Si chiama influencer marketing – che è un bel parolone che fa tanto economia 2.0 – ma in fin dei conti è marketing per passaparola e, a dispetto di quanto si creda, è alla portata anche di piccoli brand e artigiani che si stanno comunicando online e che hanno voglia di crescere.
Anni di merendine mosce e deludenti, uscite da confezioni con immagini gaudenti e lascive ci hanno insegnato a diffidare della pubblicità a marchio, a farci un sacco di domande e a prendere molto poco sul serio anche i classici testimonial da spot. Se a consigliarci di acquistare questo o quel prodotto è invece un’amica tutto cambia, la fiducia in chi ci dà un consiglio fuga ogni dubbio e ci spinge a strisciare il bancomat e la carta di credito più volentieri.
È su questo modello che mette radici l’idea, sempre più diffusa tra le grandi aziende, di affidare una parte della comunicazione di un prodotto a uno o più influencer.
Chi sono gli influencer
Gli influencer, creature chiacchierate che popolano e animano le grandi community Instagram (e non solo), sono persone che, per una serie di circostanze o talenti, sono riuscite a circondarsi di un pubblico numeroso e godono di grande considerazione all’interno del loro settore, tanto da riuscire a influenzare – appunto – le abitudini di vita e di acquisto dei loro follower. Alle aziende con cui collaborano, forniscono una pubblicità mirata e quindi potenzialmente più efficace.
Cosa fa un influencer?
A seconda del settore e delle competenze di ciascuno, un influencer crea contenuti da pubblicare su Instagram e su altri canali social per raccontare la propria esperienza con uno specifico prodotto e consigliarne l’acquisto alla sua community.
I contenuti creati – fotografie, video e testi, soprattutto – hanno un costo che dipende dall’ampiezza della fanbase, dalla qualità dei contenuti prodotti, dalla quantità di pubblicazioni e dalla risposta del pubblico stesso.
In buona sostanza gli influencer vengono pagati dalle aziende per fare post e stories su Instagram e per convincere il loro pubblico ad acquistare determinati prodotti.
Come si sceglie un influencer?
Ma allora perché il pubblico dovrebbe fidarsi di un influencer pagato per dire certe cose?
L’idea è che un influencer conosca il proprio pubblico e sia in grado di selezionare le aziende con cui collaborare, i prodotti da sponsorizzare, e il modo per farlo tenendo conto del rapporto costruito con la community e in modo da non perdere credibilità.
Un buon influencer non è solo qualcuno con tanti numeri da esibire ma anche con una buona reputazione e capacità di relazionarsi con la community creata. Non si tratta solo di esporsi al maggior numero di persone ma di esporsi di più e con la maggiore credibilità possibile.
Piccoli influencer per piccoli brand
Una grande azienda, con una identità solida sul mercato e grandi possibilità di spesa di solito spara un po’ nel mucchio e – più o meno a ragione – le grandi campagne di influencer marketing puntano più a far parlare di un certo prodotto che a renderlo credibile.
Un piccolo brand difficilmente si può permettere questi investimenti, ma un budget ridotto e ben speso può portare comunque a risultati ottimi. Se il cachet della Ferragni va ben oltre il nostro fatturato mensile, un micro-influencer ben posizionato nel suo settore di interesse, con fanbase ridotta (di solito sotto i 10k) ma molto attiva e molto fidelizzata potrebbe essere un alleato prezioso e un ottimo investimento da inserire nel prossimo business plan.
Non è solo un rapporto professionale
Un volta individuato un influencer che ci sembri in linea con il racconto che intendiamo costruire, mettiamoci in contatto, spiegando con precisione che tipo di obiettivo abbiamo (cosa vogliamo raccontare, con quanti post, quante stories, con quale frequenza) e quali sono i valori del nostro brand, in modo che possa valutare se sono in linea con quelli del suo pubblico.
Nella scelta consideriamo il numero di follower e di like ai post, la qualità dei contenuti che realizza e qualche insight specifico (per esempio la reach media di post e stories) ma teniamo in considerazione anche la sua personalità e il modo in cui si presenta online. È polemico? È aggressivo? Usa espressioni volgari? Si lamenta di continuo? Dice di sì a tutti? La sua voce diventerà la nostra voce, la sua faccia la nostra.
Una volta decisa la collaborazione e concordato un compenso diamo indicazioni chiare ma scegliamo anche una persona che ci ispiri fiducia, in modo da potergli lasciare abbastanza spazio per parlare di noi alla sua community senza che niente sembri o sia forzato.
Chiediamo infine conto dei risultati ottenuti per avere un quadro più chiaro del ritorno sull’investimento. Aspettiamoci qualcosa di realistico. Nessuno – neanche un influencer da milioni di follower – può darci certezze di vendita ma può aggiungere valore a ciò che facciamo, allargare l’orizzonte del nostro brand e farci arrivare a un pubblico che, altrimenti, non ci avrebbe mai preso in considerazione creando un effetto tipo “sasso nell’acqua”.