L’angolo del freelance femminista. Intervista a Valeria Viola

Trump ha vinto le elezioni. E io l’ho presa male.
Ho frignato un po’, tanto.
Ho frignato ancora di più quando Hillary Clinton ha detto che non finisce qui, che lei ci ha provato. Che ora tocca a noi provarci. Poi ho smesso di frignare e l’ho presa in parola, che come dice un tweet ancora attuale, 1 donna ogni 3 giorni in Italia muore uccisa da un uomo che conosce.
Allora ho pensato che una rubrica con la parola femminista nel titolo ci stava e miss Marano è stata subito d’accordo. Ecco l’angolo del freelance femminista, una rubrica che ci tiene a parlare di femminismo con maschi e femmine, freelance e non. Una rubrica rispettosa nei toni e nei modi, fatta della solita intervista a persone diverse. Una rubrica che si chiede, come spiega bene la giornalista inglese Caitlin Moran, come si fa a essere donne e a dire “non sono femminista” e anche – aggiungo – come si fa a essere uomo e a dire “non sono femminista”? Questa rubrica ci vede tutti come esseri umani, che la parità di genere è un problema di tutti, per diventare come ha detto meglio di me l’attrice inglese Emma Watson “la versione più vera e completa di noi stessi”.

Oggi intervistiamo Valeria Viola

Descriviti in 100 parole.
Mi chiamo Valeria Viola e mi occupo di relazioni istituzionali e affari regolatori per aziende farmaceutiche, con particolare riferimento alle multinazionali medie e piccole e alle start up. Sono una donna molto curiosa, incapace di entrare in categorie, sono una lettrice compulsiva di libri, dati, liste, numeri, normative; ho una mente razionale capace di sintetizzare, fare ordine nel caos e fare sintesi, ma ho una formazione umanistica che restituisce struttura – in senso saussuriano – e complessità. Non credo negli oroscopi ma in quello che facciamo ogni giorno. Classe 1980, una figlia del 2010, mi piace andare a cena fuori, porto gli occhiali da una vita, mi definisco femminista pop ed ora ti racconto anche perché.

Cosa significa per te femminismo? Quanto pensi c’entri il sesso, i peli, i lavori domestici, i commenti sul fisico?
Premetto che ho una storia di militanza in un collettivo di femministe di diversi anni. Dure e pure. Ovviamente io ero quella più naive che mediava tra le posizioni più radicali a quelle più comprensibili alle più. Conducevo una trasmissione radiofonica che si chiamava “Spirito di patata” in cui si discuteva del ruolo delle donne nei media. E di quanto non ci fosse nulla da ridere. Quindi cosa è per me il femminismo? È la possibilità di una donna di autodeterminarsi – questo è un termine molto vetero ma molto puntuale -, di poter decidere dove andare, come vestire, se depilarsi o meno, se diventare madre o no, con chi fare sesso e quando e tante altre cose. Essere femminista significa lasciare libere le donne di esercitare potere su se stesse, in famiglia, nella comunità, nelle aziende, nelle istituzioni. Per essere libere di scegliere ci vogliono politiche che sostengano i diritti delle donne e che accelerino dei processi culturali ancora fermi al palo. Per essere libere di scegliere bisogna promuovere una cultura femminista. Il femminismo è questo e molto altro, non credo di essere stata esaustiva. Posso però dirti cosa significa essere femminista per me, è avere questi “occhiali viola” che fanno da filtro nella percezione del mio vissuto e di quello che mi gira intorno.

Ti è mai capitato di essere discriminata sul lavoro o a scuola per via del genere?
Sul lavoro sì. Ed è una bruttissima storia. Oggi sono una consulente e sono felice della mia situazione anche perché nel mio ambito ci sono molte donne professioniste.

Nel tuo quotidiano paghi uno scotto personale per via del genere?
Nel mio quotidiano no, ma mi rendo conto che è un’echo chamber, mi sono circondata di persone “OK” e ho imparato a difendermi.

Ti è mai capitato di essere l’unica donna nel posto di lavoro?
No, ma spesso sono l’unica donna che prende la parola. E ti giuro che lo faccio con tanta fatica, mi impongo quasi, ma non è possibile che se in una platea ci sono 100 persone di cui 97 donne e 3 uomini quelli sicuro prendono parola, ma se succede il contrario questo non accade. Ci hai mai fatto caso?

Quali pensi siano i tuoi limiti in quanto donna? Che cosa potrebbe aiutarti a migliorare il tuo lavoro?
Io non so parlare bene davanti a un grande pubblico: sudo, parlo veloce e non riesco a modulare consapevolmente la costruzione di quello che ho in testa. Credo che sia un limite del mio essere donna, non perché le donne non sappiano parlare in pubblico per natura, ma per cultura, non siamo state educate, abituate a farlo. Ci hanno insegnato a non esporci troppo pubblicamente, a non essere “vocal”, abbiamo interiorizzato una cultura patriarcale – io poi mi sono fatta tutte le scuole dell’obbligo dalle suore – e il public speaking è – simbolicamente e non – il palcoscenico dove dovrei/dovremmo esprimere a pieno il mio/nostro valore.

Che tipo di sostegno ci vuole per raggiungere la tua passione, il tuo sogno, che cosa farebbe davvero la differenza?
Il mio sogno io l’ho già raggiunto, sono una donna serena nel pieno delle sue passioni. Sono anche molto ambiziosa e ho un ampio margine di miglioramento, ma mi sento realizzata. Ho avuto una famiglia che mi ha trattato al pari di un maschio. Non ho fratelli maschi, quindi non so come si sarebbero comportati con un eventuale figlio, ma a me hanno fatto fare di tutto: tagliarmi i capelli a zero quando avevo 6 anni, andare in vacanza da sola a partire dai 13 anni con libertà progressive, mi hanno fatto studiare quello che volevo e sbagliare quando volevo. Idem con il mio compagno di vita, ho la libertà di andare lontano e di poter esprimere al 100% me stessa. Qui ho parlato del mio personale, ovviamente ci vogliono anche delle politiche a sostegno delle donne e delle pari opportunità altrimenti posso avere la libertà che voglio, ma girerò intorno a me stessa mentre i miei colleghi uomini andranno avanti, molto avanti.

Quanto pensi influisca la politica nel femminile o sulle minoranze? Ci pensi mai quando vai a votare?
Se ci fossero delle politiche di pari opportunità e di sostegno per i diritti delle donne non avremmo solo un mondo più equo, ma anche più ricco e in pace quindi influisce tanto e su tutti. Per questo, generalmente voto donne.

C’è un libro, un gesto, una persona che con le sue parole, o con il suo atteggiamento ti ha ispirato? Qualcosa che ti ha influenzato positivamente anche solo facendoti riflettere in proposito? Ce ne parli?
Non ho nessun mito. Ho difficoltà a rispondere a questa domanda. Non riesco a pensare a donne famose, che non conosco e pensarle uguali a me. Io ho le mie amiche che mi ispirano, che mi influenzano positivamente, che mi consigliano libri e stili di vita.

Come sono divisi i compiti a casa tua? Come concili il tempo dedicato al lavoro, con quello dedicato alle persone che ami? Sono cambiate le cose rispetto alla tua famiglia d’origine: come erano divisi i compiti tra i tuoi genitori?
Mia madre è una casalinga, ha supportato e sopportato la carriera di mio padre al 100%. Gli comprava pure i vestiti. Oggi è una giovane vedova e vive le difficoltà delle sue rinunce. Io lavoro e mi realizzo molto attraverso di esso, faccio poco e nulla a casa, però non sporco 🙂 ma tra una telefonata e l’altra riesco a mandare lavatrici, stenderle e rifare i letti, ma fa altrettanto mio marito. Io però non cucino mai e non perché non sia capace ma perché non mi va. La genitorialità è completamente condivisa e ho una famiglia allargata e una comunità di vicinato che mi aiuta molto.

Sapevi che l’associazione tra il rosa e il femminino è avvenuta in tempi relativamente recenti e per una scelta arbitraria?
Sì, lo sapevo. È una scelta arbitraria ma è una scelta culturale. Un atto culturale, non naturale. Possiamo cambiare anche quello. Se non sbaglio il rosa è il colore della squadra di calcio del Palermo. Vedessi come si vestono tutti di rosa i veri machi siciliani quando gioca la loro squadra del cuore!

Che idea ti sei fatta rispetto agli stereotipi di genere?
La costruzione degli stereotipi dipende da tutti e comincia subito con l’educazione dei bambini e delle bambine. Certi libri che ci raccontano come un giocattolo o un cartone animato non sono neutri. Sono connotati per farci diventare in un modo o in un altro. Sono molto contenta che i miei genitori mi abbiano regalato in passato “Il grillo parlante”, decine di puzzle, il robot Emilio ed il computer.

In che cosa ci si può impegnare per cambiare le cose? Ci racconti una cosa semplice che possiamo cominciare a fare subito?
Ci sono due cose grandi e strategiche che vanno fatte subito. Più solidarietà tra donne e che questa passi per reti e sostegno di progetti interessanti di empowerment – mi piace tantissimo questa parola in inglese – delle donne nel lavoro e nella gestione della cosa pubblica. E poi trovare buoni alleati. Saper riconoscere e spronare gli uomini ad essere femministi. A loro spetta il confronto tra pari e quel percorso di autocritica, confronto e comprensione del sé che le donne hanno fatto negli anni ‘70.

Simona Sciancalepore

Se mi chiedete che cosa faccio, di solito rispondo scrivo. Scrivo perché Jo March scriveva e anche a me veniva facile. Leggo anche, perché, secondo me, la scrittura la fa chi la legge: è così che contamino la mia. Revisiono tanto. Tante cose non mie, per lavoro. Rileggo, leggo ad alta voce, cancello e riscrivo. Scrivo anche quando non scrivo. Lì partono la musica, le immagini e ovviamente i titoli di coda.

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2 thoughts on “L’angolo del freelance femminista. Intervista a Valeria Viola”

  1. “Ci hanno insegnato a non esporci troppo pubblicamente, a non essere “vocal”, abbiamo interiorizzato una cultura patriarcale” per fortuna non per tutti è così… avrei scritto “mi hanno insegnato” o “ad alcune di noi” non continuare con stereotipi. Sospetto sia più un problema di attitudine personale che di “obbligo” imposto da qualcuno. Personalmente mai avuti problemi del genere e non faccio parte di nessuna “élite”

    • Già che scrivi non è per tutti e non per tutte significa che hai interiorizzato un maschile che non mi appartiene. Non vedo tutte queste public speaker e ho anche dati alla mano.

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