tutto il resto verrà da sé, e il regime fiscale sarà comunque solo uno degli elementi del puzzle, ma mai il principale.

Elisa Antolini

Veneta di origine, emiliana di adozione, sposata con un calabrese. La geografia è il mio forte, ma anche i numeri. Sono dottore commercialista e revisore legale, e lavoro soprattutto online, accompagnando “fiscalmente” progetti ed idee a diventare concrete realtà. Mi piace condividere con i clienti le mie conoscenze, perché solo capire di cosa stiamo parlando li farà diventare grandi e solidi.

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