Va ora in onda “Imparare a valutare le persone – i consigli della Recruiter”
Vorrei che fosse così semplice, una lista di quindici punti da seguire per fare la radiografia a futuri collaboratori, partner (in senso professionale, of course) e clienti. Ma non funziona così. E per fortuna.
Però, alcune linee guida da seguire per imparare a valutare chi si ha di fronte, andando oltre la pancia (che comunque ha spesso ragione), ci sono. Più correttamente, diciamo che ci sono un metodo e alcune accortezze che ti condivido dopo quasi vent’anni di selezione del personale.
Premessa: valutare non significa giudicare
Su questo so che non devo spendere troppe parole e, senza chiamare in causa Wikipedia, possiamo concordare sul fatto che valutare significa pesare il valore di qualcosa o qualcuno in relazione a un modello di riferimento. Ogni volta che incontro una persona per una posizione di lavoro valuto le sue competenze e caratteristiche in funzione del ruolo da ricoprire e dell’azienda in cui andrebbe a inserirsi. La mia valutazione finale è sempre relativa a una selezione specifica, a un contesto e a un ruolo.
A questo proposito vorrei condividere con te una riflessione fatta da Carlo Vanin, HR Manager di Carel Industries Spa, che ho conosciuto a un evento. Vanin afferma che i talenti in senso assoluto non esistono e che le aziende (anche tu) che si ostinano a voler trovare i talenti fanno un grande errore perché vi sono persone, e la storia lo insegna, che in alcune aziende hanno performato benissimo e che in altre realtà hanno letteralmente fallito o addirittura hanno fatto fallire l’azienda. Il contesto fa sempre la differenza.
Come si fa a scegliere quindi? Valutando di certo i requisiti minimi, il sine qua non, e puntando alle capacità di adattamento e di crescita della persona. Scegliete la persona che più si adatta al contesto e poi fatela crescere, dice Vanin.
Questo discorso mi piace non solo perché punta il faro sulle potenzialità e sulle soft skill ma anche perché riporta la responsabilità in seno all’azienda che deve contribuire a far crescere e far lavorare bene i propri collaboratori. C’è la squadra al centro. E i talenti (i pochi riconosciuti tali), raramente fanno squadra.
Dagli obiettivi alla job description
Entriamo nel merito del metodo: il punto zero riguarda te e i tuoi obiettivi. Cosa stai cercando? di cosa hai bisogno? Perché? Qualsiasi selezione che si rispetti parte dalla definizione di una Job Description e ti confesso che uno dei momenti più importanti del processo è proprio l’analisi iniziale insieme all’azienda cliente. Non capita raramente che un HR manager o un titolare ci chiami avendo in mente una cosa e dopo un confronto capisca che il bisogno è un po’ diverso.
Quando definisci la figura di un possibile collaboratore, è utile quindi che tu ti ponga alcune domande. Simon Sinek ti consiglia di partire dal Perché: perché stai cercando una persona che collabori con te?
Le altre domande a cui rispondere (consiglio sempre per iscritto) e che ho tarato pensando a te che probabilmente lavori come libero professionista, sono:
- cosa farà questa persona quando verrà a lavorare con me
- quali sono le competenze tecniche (hard skill) indispensabili per ricoprire la mansione? Quelle in mancanza delle quali sarà davvero difficile valutare la candidatura? Non è un invito a essere rigidi, ma a ricordare che è importante avere un modello di riferimento chiaro. Quando hai messo a punto il modello, le eccezioni sono possibili: potresti incontrare una persona che non possiede tutte le competenze necessarie ma capire che porta con sé delle potenzialità così interessanti da valer la pena di puntare su di lui/lei. Bene. Il modello di riferimento ti aiuterà a capire quali sono i primi e principali gap da colmare nel più breve tempo possibile
- quali sono le competenze tecniche (hard skill) che può apprendere in un secondo momento?
- da quale settore o ambito sarebbe preferibile che provenisse? Dove potrebbe aver imparato ciò che mi serve?
- quali sono le competenze trasversali (soft skill) che possono fare la differenza?
- quali sono le caratteristiche personali che la rendono più adatta a lavorare con me? Il contesto di riferimento sei tu e quindi è fondamentale che ci sia anche feeling, o quantomeno il rispetto per come lo intende Annamaria Testa: riconoscimento dell’altro per sue caratteristiche diverse dalle mie
- quali sono i valori/comportamenti che non sono disposta a mettere in discussione? Per esempio, un mio ex datore di lavoro puntava ad avere un’azienda no smoking, non ci è mai riuscito ma per lui era un valore importante
- di quale tipo di energia ho bisogno? Mi serve una persona che ha voglia di crescere, che scalpita, che cerca l’autonomia o piuttosto un metodico, un preciso, qualcuno che curi il dettaglio e che trovi grande soddisfazione nell’operatività? Se vuoi avere uno schema di riferimento, le 4 energie Insights Discovery possono aiutarti a definire il tipo di persona che stai cercando
- quanto sono disponibile a pagare? Questo punto spesso lo scordiamo ma rappresenta un importante spartiacque. Qual è il budget?
Da questa prima analisi puoi costruire una bozza di Job Description che si riassume in tre punti:
- azienda di inserimento, cioè tu e il tuo business
- mansioni: includono obiettivi e attività della persona ricercata
- requisiti hard e soft minimi e auspicabili, incluso il settore di provenienza preferenziale e il livello di seniority.
Ora hai la tua Job Description. Questo passaggio è fondamentale anche se deciderai di non stilare un’inserzione, di non pubblicare un annuncio: serve a te come timone e ti aiuterà a rendere più oggettiva la valutazione.
Il colloquio di lavoro
Salto a piè pari la scrematura dei cv e arrivo ai colloqui, il cuore del processo di valutazione. Inciso: non incontro mai nessuno senza prima aver fatto una telefonata esplorativa. Ma anche questa è una regola aurea che vale in particolare per chi fa il mio lavoro.
Ecco invece alcune indicazioni che possono aiutarti a interpretare la persona che hai davanti, senza pretesa di esaurire tutto o di trasformarti un esperto di valutazione del personale, ma per fornirti alcuni stimoli utili da seguire quando incontri un possibile collaboratore:
- quanto è stato facile o difficile entrare in contatto con questa persona e fissare un incontro? Se è stato difficile senza nessun valido motivo, annota questa cosa. Un indizio da solo non basta a emettere una sentenza, ma è pur sempre un indicatore
- la prima impressione: anche in questo caso non basta per emettere una valutazione ma ognuno di noi ha un sistema di percezione che si attiva immediatamente quando entra in contatto con qualcuno. Chiamalo istinto, sesto senso, pancia, chimica o quello che vuoi ma la prima impressione è quella che ti fai prima di usare i filtri che ti serviranno per valutare con obiettività e non è da scartare dal processo. Registrala e mettila da una parte. Non fare in modo che diventi a sua volta un filtro che ti condiziona, deve servirti come indizio.
Entriamo adesso nel vivo del colloquio. Stai facendo delle domande per sondare la presenza delle competenze e caratteristiche che ritieni importanti e lui o lei ti sta raccontando le sue esperienze, scelte, mansioni, ecc…
Se non capisci non è un problema tuo
Se non capisci in cosa consiste il lavoro della persona che stai intervistando, è molto probabile che il problema non sia tuo. Lo dico con altre parole: la capacità di una persona di raccontare il proprio lavoro facendo in modo che chiunque lo capisca, anche chi non è del suo settore, è un segnale molto positivo. Se così non è, io inizio a farmi qualche domanda.
Qualcosa che non so
Stai ascoltando e senti che qualcosa non ti convince nella persona che hai davanti ma non sai cosa sia, niente paura, è possibile che in chi ti sta parlando vi sia un contrasto tra comunicazione verbale e comunicazione non verbale: quando una persona racconta qualcosa di cui non è convinta o che non sente davvero, il suo corpo la tradisce. Sono aspetti molto sottili da registrare, la sensazione è che ci sia qualcosa di indefinito che non ti quadra: solitamente questa distonia è un altro segnale di allerta.
Plurale maiestatis?
Incontro persone che per raccontare il loro lavoro continuano a dire “noi”: noi abbiamo fatto, noi abbiamo realizzato, noi abbiamo analizzato… Se capita anche a te ti suggerisco di chiedere cosa significa questo “noi” e di fare il possibile perché la persona sia più specifica raccontando qual era il suo compito, la sua responsabilità e il suo livello di autonomia.
Tra sintesi e dettaglio
Non c’è niente di male a essere prolissi o concisi, sono entrambe delle possibili doti, dipende dal contesto. Ciò che deve insospettirti è se, alla richiesta di essere più conciso o più dettagliato, la persona che hai davanti non riesce a adattarsi alla tua richiesta. L’intelligenza contestuale è quella che ci permette di riconoscere il contesto e di adattarci in modo strategico, ed è un requisito prezioso a prescindere dall’indole introversa o estroversa.
I micro aspetti da osservare (non sono le micro espressioni facciali)
- Quando gli o le parli ti segue?
- Ti ascolta o ti interrompe?
- È in grado di rielaborare la descrizione del ruolo che ha ascoltato da te? Ti consiglio sempre di fare questo passaggio per capire cosa ha capito e cosa si aspetta, il feedback è spesso un indicatore ricco di informazioni
- Hobby e interessi sono un indicatore utile, non tanto delle competenze ma del tipo di persona che hai davanti: non sono la verità ma indizi che contribuiscono a definirla
- La consapevolezza di sé si misura nella capacità di passare da argomenti lavorativi alla descrizione di sé: l’autocritica è il passaggio più rivelatore
- Per provare a sondare le aspirazioni in modo indiretto, una domanda utile è: se avessi tempo e budget illimitati e domani tu potessi formarti, studiare, approfondire delle tematiche, su cosa ti orienteresti?
Le interviste
Costruisci una scaletta dell’intervista per ricordare di toccare tutti i punti che ti interessano. Anch’io, dopo quasi vent’anni, ogni tanto mi segno le domande che devo fare anche se preferisco sempre trasformare il colloquio in una conversazione più che in un interrogatorio. Inoltre, creare una griglia di domande tutte uguali e ripeterla con tutti ti può aiutare a fare una valutazione comparativa se nella selezione sono coinvolti più candidati.
Le referenze
Tema caldo e controverso, ma provo a darti il mio punto di vista: credo nella trasparenza e nella fiducia. È su questi pilastri che provo a costruire ogni relazione professionale. Ogni tanto ricevo qualche fregatura ma non demordo.
Se devo raccogliere referenze provo a usare i social, ricerco indicatori su LinkedIn, mi faccio mandare una busta paga (carta canta) ma preferisco non dover chiamare datori di lavoro precedenti.
Piuttosto, punto a mettere sempre le carte in tavola e a chiedere lo stesso a chi ho davanti.
Da diversi anni ho adottato un mio modo per affrontare il colloquio: prima di fare le domande anticipo i contenuti della selezione. Insomma espongo io per prima il fianco. Ho notato che questo atteggiamento aiuta il candidato a sentirsi a proprio agio e crea le condizioni migliori per una collaborazione trasparente.
Valutare i clienti
Quando dobbiamo valutare un cliente, il discorso un po’ cambia. Molte di noi, magari tu stessa, pensiamo: “Altro che scegliere i clienti, sarebbe già tanto fossero loro a scegliere me!”
Qualsiasi freelance ha avuto almeno una volta nella propria vita professionale questa paura: quella di dire di no a un cliente. In molte però, sono sicura, hanno superato questo stadio primordiale per approdare alla consapevolezza che lavorare per Tizio non è come lavorare per Caio e che a un certo punto non vale la penadi dire di sì a tutti.
Cosa è utile osservare quando si valuta un cliente?
- Le sue aspettative: chiarire non solo cosa si aspetta da te ma anche come. In che tempi, con che modalità di comunicazione: ti scriverà su WhatsApp di domenica mattina? Pretenderà delle risposte in 6, 12, o 24 ore? Riuscirai a intercettarlo o ti sfuggirà perché èsei sempre in viaggio? Come sempre, non c’è giusto o sbagliato, ma è importante trovare un accordo ed esplicitare le modalità di lavoro in anticipo
- Chi sarà il tuo interlocutore, soprattutto se il cliente è un’azienda. Con chi lavorerai davvero?
- La pancia non mente: il feeling è qualcosa difficile da inquadrare dentro a una definizione stabile ma è qualcosa che devi allenarti ad ascoltare. E devi fidarti di te.
Infine, un consiglio che probabilmente hai già sentito: quando vogliamo conquistare un cliente, siamo sempre preoccupate di presentarci, raccontare, convincere, rassicurare, spiegare, ma la cosa più importante da fare per capire chi abbiamo di fronte è ascoltare!
E fare domande.
- Perché hai scelto di incontrare me?
- Perché pensi di aver bisogno del mio contributo?
- Hai già lavorato con qualcuno che faceva il mio lavoro? Non ti interessa sapere chi ma se c’è un pregresso.
- Cosa hai apprezzato di quell’esperienza?
- Cosa invece non ti ha convinto?
- Cosa reputi essenziale perché la nostra collaborazione funzioni?
Le sue risposte ti aiuteranno a capire le sue aspettative. Se oltre ad ascoltare lui ascolterai anche te, sentirai sintonia o distonia. Prendi questo sentire e valutalo in funzione dei tuoi obiettivi, dei tuoi valori e delle tue possibilità. A questo punto decidi cosa fare.
Sbaglierai!
Te lo anticipo e quindi mettilo in conto. Sbaglierai con i collaboratori e con i clienti. Sbaglio anch’io. Sbagliano tutti, fidati. È così, perché abbiamo a che fare con una materia molto complessa: l’uomo.
Ma dagli sbagli si impara e ci si affina, dagli sbagli ci si conosce meglio e ci si chiarisce, a volte sbagliare a scegliere qualcuno ci rende più consapevoli di cosa è importante per noi. Nel confronto con gli altri si cresce.
Ma credimi, sarà bello affinare questa nuova capacità che si nutre da una parte di tecnica e dall’altra di tanta intelligenza emotiva, importante per entrare in contatto con gli altri.