Trump ha vinto le elezioni. E io l’ho presa male.
Ho frignato un po’, tanto.
Ho frignato ancora di più quando Hillary Clinton ha detto che non finisce qui, che lei ci ha provato. Che ora tocca a noi provarci. Poi ho smesso di frignare e l’ho presa in parola, che come dice un tweet ancora attuale, 1 donna ogni 3 giorni in Italia muore uccisa da un uomo che conosce.
Allora ho pensato che una rubrica con la parola femminista nel titolo ci stava e miss Marano è stata subito d’accordo. Ecco l’angolo del freelance femminista, una rubrica che ci tiene a parlare di femminismo con maschi e femmine, freelance e non. Una rubrica rispettosa nei toni e nei modi, fatta della solita intervista a persone diverse. Una rubrica che si chiede, come spiega bene la giornalista inglese Caitlin Moran, come si fa a essere donne e a dire “non sono femminista” e anche – aggiungo – come si fa a essere uomo e a dire “non sono femminista”? Questa rubrica ci vede tutti come esseri umani, che la parità di genere è un problema di tutti, per diventare come ha detto meglio di me l’attrice inglese Emma Watson “la versione più vera e completa di noi stessi”.
Oggi intervistiamo Enrico Colca
Descriviti.
Sono uno molto curioso, che fa di mestiere l’infoarchitetto web e l’organizzatore del lavoro altrui presso la web agency Mentine (Bo) – “Mi piace il lavoro, mi affascina. Potrei stare per ore seduto ad osservarlo.” (cit.). Nel poco tempo libero, suono la chitarra, il banjo e qualsiasi cosa abbia delle corde.
Cosa significa per te femminismo? Quanto pensi c’entri il sesso, i peli, i lavori domestici, i commenti sul fisico?
Credo centri la questione della diversità. A dispetto di ciò che politici, carte costituzionali, carte dei diritti (e diciamo pure trecento anni di storia) dichiarino, viviamo un mondo in cui le differenze di genere, etniche e di “abilità” fisica contribuiscono ancora a costruire la nostra società.
Ti è mai capitato di essere discriminato sul lavoro o a scuola per via del genere?
No, forse perché sono uomo.
Nel tuo quotidiano paghi uno scotto personale per via del genere?
No, per le ragioni di cui sopra. Probabilmente esistono ambiti lavorativi in cui la situazione è rovesciata (la vendetta degli dèi?).
Ti è mai capitato di essere l’unico uomo sul posto di lavoro?
No, per le ragioni di cui sopra.
Però lasciami dire una cosa, penso che questo sia un discorso più generale sulla discriminazione della diversità. Non me ne vogliano politici o leader religiosi, ma è dimostrato che gran parte dei muri sia stata eretta dalle ideologie e dalle grandi religioni.
In generale, quando hai la pretesa di universalizzare un particolare punto di vista capita questo.
Mi hanno sempre affascinato le culture matriarcali perché si basano su una visione del mondo che non parte dal riconoscimento della forza fisica, ma che anzi riconosce un primato a chi è capace di dare la vita.
Ecco, io tra Marte ed Era sto con Era, anche se sappiamo che pure lei aveva un caratterino niente male 😉
Quali pensi siano i tuoi limiti in quanto uomo? Che cosa potrebbe aiutarti a migliorare il tuo lavoro?
Posso provare a immaginare quali sarebbero se fossi gay.
Alcuni miei amici lo sono e so cosa abbiamo passato, soprattutto in età adolescenziale. L’infanzia e l’adolescenza sono fasi tremende in generale per chi viene percepito “diverso” dagli altri. Ricordo, con un po’ di vergogna, che io stesso alle volte ho partecipato a delle vessazioni collettive nei confronti di qualche compagno di classe che magari veniva preso di mira.
La logica del branco è spietata e spesso spinge tutti a dare il peggio di sé. Di rado la situazione migliora col passare degli anni. Alla furia del branco si sostituisce una dinamica non meno insidiosa, quella della “tolleranza”. Essere tollerati dal tuo capo, da alcuni tuoi colleghi o addirittura dai tuoi genitori, può essere persino peggio perché non ti dà neanche la possibilità di affrontare apertamente il conflitto.
Che tipo di sostegno ci vuole per raggiungere la tua passione, il tuo sogno, che cosa farebbe davvero la differenza?
Se provo a mettermi nei panni di una donna che oggi si affaccia al mondo del lavoro, probabilmente il mio sogno sarebbe quello di essere giudicata per quello che valgo, senza quell’atteggiamento di sufficienza o addirittura di mobbing più o meno strisciante, che spesso trovi anche in luoghi che non ti aspetti.
Quanto pensi influisca la politica nel femminile o sulle minoranze? Ci pensi mai quando vai a votare?
La verità? Non lo so.
Ci penso spesso quando vado a votare, ma se devo essere sincero in questo momento non riesco a trovare un progetto politico che prenda in carico queste tematiche in modo non velleitario.
Però non mi piace neanche rifugiarmi nel qualunquismo. Insomma, su questi temi almeno le differenze di approccio sono evidenti tra le diverse proposte politiche, poi dipende se interessano o meno a chi vota…
Il fatto è che questi temi sono marginali nell’agenda dei media.
C’è un libro, un gesto, una persona che con le sue parole, o con il suo atteggiamento ti ha ispirato? Qualcosa che ti ha influenzato positivamente anche solo facendoti riflettere in proposito? Ce ne parli?
Narciso e Boccadoro. È un romanzo colto, raffinato, ma anche pieno di sentimento, che scorre pagina per pagina prendendo forme che non ti aspetti.
È la storia di una profonda amicizia (amore?) tra due ragazzi con personalità molto differenti, ma accomunati dalla passione per le cose belle.
Questo libro è stato una pietra miliare perché mi ha fatto innamorare dei romanzi quando ero adolescente. E ha cambiato anche il mio modo di vedere l’amicizia.
Come sono divisi i compiti a casa tua? Come concili il tempo dedicato al lavoro, con quello dedicato alle persone che ami? Sono cambiate le cose rispetto alla tua famiglia d’origine: come erano divisi i compiti tra i tuoi genitori?
Passando il 75% della mia giornata fuori sia io che la mia ragazza, diciamo che tutto viene compresso in quelle 3-4 ore serali, dove cerchi di sbrigare un po’ tutte le cose.
Generalmente rientro prima io, quindi mi faccio una doccia, così quando arriva lei spesso cuciniamo insieme. Dopo è il momento della sua doccia, per cui io faccio i piatti.
Il restante tempo lo passiamo insieme a vedere un film o a raccontarci la giornata.
In famiglia i compiti tra i miei sono divisi in modo molto più tradizionale, o come disse una volta un amico di mio babbo, vige il “vecchio contratto”.
Sapevi che l’associazione tra il rosa e il femminino è avvenuta in tempi relativamente recenti e per una scelta arbitraria? Che idea ti sei fatta/o rispetto agli stereotipi di genere?
Sapevo di questa cosa, non so se sia vero ma addirittura ho sentito dire che il rosa fosse in origine associato ai maschi.
In che cosa ci si può impegnare per cambiare le cose? Ci racconti una cosa semplice che possiamo cominciare a fare subito?
Nel Sud-Est asiatico ci sono Paesi dove sono le scuole prevedono bagni per ragazzini transgender. Non per dire che lì sia tutto rose e fiori, infatti questo è un fenomeno in molti casi emulativo e che, diciamolo pure, gli sta sfuggendo un po’ di mano.
Però penso che molto si giochi a livello di politiche dell’educazione; se passa un certo tipo di concetto già nei primi anni di vita, c’è la possibilità che a livello culturale riusciamo a fare qualche passo in avanti. Prendi ad esempio le discriminazioni razziali; per i bambini di oggi è una cosa normale avere come compagno di banco un bambino albanese o di origine africana.
Quando ho fatto le medie io l’unica “outsider” in classe era una ragazzina cinese a cui i genitori tra l’altro raccomandavano di non fidarsi degli italiani.
Le discriminazioni di genere sono forse più insidiose perché più subdole e forse anche socialmente accettate.
Scommetterei un penny sul fatto che molti degli uomini che fischiano quando passa una ragazza siano convinti di farle un complimento.