The feeling is mutual

un tè con le tue clienti: sogno o incubo?
un tè con le tue clienti: sogno o incubo?
(immagine tratta da The Graphics Fairy)

Una frase inglese – che uso spesso, soprattutto quando mi fanno complimenti – per dire “la cosa è reciproca”, “lo penso anche io di te”. Consiglio anche a te di usarla, ma in un altro contesto: quando analizzi cosa provi verso le tue clienti, reali e potenziali.

Cosa pensi TU delle tue clienti? Che sensazioni provi nei loro confronti?

Non sto parlando degli estremi: la cliente-amica-colpo di fulmine e nemmeno la client-from-hell (una ce l’abbiamo tutte, ma se sono di più – o la maggioranza – stai sbagliando qualcosa nel tuo brand e nella tua comunicazione). Sto parlando della maggioranza delle tue clienti. Quando ci pensi, cosa provi per loro? Gratitudine? Simpatia? Sincero entusiasmo? Oppure sotto sotto disapprovazione? Ti senti superiore a loro? Pensi che abbiano paura, che non sappiano rischiare, che siano deboli?

Qualunque cosa pensi, ricordati questo: The feeling is mutual.

Quello che pensi delle tue clienti, loro lo pensano di te. Nel bene e nel male.

Se non ami le tue clienti, se non pensi a loro con allegria ed entusiasmo, se non riesci a dire o a scrivere, restando seria “ho le migliori clienti del mondo” (e lo pensi), se ti vergogni di loro, se non vedi l’ora di finire con loro e lasciartele alle spalle… ecco, questo è quello che loro pensano di te.

Come fai a fare in modo di essere sinceramente entusiasta delle tue clienti? Devi fare qualcosa che ti entusiasma: così sarai grata alla persone che hanno bisogno del tuo lavoro e ti permettono di continuare a farlo. E di viverci anche! Non è fantastico?

The feeling is mutual.

Gioia Gottini

Sono una coltivatrice di successi: aiuto le donne a mettere a fuoco i loro talenti, mettersi in proprio e farlo con successo. Potrei parlare per ore (e lo faccio) di: imprenditorialità femminile, individuazione dei propri talenti, branding, gestione del tempo, educazione ad alto contatto, self-help, piccoli piaceri quotidiani.

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8 thoughts on “The feeling is mutual”

  1. Parole Sante!
    E’ proprio vero, il sentimento è reciproco e lo vivo ogni giorno sulla mia pellaccia!
    Organizzo viaggi e, in quanto donna e mamma, sono tendenzialmente apprensiva nei confronti dei miei clienti. Sono sempre attenta perché non manchi nulla, cerco di prevedere ogni singola esigenza, di prevenire anche il più piccolo dei contrattempi. Se potessi li accompagnerei uno ad uno in aeroporto aiutandoli a mettere le valigie sul nastro dei bagagli!
    Proprio ieri sera, tra una mescolata alla zuppa che preparavo per cena e l’inserimento di una pratica nell’analisi del venduto, stavo facendo l’ultima telefonata per avvertire un cliente che i documenti di viaggio erano pronti. Dall’altra parte un attimo di silenzio, poi una frase che non mi sarei mai aspettata da uno dei miei clienti più freddi e burberi: “ma sta ancora lavorando? per oggi basta, si riposi”. Era l’effetto boomerang della mia apprensione che mi tornava indietro.
    The feeling is mutual.
    Con l’occasione volevo fare i complimenti a tutte le ragazze di C+B: brave, state facendo un ottimo lavoro.

    • Partiamo dal fondo ossia dai complimenti: grazie! E C+B non sarebbe lo stesso senza di voi che ci leggete e commentando condividete la vostra esperienza. Quindi grazie a te Manuela: the feeling is mutual ancora una volta!
      E poi: sì, il tuo è un bell’esempio di questo meccanismo spesso inconsapevole: tu ti preoccupi del benessere dei tuoi clienti quasi come una mamma… e loro alla fine fanno lo stesso con te. Anche quelli burberi!
      Immagino che tu ci tenga davvero alla loro tranquillità, e questo “passa” e fa la differenza. Si chiama customer care, e tu lo stai facendo assai bene. Viva!

  2. Hai ragione Gioia, hai proprio toccato una corda sensibile – soprattutto quando consideri il caso in cui “quelle antipatiche sono la maggioranza”. Sto chiudendo il 2013 “licenziando” un paio di loro, e con la promessa per il 2014 di rispettare di più la mia inclinazione verso un cliente ideale. Sarà tutta un’altra storia!

    • Ciao Anna, grazie del tuo commento. Se ne parlo è perché ci sono passata, eh! Soprattutto all’inizio è facile dire sì a tutte (e anche fisiologico, forse). Nel Personal Branding, che è il mio grande amore professionale, si passa molto tempo a individuare il target giusto, non solo per ottimizzare il proprio business, ma anche per lavorare con chi davvero ha bisogno di noi e del nostro modo di fare le cose, e lo apprezza. Ti auguro un 2014 di tè e pasticcini con “quelle simpatiche” sempre più numerose!

  3. L’esperienza che posso condividere con tutte voi è che se il rapporto è uno a uno, professionista-cliente insomma, è anche più facile appianare le divergenze e trovare un punto di incontro nei casi di incomprensione e divergenza di vedute. La cosa cambia, e molto, quando si lavora per gruppi (privati o pubblici che siano) e gli interlocutori non sono solamente il proprio referente diretto, ma un’intero direttivo o team di lavoro. Molto spesso ci si imbatte in situazioni in cui esistono acredini e problemi di convivenza precedenti al nostro arrivo che, inevitabilmente, ricadono sul nostro lavoro. In questi casi non c’è molto da fare se non armarsi di santa pazienza e fare il meglio anche in situazioni in cui, se si potesse, si manderebbero a stendere i 3/4 degli interlocutori. Per fortuna c’è sempre qualcuno, nel mucchio, che si salva e ci permette di lavorare al meglio nonostante tutto. Certo, però, che bagno di tolleranza 🙂

    • Ciao Carlotta, sicuramente i gruppi hanno dinamiche diverse dal rapporto 1 on 1, però anche qui secondo me focalizzare l’attenzione sugli aspetti positivi, da fare crescere, aiuta molto. Quindi, come dici tu, si può dare più spazio a chi ha un atteggiamento costruttivo, lavorare su quello, e fare in modo che il resto del gruppo si metta in scia. Senza pensare di dover risolvere dinamiche preesistenti, ma neanche di doverle subire per forza: anche per gli altri trovare uno spazio protetto e stress-free può essere una benedizione!

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