L’angolo del freelance femminista. Intervista a Lara Aldeghi

Trump ha vinto le elezioni. E io l’ho presa male.
Ho frignato un po’, tanto.
Ho frignato ancora di più quando Hillary Clinton ha detto che non finisce qui, che lei ci ha provato. Che ora tocca a noi provarci. Poi ho smesso di frignare e l’ho presa in parola, che come dice un tweet ancora attuale, 1 donna ogni 3 giorni in Italia muore uccisa da un uomo che conosce.
Allora ho pensato che una rubrica con la parola femminista nel titolo ci stava e miss Marano è stata subito d’accordo. Ecco l’angolo del freelance femminista, una rubrica che ci tiene a parlare di femminismo con maschi e femmine, freelance e non. Una rubrica rispettosa nei toni e nei modi, fatta della solita intervista a persone diverse. Una rubrica che si chiede, come spiega bene la giornalista inglese Caitlin Moran, come si fa a essere donne e a dire “non sono femminista” e anche – aggiungo – come si fa a essere uomo e a dire “non sono femminista”? Questa rubrica ci vede tutti come esseri umani, che la parità di genere è un problema di tutti, per diventare come ha detto meglio di me l’attrice inglese Emma Watson “la versione più vera e completa di noi stessi”.

Oggi intervistiamo Lara Aldeghi

Descriviti.
Caustica ma preferirei soda. Procrastinatrice seriale, sto già ritirando dei premi per dei lavori che però accidentalmente non ho ancora iniziato, che avevo cose più urgenti (ho sempre cose più urgenti). Essere mamma è uno dei miei colori più belli, ma non è l’unico. Nonsolocopy, scrivo cose, vedo gente. Corro. Lavoro. Parlo da sola. Tra ognuna di queste cose perlopiù mangio. Per tutto il resto mi sento cangiante, che non ho ancora capito bene cosa, come, perché, è un prosecco quello?

Cosa significa per te femminismo? Quanto pensi c’entri il sesso, i peli, i lavori domestici, i commenti sul fisico?
Il femminismo è una posizione di critica costante, non solo teorica ma pratica, a chi pretende di iscrivere la donna in determinati ruoli solo in quanto donna, a chi la riduce a oggetto e non a soggetto, e a tutti quelli a cui fa comodo pensare che siamo solo così, dolcemente complicate.
Sesso peli lavori domestici commenti sul fisico sono i micro-ambiti in cui applichiamo questo nostro pensare perché non abbiamo la forza di portarlo, com’è successo in passato, al livello più alto dei diritti civili, della parità di diritti e di doveri, dell’equità della retribuzione a parità di lavoro e di un miliardo di altre cose. Guardiamo il dito dei peli superflui mentre c’è la luna della conciliazione, che manco la vediamo.

Ti è mai capitato di essere discriminata sul lavoro o a scuola per via del genere?
Non mi è mai capitato di essere discriminata per via del genere. Mi è capitato di autoboicottarmi per via del genere. Che in un ufficio dove comandano gli uomini che ti dicono “per te è una grande opportunità” sono solo le donne che si fermano fino a tardi a dimostrare di valere, mentre gli uomini che non devono dimostrare niente vanno a bere un aperitivo. Mi sono autoboicottata anche con la maternità, attribuendomi dei ruoli “in quanto madre” che nessun uomo si auto-attribuirebbe mai “in quanto padre”. Ho fatto tutto da sola, comunque, lui è molto più dalla mia parte di quanto non sia mai stata io. Chiamiamolo indotto storico.

Nel tuo quotidiano paghi uno scotto personale per via del genere?
Niente che non abbia scelto, o che è giocoforza capitato in virtù del mio essere anche mamma. Però, come già detto, non è successo altrettanto in virtù del suo essere papà, quindi qualcosa devo aver sbagliato per forza. Nella testa, in primis. Per dire, le scelte professionali che lui ha fatto io non avrei mai potuto farle. Non solo per investimento personale in una professione, ma proprio perché sarei stata massacrata socialmente. A partire dai miei parenti più stretti.

Ti è mai capitato di essere l’unica donna nel posto di lavoro?
No. Ma quanto siamo brave noi donne a renderci nemiche le une delle altre, mentre gli uomini sembrano la camerata di amiconi, nessuno mai. In questo modo ci isoliamo, mentre quelli solidarizzano. Non ho ancora capito perché.

Quali pensi siano i tuoi limiti in quanto donna? Che cosa potrebbe aiutarti a migliorare il tuo lavoro?
Una più equa distribuzione tra i ruoli. Ma è qualcosa a cui avrei dovuto pensare quando ho accantonato una consistente parte del mio lavoro in virtù della maternità. Perché era quello che ci si aspettava. Cosa che a nessun uomo è richiesta. E quando si tratta di corrispondere alle aspettative indotte, cane di Pavlov scansati. Fu una scelta legata in parte alla fisicità della maternità, ma molto più profondamente al ruolo che ci si aspettava ricoprissi. Fossi rientrata al lavoro una settimana dopo i parti sarei stata coperta di insulti. Il fatto che lui sia rientrato una settimana dopo i parti faceva parte della normalità. Ecco, cambiamola questa normalità, perché ok, le tette ce le ho io, ma per tutto il resto siamo uguali (nel mio caso anche per le tette).

Che tipo di sostegno ci vuole per raggiungere la tua passione, il tuo sogno, che cosa farebbe davvero la differenza?
[fingiamo per un attimo che io sia una persona capace di portare a termine qualcosa] Il tempo a disposizione. Che è praticamente nullo. Tra la lavoro, incombenze quotidiane, bambini e impegni loro, la mia passione che? So a malapena come mi chiamo. Ogni anno a capodanno stabilisco un obiettivo, ogni anno lo fallisco. Mi manca il tempo.

Quanto pensi influisca la politica nel femminile o sulle minoranze? Ci pensi mai quando vai a votare?
Penso che a parlare delle donne siano sempre degli uomini. Spesso cattolici per giunta. Ma fossero anche solo uomini, questa cosa qui dovrebbe cambiare. E invece non cambia. E non cambia anche perché esiste una “questione femminile” che non dovrebbe esistere. Dal mio punto di vista esistono esseri umani. Non mi sento più affine ad una donna solo perché ha il mio stesso apparato genitale e crearne un caso, un gruppo, una differenza, non significa creare un elite ma un ghetto. E c’è una sostanziale differenza. Si sta distinguendo quando invece ci vorrebbe inclusione, che di distinguo ne abbiamo già scritti nel corpo, vediamo di non aggiungerne altri.

C’è un libro, un gesto, una persona che con le sue parole, o con il suo atteggiamento ti ha ispirato? Qualcosa che ti ha influenzato positivamente anche solo facendoti riflettere in proposito? Ce ne parli?
Il dominio maschile di Bourdieau. È un libro che ho letto per filosofia politica all’università. Partiva dai talebani e da quella che è la nostra percezione del ruolo della donna nei loro costumi per farci capire che anche qui, quanto a schiavitù da determinati stereotipi, non stiamo certo messe bene.

Come sono divisi i compiti a casa tua? Come concili il tempo dedicato al lavoro, con quello dedicato alle persone che ami? Sono cambiate le cose rispetto alla tua famiglia d’origine: come erano divisi i compiti tra i tuoi genitori?
A casa i compiti li fa chi ha più tempo. Quindi finisce che nella maggior parte dei casi li faccia io che ho oggettivamente più tempo. A parità di tempo sono equamente distribuiti. Non c’è cosa che io debba fare in quanto donna e che a lui sia preclusa in quanto uomo. È solo una questione di tempo. Faccio di più io perché ne ho di più. Le rare volte in cui capita che di tempo ne abbia di più lui, fa tutto lui: dalla spesa a stirare, da sistemare casa a cucinare. È ovvio che ho accanto una persona consapevole quanto me di questo aspetto, che non fa un
plissé su nessun compito casalingo gli si presenti di fronte, cosa affatto scontata anche tra le
mie coetanee. Avendo due bambini, un maschio e una femmina, per noi è molto importante non passare il messaggio che ci siano ruoli dedicati a un solo genere. E l’esempio pratico è il modo più efficace di spiegarlo.
La mia famiglia di origine è figlia del benessere degli anni ‘80 e per quanto mia madre abbia fatto un grandissimo lavoro su mio padre, la sensazione che ho sempre avuto è che lui si sia anche occupato di cose a suo parere “femminili” ma sempre con l’atteggiamento di chi pensa che sarebbe dovuto toccare a qualcun altro, a una donna, a sua moglie e oggi a sua figlia. Grazie al cielo i tempi sono cambiati. E non solo negli obblighi per gli uomini, ma anche nelle opportunità. I figli oggi hanno con i padri, molto più presenti rispetto al passato, un rapporto che quelli della mia generazione se lo sognano. Se per una donna è una grande opportunità restare in ufficio fino a tardi, figurati per un uomo se non lo è occuparsi di suo figlio.

Sapevi che l’associazione tra il rosa e il femminino è avvenuta in tempi relativamente recenti e per una scelta arbitraria? Che idea ti sei fatta/o rispetto agli stereotipi di genere?
Il fatto dal rosa è estremamente radicato nella cultura che ormai è difficile uscirne. Una volta ho incontrato un bambino di quattro anni che amava il rosa come colore preferito, e ho letto nello sguardo di sua madre un’immensa gratitudine per il fatto di non aver commentato in alcun modo il fatto che non fosse “adeguato” a un maschietto. Da che pulpito avrei mai potuto? A due anni mia figlia a carnevale ha voluto vestirsi da spiderman carpentiere (con gli attrezzi giocattolo trapano-cacciavite-martello-sega circolare), gli stereotipi vivono abbastanza lontani da casa nostra.
Ma siamo lontanissimi dallo sconfiggerli. Basta andare in un negozio di giocattoli per capirlo. O parlare con persone poco scolarizzate. Sono frutto dell’ignoranza. Sono frutto dell’insicurezza che vede nella donna chiusa in casa, coperta e limitata il segnale di un maggiore attaccamento, di un amore più grande.
Amami nella mia libertà e saprò se è vero, è un messaggio che ancora non passa.

In che cosa ci si può impegnare per cambiare le cose? Ci racconti una cosa semplice che possiamo cominciare a fare subito?
Il linguaggio, bisogna cambiare quello. Non chiamare “femminuccia” chi dimostra debolezze, non dire “hai le mestruazioni” quando qualcuno è girato di scatole, non associare alle caratteristiche femminili delle accezioni negative o fragili o deboli o mignotte, “con le palle” per dire forte, uterino per dire volitivo.
Faccio le cose come una donna perché sono una donna, siano esse lo sport, il sesso, il lavoro, la spesa, crescere i figli, appendere una mensola, faccio tutto da donna in quanto donna, che non significa neanche un millimetro meno o peggio del farle da uomo, se vuoi pensarmi dolcemente complicata è un problema tuo, io so di essere un sacco di cose in cui “dolcemente” non rientra neanche da lontano, e complicata denota solo la tua (di uomo) mancanza di volontà di comprendermi. Cambiamo le parole, il modo di raccontarci, un po’ alla volta cambierà anche tutto il resto. Quando chiami le cose diventano vere. Troviamo un nuovo modo di chiamarle.

Simona Sciancalepore

Se mi chiedete che cosa faccio, di solito rispondo scrivo. Scrivo perché Jo March scriveva e anche a me veniva facile. Leggo anche, perché, secondo me, la scrittura la fa chi la legge: è così che contamino la mia. Revisiono tanto. Tante cose non mie, per lavoro. Rileggo, leggo ad alta voce, cancello e riscrivo. Scrivo anche quando non scrivo. Lì partono la musica, le immagini e ovviamente i titoli di coda.

Sito | Twitter | Instagram