Se anche tu, come me, sei nata in una famiglia per cui l’articolo 1 della Costituzione dovrebbe recitare “L’Italia è una Repubblica fondata sull’iperattività”, probabilmente il tuo mantra interiore, volente o nolente, cosciente o inconscio, assomiglia al famoso detto per cui l’ozio è il padre di tutti i vizi. Riposarsi è una parola che sul dizionario non esiste, non ti provi la febbre dal secondo dopoguerra e quando la voglia di lavorare non ti salta addosso ti senti una reietta, fallita, pigra e inconcludente.
Ci ho preso?
La cosa davvero assurda è che la parola otium, originariamente, era ben lungi dall’avere un’accezione negativa! I Romani, che la sapevano lunga, chiamavano otium il tempo dedicato all’arte, alla filosofia, alla letteratura; uno spazio mentale fondamentale, che loro spesso trascorrevano in campagna e lontani dalle frenesie della politica o del mercato, di cui ogni artista ha bisogno per ricaricare le batterie della creatività. Non si può essere creativi (e produttivi) il 100% del tempo, è un dato di fatto. Anche perché creatività significa rielaborare stimoli e contenuti che provengono (anche) dall’esterno: per questo è importante non smettere di circondarsi di cose belle, leggere libri, frequentare mostre ed eventi, condividere con persone altrettanto creative!
E se anche tu, come me, fai davvero fatica a staccare, vai avanti a oltranza fino a quando non ce la fai più e pensi alla lista dei “to do” che si allunga mentre con un occhio guardi un film e con l’altro sbirci la fan page sul cellulare, ecco qualche semplice consiglio, dal più semplice al più disperato, per riassaporare il gusto di un otium produttivo:
- mangia con le gambe sotto un tavolo, il computer spento, il cellulare in silenzioso. L’ideale sarebbe prepararsi il bento alla maniera giapponese, curandone l’estetica e gli abbinamenti di colore; laggiù preparare da mangiare per qualcuno è considerato un gesto d’amore, che noi dovremmo imparare a dedicare a noi stesse almeno ogni tanto. Lo sapevi che non prestare la giusta attenzione al gesto di nutrirci fa sì che il nostro cervello non lo registri e ci faccia avvertire la fame prima?
- fatti un bagno (o, in mancanza di meglio, una lunga doccia bollente). Questo rito però va eseguito con tutti i crismi: candele profumate (questa è la mia preferita, al momento; si chiama Geisha e ti avvolge di gelsomino e pepe nero), lo scrub per il corpo e nessun cronometro a tenere il conto dei minuti. Se vuoi esagerare, puoi persino provare a visualizzare i pensieri e gli impegni che se ne vanno, trascinati dal getto d’acqua: una mini-meditazione che alleggerisce un po’ la sensazione di essere continuamente braccata;
- immagina di essere un gatto. Nessuno meglio dei felini, almeno in apparenza, sa godersi la vita. Bastano una sedia o una sdraio comoda, o persino un prato, e una giornata di sole primaverile. La tecnica prevede di stiracchiarsi, sbadigliare abbondantemente e abbandonarsi al tepore, senza pensieri. Se la natura non fa troppo per te e i gatti non ti sono simpatici, puoi sempre immaginare di essere un pannello solare: piazzati alla luce e resta a ricaricare i circuiti neuronali finché non ti sembra di aver riacquisito una sufficiente funzionalità!
- datti malata. Sì, lo so, forse può sembrare un consiglio poco politically correct, ma, visto che in questo caso il tuo capo sei tu, non dovrai convincere nessun altro se non la tua immagine allo specchio che proprio non ce la fai a lavorare (e scoprirai che era più facile da dipendente, ahimè…). Del resto, a volte è proprio l’ultima spiaggia: quest’anno, per la prima volta dopo tempo immemore, mi sono concessa il lusso di fare la malata (quale ero, in effetti) e ho passato la giornata tra le coltri, sprofondata in un libro, come non mi capitava dai tempi dell’università. Il tempo meglio impiegato al mondo, dal momento che ne sono riemersa rinvigorita, riposata e con tanti progetti in testa da far partire…
E tu, cosa fai per ritrovare il tempo dell’otium in questo mondo frenetico?
io appena posso mi faccio contagiare dal gatto:
quando arriva, e mi si appisola contro va sempre a finire che ci facciamo una pennichella abbracciati sul divano 😉
Ahahaha, sì i felinotti sono un invito costante a prendere la vita con rilassatezza….
Proprio in questi giorni sto soffrendo della sindrome del sentirsi “pigri, reietti, etc” perchè ho meno voglia del solito di fare le trecentomila cose che faccio di solito..beh..sono andata a riprendermi questo articolo oggi perchè ne avevo proprio bisogno e mi sento un po’ meno in colpa..:D grazie!!!
Quindi ora mi dedicherò ad una bella doccia senza tempi contati e poi a qualche sana lettura..nello specifico Michela Marzano “Avere fiducia”!:)
Bravissima Francesca! Facci sapere com’è andata la tua giornata di recupero 😀