Trump ha vinto le elezioni. E io l’ho presa male.
Ho frignato un po’, tanto.
Ho frignato ancora di più quando Hillary Clinton ha detto che non finisce qui, che lei ci ha provato. Che ora tocca a noi provarci. Poi ho smesso di frignare e l’ho presa in parola, che come dice un tweet ancora attuale, 1 donna ogni 3 giorni in Italia muore uccisa da un uomo che conosce.
Allora ho pensato che una rubrica con la parola femminista nel titolo ci stava e miss Marano è stata subito d’accordo. Ecco l’angolo del freelance femminista, una rubrica che ci tiene a parlare di femminismo con maschi e femmine, freelance e non. Una rubrica rispettosa nei toni e nei modi, fatta della solita intervista a persone diverse. Una rubrica che si chiede, come spiega bene la giornalista inglese Caitlin Moran, come si fa a essere donne e a dire “non sono femminista” e anche – aggiungo – come si fa a essere uomo e a dire “non sono femminista”? Questa rubrica ci vede tutti come esseri umani, che la parità di genere è un problema di tutti, per diventare come ha detto meglio di me l’attrice inglese Emma Watson “la versione più vera e completa di noi stessi”.
Oggi intervistiamo Leonardo De Santi
Descriviti.
Ciao, sono Leonardo, 34 anni, veneto di nascita e milanese di adozione. Mi occupo di marketing per un grande gruppo dell’e-commerce, mentre nel tempo libero amo viaggiare (parlando quando possibile la lingua del posto) e frequentare corsi di improvvisazione teatrale.
Cosa significa per te femminismo? Quanto pensi c’entri il sesso, i peli, i lavori domestici, i commenti sul fisico?
Nella vita di tutti i giorni ho notato talvolta che il termine “femminismo” viene vissuto con connotazioni antagonistiche (donne vs. uomini, e viceversa) che francamente non mi appartengono. Per me, qualsiasi uomo che abbia profondo rispetto per le donne (e per le persone in generale) è di per sé “femminista”. Certamente è un termine che richiama battaglie sacrosante portate avanti negli anni da donne che volevano giustamente veder riconosciuto il proprio ruolo su un piano di parità con gli uomini e molta strada rimane da fare – visti i 120 casi annui di femminicidio in Italia giusto per ricordare la realtà più lampante.
Per me, nel 2017, inquadro il femminismo in una logica di rispetto per l’appunto, più che sotto altre categorie. Se io, uomo, mi rivolgo a un’altra persona con cui non ho particolare confidenza – uomo o donna che sia – con rispetto e non differenzio i miei comportamenti o le mie richieste in base al genere penso di dare un contributo semplice, ma sostanziale, a quella “parità” tanto agognata. In un ambito di intimità e di affettività, invece, la questione è certamente diversa, ma il succo non cambia: prima ancora di parlare di divisione dei lavori domestici, alla base ci sarà il rispetto e l’ascolto della persona con cui si è scelto di vivere.
Ti è mai capitato di essere discriminato sul lavoro o a scuola per via del genere?
Se devo essere sincero, non mi è mai capitato. Per ridere aggiungo che anni fa, al liceo linguistico, in una classe a maggioranza femminile, c’erano alcune compagne ben decise a far valere le proprie opinioni su noi (pochi) maschi! 🙂
Nel tuo quotidiano paghi uno scotto personale per via del genere?
Sinceramente, al momento direi di no.
Ti è mai capitato di essere l’unico uomo sul posto di lavoro?
Sì, mi è capitato di essere l’unico uomo in un ufficio di sole donne in più di un contesto lavorativo. Senza dubbio si tratta di un’esperienza di arricchimento: anche se può sembrare una frase fatta, esiste una sorta di “sensibilità femminile sul lavoro”, un mix di intelligenza, intuito e delicatezza, che sono stato ben contento di aggiungere al mio bagaglio professionale.
Quali pensi siano i tuoi limiti in quanto uomo? Che cosa potrebbe aiutarti a migliorare il tuo lavoro?
A dire il vero non ci ho mai pensato.
Che tipo di sostegno ci vuole per raggiungere la tua passione, il tuo sogno, che cosa farebbe davvero la differenza?
Rispondo a questa domanda ricollegandomi a quanto detto sulla mia personale visione del femminismo. È assolutamente vero che ci sono dei pattern maschili e femminili, ma a mio modo di vedere prima di tutto siamo persone: a un uomo, come a una donna, per raggiungere i propri obiettivi penso sia fondamentale l’appoggio delle persone a cui si è legati affettivamente. Uomini o donne, ognuno con le proprie forze e le proprie fragilità (perché ne hanno sia gli uomini che le donne, indifferentemente) diamo il meglio quando abbiamo qualcuno per cui lottare.
Quanto pensi influisca la politica nel femminile o sulle minoranze? Ci pensi mai quando vai a votare?
Non conosco tutti i provvedimenti di legge esistenti che impattano sul femminile o sulle minoranze, ma osservo i toni con cui la politica si esprime in tal senso. Il modo in cui la donna è trattata nel discorso politico può impattare sulle mie scelte. Cerco quindi di dare il mio appoggio a quelle forze che non hanno fra le proprie file esponenti che adottano toni e comportamenti irrispettosi, che ritengo peraltro anacronistici nel 2017.
C’è un libro, un gesto, una persona che con le sue parole, o con il suo atteggiamento ti ha ispirato? Qualcosa che ti ha influenzato positivamente anche solo facendoti riflettere in proposito? Ce ne parli?
Mi viene in mente una persona a me molto cara. Mio nonno, classe 1924: si è sempre rapportato con le donne – e in primis con sua moglie, mia nonna – in un’ottica di assoluta parità: cosa non sempre comune per quella generazione, peraltro della provincia profonda. E visto che li abbiamo citati prima, l’esempio sono proprio i lavori domestici: avendo fatto il sarto, non si scomponeva certo se di tanto in tanto doveva stirare, ma anche dedicarsi ai fornelli. Questo non escludeva che potesse essere allo stesso tempo forte e un punto di riferimento per sua moglie, quando fosse necessario. Insomma, una storia ordinaria di gente comune – per me di grande significato e valore.
Come sono divisi i compiti a casa tua? Come concili il tempo dedicato al lavoro, con quello dedicato alle persone che ami? Sono cambiate le cose rispetto alla tua famiglia d’origine: come erano divisi i compiti tra i tuoi genitori?
I compiti sono divisi in modo equo, ma “a geometria variabile”: nei momenti in cui uno dei due è più rilassato o ha più tempo, è disponibile a sobbarcarsi qualche compito in più – e viceversa, ovviamente, quando la situazione varia in un secondo momento.
Rispetto alla mia famiglia d’origine, al di là della distribuzione dei compiti, vedo che la nostra generazione è più fluida: siamo meno abitudinari per cui l’assegnazione può variare con più velocità come ho detto sopra.
Sapevi che l’associazione tra il rosa e il femminino è avvenuta in tempi relativamente recenti e per una scelta arbitraria? Che idea ti sei fatta/o rispetto agli stereotipi di genere?
No, non lo sapevo. Sono stupito, ma fino a un certo punto: a pensarci bene essendo nata da fenomeni interni alla società, l’assegnazione di un colore per il femminino a qualche livello della storia doveva pur essere dovuta a una scelta arbitraria. Relativamente agli stereotipi di genere, posso dire di non essere un estremista: vestire un maschietto di rosa al solo fine di combattere gli stereotipi o – al polo opposto – obbligarlo a fare sport stereotipicamente maschili ed essere “un duro” (anche quando non ne ha voglia) sono comportamenti che, a mio avviso, da un lato appagano le aspettative e le credenze degli adulti, ma di certo non fanno il bene di una persona con un’identità in formazione. Non sono un genitore, per cui non mi permetto assolutamente di pontificare o dare consigli. Mi viene solo da dire che la libertà può essere la chiave: viviamo in una società postmoderna, caleidoscopica e composita. Non ha senso esagerare nel combattere i modelli tradizionali come non ha senso preservarli a tutti costi, piuttosto se lasciamo le persone (grandi e piccoli) libere di esprimersi, gli stereotipi verranno meno gradualmente. Ma aspettarsi che scompaiano dall’oggi al domani, mi sembra altamente improbabile.
In che cosa ci si può impegnare per cambiare le cose? Ci racconti una cosa semplice che possiamo cominciare a fare subito?
Dirò una banalità, a cui però credo molto. Essere gentili, iniziare dalle buone maniere: dire buongiorno con un sorriso, non dimenticarsi i “grazie” e i “prego”, o tenere la porta quando passa l’altra persona – e se qui pensate si tratti di un gesto di cavalleria… sappiate che per me questo non è in antitesi alla “parità”.