Il personal branding, lo dico spesso, è come un profumo: serve a identificarti e a farti ricordare, aleggia discreto anche dopo che hai lasciato la stanza, ma se si sente da 2 chilometri di distanza e dà l’impressione che tu sia caduta in un gigantesco pout pourri, lo stai facendo male.
Il personal branding si fa dietro le quinte
In realtà il grosso del lavoro sul personal branding lo si fa dietro le quinte: lì puoi, anzi devi, andare nel dettaglio, fare le tue analisi, espandere la tua visione, immaginare la tua cliente ideale, scegliere in modo maniacale la tua palette, intestardirti su un font, provare 10 volte la mission allo specchio. Devi fare queste cose proprio perché quando poi sarai là fuori, alla festa (ossia nel mondo, off e on line) sarai pronta. Pronta a far brillare la tua attività, la tua presenza, la tua unicità.
Diciamo la verità, a volte questa tendenza a voler mostrare il più possibile del dietro le quinte toglie un po’ di magia. Io non so se voglio vedere tutti i passaggi che ti trasformano da ragazza acqua e sapone a femme fatale. Voglio la meraviglia, voglio dire ooooh quando poi vai on line con il tuo sito. Non voglio sapere che hai scelto il verde abete invece che il verde bottiglia perché ami la montagna: voglio guardarmi il tuo sito e pensare: ma come diavolo ha fatto?!
Perché me lo devi: io sono la tua cliente, stai facendo tutto questo per me, no? E quando è tutto pronto mi inviti all’inaugurazione e ci scappa anche qualche biscottino omaggio. Voglio poter godere dei frutti del tuo personal branding, non aiutarti a potare i rami secchi. Insomma, io mi siedo comoda nella mia poltroncina e tu fai partire il film.
E quindi, come disse tempo fa Mafe De Baggis, “Il personal branding dev’essere invisibile: mai far sospettare che foto, contenuti, proposte, pensieri siano costruiti”. Poi in realtà che siano “costruiti” lo sappiamo, ma ci aspettiamo che tu copra con grazia le impalcature.
Ed ecco perché parlare del proprio personal branding (passato, attuale, futuro) non è fare personal branding, anzi, va in una direzione diversa: può avere senso se stai dando istruzioni per l’uso, se vuoi scrivere un post-tutorial, se ti occupi di personal branding e quindi ti usi come cavia, ma non se stai cercando di parlare con le persone che ti seguono per altri motivi. Perché è autoreferenziale, e anche un po’ autocelebrativo. Perché parlare di personal branding, parafrasando Zappa, è un po’ come ballare di architettura.
Il personal branding migliore è quello che non vedi, come le funi che tengono su l’acrobata: in quella sospensione dell’incredulità sta il bello, il brivido, e la partecipazione del pubblico. E mentre tu fai le tue evoluzioni business noi stiamo lì con naso all’insù e pensiamo wow.
Pronta per un aiuto in 5 tappe per non svelare il trucco?
- I tuoi compiti di personal branding falli su un quaderno, non on line (insomma, tienili per te, gelosamente)
- Prima di pigiare il tasto Pubblica chiediti: a chi sto parlando? Alla mia cliente ideale per rendermi utile, ai miei pari per ottenere la loro approvazione, o a me stessa perché mi rileggo domani?
- Sì, un vero business è sempre in evoluzione, ma attenzione a non confondere un’attività “in progress” con una serie di cose incompiute. La Sagrada Familia è un work in progress: i 3 blog che hai aperto dal 2014 a oggi, e che contengono al massimo 3 post, sono solo cose mollate lì.
- Avere dei dubbi è normale (se lavori in proprio, ne avrai circa 200 al giorno): ma cambiare continuamente mission/sito/colori e titolo professionale non ti rende eclettica, solo molto indecisa. A questo punto, lo saranno anche le tue potenziali (molto potenziali) clienti.
- Non correre, non avere fretta, non partire prima di aver fatto la valigia: ossia, lavora al tuo personal branding con calma, prima di lanciarti nel mondo dei solopreneur. Non vince chi arriva prima: vince chi sa, fin dall’inizio, dove sta andando.
Io non so come fai a spiegarmi tutto così meravigliosamente bene <3
Grazie!
Roberta
aaah dici? thank you, Roberta!
Primo: sappi che per natale mi regalerò un tuo libro non solo perchè è utile, ma perchè mi piace un sacco come scrivi.
Secondo: il problema del procedere con lentezza è la mia croce! Io non sono lenta, per natura. E non ho pazienza, per cui tendo a buttarmi nella mischia con le 2 idee che mi sono balzate in testa negli ultimi 5 minuti. Lavorerò sul prendermi tempo per costruire al meglio lo show prima di andare davvero in scena!
Grazie!
grazie Ilaria! Secondo me lentezza e procrastinazione sono due cose diverse: a me piace la lentezza che però non perde di vista il suo percorso, ed è quella che ti auguro per il nuovo anno.
Sempre bravissima, grazie 🙂
Troppo buona!