L’angolo del freelance femminista. Intervista a Alessia Aleo

Trump ha vinto le elezioni. E io l’ho presa male.
Ho frignato un po’, tanto.
Ho frignato ancora di più quando Hillary Clinton ha detto che non finisce qui, che lei ci ha provato. Che ora tocca a noi provarci. Poi ho smesso di frignare e l’ho presa in parola, che come dice un tweet ancora attuale, 1 donna ogni 3 giorni in Italia muore uccisa da un uomo che conosce.
Allora ho pensato che una rubrica con la parola femminista nel titolo ci stava e miss Marano è stata subito d’accordo. Ecco l’angolo del freelance femminista, una rubrica che ci tiene a parlare di femminismo con maschi e femmine, freelance e non. Una rubrica rispettosa nei toni e nei modi, fatta della solita intervista a persone diverse. Una rubrica che si chiede, come spiega bene la giornalista inglese Caitlin Moran, come si fa a essere donne e a dire “non sono femminista” e anche – aggiungo – come si fa a essere uomo e a dire “non sono femminista”? Questa rubrica ci vede tutti come esseri umani, che la parità di genere è un problema di tutti, per diventare come ha detto meglio di me l’attrice inglese Emma Watson “la versione più vera e completa di noi stessi”.

Oggi intervistiamo Alessia Aleo

Descriviti.

Donna affetta da isolitudine e momentamente in terra capitolina, giornalista pubblicista (per passione sfrenata!), account executive per un’azienda di comunicazione istituzionale, nipote, figlia, sorella… anche di un gatto (perché la famiglia è importante!) compagna di Paolo, amante dei viaggi e della moda, blogger e trentenne (da poco, pochissimo!). Descriversi è sempre la parte più difficile.

Cosa significa per te femminismo? Quanto pensi c’entri il sesso, i peli, i lavori domestici, i commenti sul fisico?
Il femminismo è per me emancipazione, un lento percorso evolutivo che parte però da un presupposto ontologico sbagliato che pone uomo e donna come posti su due livelli differenti. La donna invece è uguale all’uomo. Oggi ci ritroviamo, ancora, a parlare di femminismo e a rivendicare i nostri diritti perché uomini possenti e aitanti possono permettersi di sentirsi superiori; credo sia stata la forza fisica nella notte dei tempi a far nascere questo gioco di poteri il cui eco arriva sino ai giorni nostri.

Sono siciliana e posso parlare della realtà che conosco meglio, ma non penso che sia così diversa dalle altre regioni italiane, drizzate bene le orecchie: ci sono ancora donne che non possono andare a lavorare perché il marito non vuole. Bisogna ripartire da zero con una sana educazione sul genere e la fisicità.

Ti è mai capitato di essere discriminata sul lavoro o a scuola per via del genere?

Discriminazione è una parola grossa. Fortunatamente non mi è mai toccato il ruolo da protagonista.

Nel tuo quotidiano paghi uno scotto personale per via del genere?

In modo latente siamo tutte figlie di questa contemporaneità sopita che sembra aver dimenticato gli anni ’60. Siamo autoironiche e abbiamo cercato di educare alla “diversità” gli uomini che ci stanno accanto. Non pago uno scotto personale, ma sorrido tanto.
Giusto ieri abbiamo vissuto un episodio degno di nota in ufficio che mi sembra doveroso raccontare per sottolineare quanto sia in realtà ancora forte lo stereotipo di genere.
Durante una conversazione telefonica un impiegato di una pubblica amministrazione esordisce con “Lei ha ragione, è che voi femminucce siete dure a comprendere!”
“Prego?”, chiede la collega dall’altro capo del telefono.
“No, non mi riferisco a lei, mi scusi, ma alla mia collega qui, che in quanto femminuccia è dura a capire che deve fare una cosa a tempo debito”.

Ti è mai capitato di essere l’unica donna nel posto di lavoro?
Qualche anno addietro mi capitò di essere l’unica donna durante la cura di una campagna elettorale. Spero che un giorno una notizia simile possa essere definita una “non notizia”.

Quali pensi siano i tuoi limiti in quanto donna? Che cosa potrebbe aiutarti a migliorare il tuo lavoro?
Inconsapevolmente a volte possiamo essere influenzate nelle nostre scelte dai pregiudizi dettati dalla società e non riusciamo quindi a capire che ci stiamo auto-ponendo un limite. All’alba dei trent’anni credo che il limite più grande sia quello che noi stesse ci poniamo. Dobbiamo essere più coraggiose: dire ciò che pensiamo, non aver timore di far valere le nostre opinioni, desiderare di far carriera senza provare vergogna. Sicuramente potrebbe aiutare il mio lavoro avere più garanzie, ma l’Italia per raggiungere i modelli del Nord Europa è ancora (ahimè!) lontana.

Che tipo di sostegno ci vuole per raggiungere la tua passione, il tuo sogno, che cosa farebbe davvero la differenza?
La meritocrazia, indipendentemente dal genere, non è così scontata come possa sembrare.

Quanto pensi influisca la politica nel femminile o sulle minoranze? Ci pensi mai quando vai a votare?
Tantissimo! Trovo inconcepibile l’istigazione all’odio che quotidianamente viene perpetrata da alcuni dei nostri rappresentanti politici. Bisognerebbe creare un percorso di sensibilizzazione e non assecondare gli urlatori del momento. Al di là della mia opinione politica, nervo scoperto, è veramente assurdo che ci possano essere elettori che condividano linee di pensiero violente. Gli estremismi, travestiti da populisti, non sono mai una buona idea, figurarsi un buon modo di vivere.

C’è un libro, un gesto, una persona che con le sue parole, o con il suo atteggiamento ti ha ispirato? Qualcosa che ti ha influenzato positivamente anche solo facendoti riflettere in proposito? Ce ne parli?
I miei studi classici e le lauree in storia e filosofia sono alla base di ciò che sono diventata. Attingo, inconsciamente, alla mitologia greca e devo ringraziare sicuramente il mio professore di Latino e Greco del liceo che con le sue spiegazioni fuori dai cliché è riuscito a realizzare delle vere e proprie versioni in prosa della vita. I miti ginocentrici neutralizzano le caratteristiche negative che la mitologia patriarcale aveva attribuito alla donna. Mi è venuta voglia rispolverare i vecchi classici, forse tutti dovremmo tornare a leggere i classici ellenici…

Come sono divisi i compiti a casa tua? Come concili il tempo dedicato al lavoro, con quello dedicato alle persone che ami? Sono cambiate le cose rispetto alla tua famiglia d’origine: come erano divisi i compiti tra i tuoi genitori?
Nella mia famiglia d’origine non abbiamo mai vissuto la netta divisione dei ruoli e la lista delle mansioni da svolgere è divisa fra mamma e papà. Adesso convivo con Paolo a Roma, trascorriamo molto tempo fuori casa per lavoro e non abbiamo mai diviso i compiti. Scusate devo andare a mescolare il risotto! No scherzo, sta cucinando lui. Credo sia importante capire le priorità dell’altro in qualsiasi tipo di rapporto. Rispetto a vivere con mamma e papà è cambiato l’approccio alle comodità: a casa sono sempre figlia, qui gioco ad armi pari 😉

Sapevi che l’associazione tra il rosa e il femminino è avvenuta in tempi relativamente recenti e per una scelta arbitraria? Che idea ti sei fatta/o rispetto agli stereotipi di genere?
Non immaginavo che l’associazione di colori fosse così recente. Mettere delle etichette è rassicurante, agevola la lettura e fa comprendere parzialmente cosa c’è dietro…

Gli stereotipi sono all’ordine del giorno, quelli di genere sono sul podio, incontrastati: la bionda è stupida, la scrittrice di moda è stupida, la femmina è stupida… e in ordine inverso ho deciso di farmi bionda, scrivere di moda e nascere femmina.

In che cosa ci si può impegnare per cambiare le cose? Ci racconti una cosa semplice che possiamo cominciare a fare subito?
Cambiare le cose è facile, basta volerlo.
Comincerei dalla lotta contro il sessismo perché chi offende le donne offende anche se stesso. Trovo lodevole il percorso intrapreso del Presidente della Camera, Laura Boldrini, “un Paese che non favorisce il lavoro per le donne è un Paese che non ha a cuore la propria ripresa”. La signora Christine Lagarde (dg del Fondo monetario internazionale, ndr) ha parlato di una cospirazione ai danni delle donne che poi colpisce l’economia stessa dei Paesi, perché è molto miope non favorire la partecipazione femminile nel mondo del lavoro. Tutto si tiene e tutti si lega”.
Dobbiamo essere noi stesse il cambiamento che vogliamo.

Simona Sciancalepore

Se mi chiedete che cosa faccio, di solito rispondo scrivo. Scrivo perché Jo March scriveva e anche a me veniva facile. Leggo anche, perché, secondo me, la scrittura la fa chi la legge: è così che contamino la mia. Revisiono tanto. Tante cose non mie, per lavoro. Rileggo, leggo ad alta voce, cancello e riscrivo. Scrivo anche quando non scrivo. Lì partono la musica, le immagini e ovviamente i titoli di coda.

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