Mentre arranchi verso l’asilo con due bimbe riottose, ti accorgi di essere veramente in ritardo. Quel tanto che basta a sostenere la tesi della primogenita: “Siamo sempre in ritardo”.
Ci sono solo due posti liberi per le auto. I nonni di Giacomino han posteggiato perfettamente a cavallo del loro e del tuo. Vai 50 metri più in là. Corri, ti maledici per esserti alzata tardi, per aver fatto mangiare le bimbe “con l’imbuto” e per essere molto vicino a dare una risposta maleducata alla nonna che cinguetta: “Ah, ma son solo le nove. Pensavo fosse più tardi…”
Alle nove i bimbi dovrebbero già iniziare la giornata scolastica. Te lo han detto le maestre il primo giorno di scuola. Di tre anni fa.
Torni a casa e trovi quella mail importante. La data della riunione casca proprio in quel giorno un po’ (troppo) ricco di impegni. Ad un orario che ti costringerebbe a rinunciare a due degli impegni presi precedentemente.
Scegliendo i termini più educati, scrivi chiedendo un lieve spostamento dell’orario, che ti permetterebbe di rinunciare ad un solo appuntamento già preso. Risposta: “Non si può”.
Compratevi due vocali e due consonanti per confezionarmi una risposta un po’ meno maleducata.
Incassi il colpo e cominci a lavorare. Driiin. Il telefono. Uno dei tuoi clienti si è dimenticato che anche tu hai una vita e una famiglia e vuole, anzi VUOLE, che la consegna delle 120 porcellane decorate a mano, venga anticipata a lunedì. “Così hai, IN PIÙ, tutto il weekend per lavorarci.” Ah, sì… il weekend. Quello in cui ti martellerà di mail e messaggi, come se fosse un qualsiasi altro giorno della settimana.
Questo weekend tu hai quella fiera di settore che capita una volta all’anno. Ad una distanza pari al giro intorno al sole. A spese tue. Spese? Ecco… ti vengono giusto in mente quei tre clienti che non trovano irrispettoso pagarti a 365 giorni. Se non onoreranno il debito prima di subito, tu non potrai partire. Dicono sia volgare parlar di soldi, ma quando si tratta di quelli che ti spettano, chiudi un occhio e ti fai avanti. A costo di sembrare tu quella maleducata. Segue quindi una telefonata di recupero crediti in cui, ancora una volta, constati quanto sia difficile farsi pagare e quanto il tuo lavoro, soprattutto se artigianale, da un lato venga richiesto ma dall’altro sminuito, considerandolo una cosa che “Ma sì, possono farlo tutti, che ci vuole.”
Archiviata la rovente telefonata, ricominci a lavorare e… DlinDlon! Il postino. Mal di pancia istantaneo appena scorgi il mittente della lettera in cui ti chiedono 85,84 euro per non aver compilato correttamente il quadro X, alla riga Y di un documento del 2009.
“Se pensa sia errata questa richiesta, lo dimostri portando all’ufficio competente i documenti suoi e di 7 suoi avi consanguinei.”
Hai la certezza di NON aver compilato il modulo incriminato. Perché tu non hai la più pallida idea di come si faccia. E quindi ti sei rivolta al commercialista. Che hai pagato profumatamente. E che ha sbagliato. Ha sbagliato?
Il giorno in cui deciderai di avventurarti presso l’ufficio competente, scoprirai che: “Ah, no signora… dev’esserci stato un errore del terminale. Risulta tutto a posto. Stracci pure la lettera.” Questo è quello che ti dirà l’impiegata alle 12.54, quando ti presenterai da lei dopo aver preso il numero 103 alle 8.38. E aver fatto passare tutte e 103 (?) le persone prima di te, compresa la maleducata che ha saltato la coda.
Per un errore del terminale, tu perderai tutta la mattina. Ma cosa vuoi che sia, nell’era di Internet. Dopo tutto hai ancora tutto il weekend davanti a te. Per lavorare alle tue porcellane.
Già le 16.30? Sei stata interrotta da mille problemi professionali che nulla hanno a che fare materialmente con il lavoro che ti appassiona, che ti fa battere il cuore e ti fa dimenticare l’orologio. Eppure anche quelli fanno parte del gioco. Anche se a volte ti sembra di passare più tempo con loro piuttosto che con il tuo lavoro.
Ora vai a prendere le bimbe a scuola, recupererai il tempo perso stasera… e poi stanotte.
Pallidine, con un po’ di occhiaie sospette. “Bimbe, tutto ok?” Coretto di: “Così così“. Hai già capito come andrà a finire la giornata.
Non esiste sfortuna, in queste giornate. Si tratta di un sofisticato mix di menefreghismo, egoismo, prepotenza e incompetenza con un pizzico di cialtroneria. Altrui.
Ricordi che stamattina, alle 9.05 un compagno di tua figlia ha vomitato sui piedi della maestra? La poveretta, mentre si ripuliva, ha commentato rivolta al bimbo: “Mamma me lo aveva detto che oggi non eri in forma!”
Dietro ad ogni bambino che vomita c’è una famiglia intera che nel giro di 24 ore farà la stessa cosa.
Da stasera, sarà la tua. Una famiglia di freelance!
Mi viene solo da ripetere: “Mamma mia!”.
Un abbraccio a te e a chiunque si riconosca in questa cronaca!
Promuoviamo la terapia dell’abbraccio 🙂 <3
abbracciamoci…
<3
e poi, quando finalmente i figli sono cresciuti ……ti chiedi come hai fatto!
Ah, quindi si sopravvive alla loro crescita? buono a sapersi… 😉
si si, non solo sopravvivi, ma continui a sbatterti tra lavoro casa marito e figli “grandi”…..mamma la camicia bianca che ho una cena, mamma ma i pantaloni blu ancora non sono pronti, mamma lasciami la macchina….e dammi i soldi per la benzina! poi pero’ per fortuna spesso la sera escono, e tu riesci a ritagliarti dei momenti per te…e anche per tuo marito!
Io non ho figli ma ho ugualmente delle giornate maleducate, in cui gli altri sembrano aver fatto una congiura per farmi perdere tempo e in cui metterei da parte molto volentieri l’educazione…sono una delle tante allora! 🙂 Mi piace questo blog, l’ho scoperto oggi e vi seguirò di sicuro!
Grazie Sara! Piacere di conoscerti, benvenuta 🙂