Ok, lo ammetto: sono una curiosa patologica.
Al bar ascolto affamata le chiacchiere dei vicini di bancone, al ristorante origlio le conversazioni del tavolo accanto al mio, nemmeno tanto velatamente.
Ma ascolto davvero? In realtà sento, capto, rubo pezzi di dialogo, e da quelli mi immagino situazioni, vite, amori e amanti. Tutte cose che in realtà probabilmente non esistono.
Goethe diceva: “Parlare è una necessità, ascoltare è un’arte”.
Eppure, ascoltare davvero è complesso e faticoso. Sì, perché per ascoltare bisogna mettere in standby il proprio pensiero, la propria voce interiore e cercare di capire ciò che ci viene detto. Non a caso si dice “mettersi in ascolto”.
Quando bisogna comunicare per lavoro, quindi, non basta captar pezzi di conversazione. Bisogna ascoltare attentamente, andare oltre, osservare, riconoscere le parole e le sensazioni, gli sguardi, i non detti. Mettersi nei panni dei propri clienti e dare forma alla loro voce, dare anima al loro mestiere, senza favoleggiare o scivolare in una comunicazione zuccherina e sdolcinata.
Ascoltare significa mettere l’altro al centro, con al primo posto della scala delle priorità il fatto che i pareri aiutano ad apprendere e i diversi punti di vista portano arricchimento.
A cosa serve ascoltare?
Nella vita privata, l’ascolto serve a costruire rapporti profondi e sinceri. A entrare in sintonia con le persone con empatia e sospensione di giudizio.
In ambito professionale, si rivela prezioso perché aiuta a comprendere le necessità e i desideri dei nostri clienti, a cogliere i valori che vogliono trasmettere, le parole che appartengono al loro mestiere, al loro vissuto.
Senza ascolto vero, non ci può essere comunicazione vera ed efficace.
Qualche esempio
Di terra
Rosa e Francesco hanno un’azienda agricola in Monferrato. Vogliono rinfrescare la loro comunicazione: una sforbiciata ai testi del sito, una nuova impostazione ai social.
La storia della loro azienda ha radici lontane, che affondano nelle terre che coltivano e nel vino che producono da oltre cent’anni. Faticano a capire che non possono raccontare quei cento anni nel sito, anche se sono ricchissimi di aneddoti incredibili.
Ascoltarli significa ascoltare le storia di quei cento anni e poi estrarre ciò che conta. Significa camminare con loro per le vigne di Grignolino, Barbera, Pinot Nero, Chardonnay, con i piedi che affondano nella terra e scivolano dove il sentiero è ripido.
Cogliere le parole che usano più spesso e annotarle, per raccontare il loro lavoro: l’attenzione all’ambiente, alle persone che lavorano con loro giorno dopo giorno, l’amore per il lavoro, la conoscenza del tempo e delle stagioni. Piccoli dettagli che, messi assieme, costruiranno la storia di questa azienda.
Osservare le mani di Francesco, il movimento del polso quando stacca un grappolo d’uva e ce lo porge, da assaggiare.
Ascoltare significa scavare, fare domande e poi ancora domande, mentre beviamo un bicchiere di vino accompagnato da una fetta di salame, e capire da Rosa che è bellissimo lavorare la terra, produrre vino, ma è anche una gran fatica.
Non si molla mai, non c’è vacanza, non c’è riposo e le variabili legate al tempo e all’ambiente sono sempre tante e in agguato.
Ascoltare significa andare oltre, tirare fuori il sapore e il profumo del loro vino e delle rose che stanno alla base di ogni filare, l’odore della terra grassa e generosa, la storia di una famiglia che si intreccia con il territorio e con la storia dell’Italia.
Senza dimenticare che lo scopo di quella comunicazione è vendere il loro vino, in Italia e all’estero.
Di gioie
Uli e Anna hanno un laboratorio orafo in un magnifico palazzo storico. I loro gioielli sono piccole architetture che coniugano la passione per il design e la meccanica tedesca, paese d’origine di Uli, con l’amore per l’arte di Anna.
Vogliono raccontare con nuovi testi il loro prezioso lavoro.
Poche parole e tanta artigianalità per un luogo che è officina e negozio, un sapere che è sperimentazione e progettazione di un gioiello su misura.
Le loro parole sono rare, escono come gemme, una alla volta.
L’ascolto, quando le parole sono poche, deve passare per l’osservazione. Ascoltare significa capire, farsi guidare con domande mirate alla scoperta dei materiali e delle gemme, da quelli preziosi (oro, platino, argento, diamante, smeraldi, zaffiri, acquamarina) a quelli poveri (legno, pietre, vetro, acciaio), attraverso le fasi di ideazione, progettazione e realizzazione del gioiello.
E attraverso i gioielli, addentrarsi nel sapere di Anna e Uli, nella storia di cinque generazioni di orafi, in un’arte che parte dal passato e guarda al futuro.
La terra e il vino hanno odori e sapori. I gioielli e le pietre preziose hanno luci e forme, sfaccettature e geometrie.
Grazie all’ascolto attento, alla curiosità, alla voglia di capire e scoprire cose nuove, mestieri e saperi, la comunicazione diventa un arco carico di frecce che arrivano là dove devono arrivare.