Freelance e femminista. Intervista a Simona Sciancalepore

Qualche settimana fa ho raccolto in un post tutti gli articoli della “versione originale” di questa rubrica, che ho ereditato con piacere.

Si occupa di scrittura e creatività, sia per le aziende che in Università. 

Simona è fermamente convinta che la scrittura sia un piacere alla portata di tutti e che nessuno dovrebbe privarsene. Nessuno è incapace di scrivere, tutt’al più può capitare che il giudizio degli altri ci inibisca, ma è sempre possibile riprenderci ciò che è nostro, scrittura compresa.

Sono davvero felice di ribaltare i ruoli, intervistando Simona Sciancalepore.

Una foto di Simona Sciancalepore che sorride molto, con una maglietta nera e una scritta "PARIS POÉSIE CLUB"

Trump ha vinto le elezioni. E io l’ho presa male.

L’angolo del freelance femminista…

…è nato veramente dalla mia disperazione. Mi piace tenermi aggiornata, ma succede che l’attualità mi sconforti a tal punto da stimolarmi ad agire in qualche modo. 

Ecco, quello è stato proprio uno di quei momenti: ho sentito il bisogno di parlare, chiacchierare, capire punti di vista anche diversi dai miei, sentire cosa ne pensavano le persone che conoscevo e anche quelle che conoscevo meno, magari perché le frequentavo solamente online e non le avevo mai viste dal vivo. 

Come mi capita spesso, dallo sconforto interiore nasce una presa di posizione che esprimo nel modo che conosco meglio: la scrittura e il far domande. 

In questo caso il bisogno di capire mi ha portata ad affrontare un argomento che, paradossalmente, non conoscevo poi così bene: il femminismo. Senza la presunzione di insegnare nulla a nessuno, mi sono confrontata con altre persone su determinate domande, relative a questo tema, ho ricevuto risposte e ho imparato cose nuove.

Il femminismo…

…fondamentalmente per me è darsi una mano.

Mi preoccupa che spesso il femminismo sia visto come un’etichetta che travalica la politica, diventando una sorta di manifesto del “si fa così”: questa forma del femminismo non la apprezzo.

Invece mi piace quando il femminismo diventa solidarietà con le battaglie di altre categorie vittime di pregiudizio, solidarietà tra donne su giudizi che ci vengono affibbiati a caso, impegno nel miglioramento della società, della percezione che le donne hanno dello spazio politico (e per politico intendo anche semplicemente la città). Mi piace il femminismo che si preoccupa della parità di rappresentanza maschile e femminile nella partecipazione agli eventi, quello che ritiene che le battaglie da combattere siano condivise e servano a tutti per stare meglio. Secondo me il femminismo, se messo in atto, migliorerebbe tutta la società e non solamente la vita delle donne.

In altre parole per me il femminismo è una qualità del futuro. Lo vedo con i miei occhi all’Università: la posizione dei giovani e delle giovani soprattutto, nei confronti della comunità, sta cambiando molto.

Essere femminista…

…oggi ha ancora molto senso e io ci tengo tanto.

Il femminismo è un’educazione alla civiltà quindi dobbiamo parlarne, non solo, dovremmo usarlo anche per educare all’affettività.

Per esempio, se in una riunione c’è un solo maschio, si dà per scontato che lui sia il capo: fino a quando questo modo di pensare sarà considerato normale, ci sarà bisogno di parlare di femminismo.

Discriminazioni sul lavoro per via del genere…

… non ne ho subite, per me è stato più una di disparità di trattamento che vera e propria discriminazione.

Ora non mi capita più, anche perché io sono cambiata molto, nel modo di pormi. A volte siamo noi a rimandare un certo tipo di narrativa, quindi siamo le prime a dover lavorare per cambiarla. Vogliamo un aumento? L’abbiamo chiesto? 

Quello che noto troppo spesso poi è la disparità di trattamento in generale, non solo in campo lavorativo. Il fatto che si parli dell’essere donna in quanto madre, dell’essere donna in quanto moglie, dell’essere donna in quanto figlia: basta leggere la rassegna sessista di Michela Murgia, è una cosa che mi fa imbestialire. Succede persino dal medico di trovarsi trattate diversamente dagli uomini. 

Basti pensare a quanto poco si parli di cose come la menopausa, che per quanto mi riguarda influisce moltissimo su ogni aspetto della vita, eppure non se ne parla per non creare imbarazzi, quando invece riguarderebbe tutti. Guarda un po’ qualche azienda illuminata ha capito che abbiamo il ciclo e che non sempre è un’esperienza divertente e ha pensato al congedo. 

Le discriminazioni nella vita privata…

…sono qualcosa su cui riflettere molto bene. 

Gli uomini (parlo di quelli della mia età perché li frequento) sono assolutamente in grado di capire i cambiamenti in atto nella società, ma a volte hanno interiorizzato certi comportamenti, tanto da non rendersi conto di quanto questi siano riconducibili al maschilismo. Non è utile criminalizzarli per questo, noi stesse abbiamo interiorizzato il patriarcato!

Dovremmo armarci di pazienza e spiegare cosa non funziona e perché, non va dato per scontato che sia tutto chiaro, a volte il problema non è chiaro neanche noi.

Oggi vedo mamme e padri della mia età, o più grandi, avere un approccio completamente diverso all’educazione femminile e maschile dei figli, rispetto a quella che hanno avuto i nostri genitori. Mia madre mi chiede ancora che cos’hai preparato a tuo marito? Mia nipote invece può finalmente sognare d’essere un principe. Questo mi aiuta ad apprezzare il grande salto culturale che abbiamo fatto.

Penso che gran parte del cambiamento parta dall’educazione: dalla scuola, dalla chiesa, da tutti i luoghi dove si impara; se non raccontiamo l’idea di bene comune che desideriamo, allora non può cambiare la società o comunque cambierà molto più lentamente. Se già nei luoghi deputati alla formazione cambiasse la prospettiva, probabilmente il cambiamento sarebbe più veloce anche in casa.

A casa mia, mio marito è iper organizzato (è uno dei motivi per cui lo amo tantissimo, ciao marito) è lui a occuparsi di lavatrici, lavastoviglie, fare ordine, io sono libera di dimenticarmene, e di occuparmi di cucinare o di fare la spesa, la divisione dei compiti viene da sé. Non era scontato. Vengo da una famiglia del Sud. E anche se mia madre ha cercato di educarci senza lasciarsi influenzare dal patriarcato, si preoccupa ancora che mio marito mangi o che io esca “da sola”. Potevo preoccuparmene anch’io, invece le cose cambiano.  

Essere l’unica donna sul lavoro…

…mi è capitato spesso, ma è una cosa che ho notato solo a posteriori, perché a me la compagnia maschile è sempre piaciuta, quindi non l’ho mai visto come un problema. 

Oggi le donne sono più presenti…

…nella scuola, erano già presenti prima, ma cominciano ad assumere ruoli più visibili, anche all’Università; e poi nello spazio che bellezza! 

Dovrebbero essere più presenti…

…dappertutto, non c’è un campo, un posto dove siamo alla pari.

Sicuramente vorrei vederle in politica, con ruoli di potere, perché penso che possano restituire valore, una prospettiva che finora è stata messa poco in luce. 

Non parlerò della Meloni, ma della premier finlandese Sanna Marin accusata di ballare e divertirsi a una festa, delle donne in Iran accusate di essere “troppo”; voglio rivendicare il diritto di fare politica in modo diverso dai maschi, rivendicare il diritto di indagare la libertà attraverso noi stesse. E per citare un tweet della giornalista Simonetta Sciandivasci: Voglio dire, il nostro parlamento ha visto cose indegne di una dark room. E dai.

Pensiamo alla letteratura, ad Annie Ernaux neo Premio Nobel per la Letteratura, pensiamo che siamo cresciute con libri scritti da maschi e, ora che leggiamo finalmente libri scritti da donne, una parte di noi si sente più riconosciuta, più capita, meno strana.  

Immagino succederebbe lo stesso se aumentasse il numero delle donne che si occupa di politica; penso ad esempio agli spazi cittadini: se una donna si trovasse a dirigere una grande città, magari si adopererebbe per trovare il modo di rendere più sicura quella città anche per le donne; per questo credo che il mondo della politica abbia urgente necessità di donne.

Sono quella che sono…

…sicuramente grazie ai libri: ho letto tanti punti di vista femminili e tante cose sul femminismo, come Ci vogliono le palle per essere una donna: Storia di una femminista a sua insaputa di Caitlin Moran, che citavo anche nella rubrica.

Poi hanno contribuito le amiche e i casi della vita.

Una volta mi è capitato di assistere a una situazione in cui ci si prendeva in giro tra minoranze,  mi ha fatto così arrabbiare, quanto sarebbe stato più proficuo allearsi? Coi muri non andremo da nessuna parte, anzi, faremo il gioco di chi ci vuole sottomesse, zitte e impaurite. 

Aggiungo che mi ha formata anche un certo tipo di sorellanza che mi ha portata a reimparare a ringraziare, a smettere di scusarmi continuamente e che mi ha fatto capire quanto sia importante portare avanti i piccoli gesti, le chiacchiere, le piccole rivelazioni. 

Tra le grandi donne che potrebbero ispirare le nuove generazioni…

…c’è Liliana Segre, che è un esempio pazzesco di resilienza; tutte le volte che penso a lei mi vengono i lacrimoni. È una che – come ha detto una volta – è riuscita a trasformare le parole d’odio in qualcosa che diventasse amore, credo che questo sia il compito che ogni essere umano dovrebbe avere nella vita, a prescindere da quello che si è, da quello che si fa e da ciò in cui si crede. 

Ammiro molto questa donna che ha trovato il modo di trasformare il dolore in qualcosa di propositivo, credo veramente che sia un esempio a cui tutte e tutti dovremmo aspirare, in generale, indipendentemente dal femminismo.

Poi, casualmente, è donna!

Le donne oggi stanno rischiando…

…di perdere la loro voce, mi sembra molto evidente che in tutto il mondo ci sia in atto questo tentativo, basta pensare alle leggi contro l’aborto.

La cosa che impressiona è che, appena abbiamo rialzato un attimo la testa, siamo subito state rimesse al nostro posto.

Perdere la nostra voce è la cosa peggiore che ci possa capitare, perché è l’unico modo che abbiamo di raccontarci, di portare avanti il nostro punto di vista, di integrarci con gli altri. Ecco perché dobbiamo sostenere le proteste in Iran e fare da amplificatore. 

Per cambiare le cose…

…secondo me, come dicevo, bisogna partire dall’educazione.

Spesso quando riceviamo un complimento, invece di ringraziare, tendiamo a schernirci; mia nipote, che ha 5 anni, quando le faccio un complimento mi risponde GRAZIE, tutta gasata per quello che le ho appena detto. Quando le dico sei bellissima, mi risponde lo so. 

Ecco, io auguro questo alle nuove generazioni di riconoscere il proprio valore e di non fare passi indietro, cose che probabilmente da piccole facevamo e che col tempo abbiamo dimenticato. 

Nel nostro piccolo…

…ognuna di noi si deve armare di grande pazienza e ascolto, perché è proprio ascoltando le motivazioni degli altri (anche quando sono risibili), che possiamo metterci al lavoro per smontare i pregiudizi e le cose che diamo per scontato. 

Dobbiamo prenderci lo spazio e il coraggio di raccontarci che le cose stanno cambiando, che ci sono anche i nostri bisogni e metterli sul piatto, perché non è detto che chi ci sta di fronte se ne renda conto.

Se sono in riunione da 4 ore con due uomini che non sentono la necessità di andare in bagno, ho tutto il diritto di chiedere di fermare la riunione, facendo valere le esigenze della mia vescica, diversa dalla loro.

Parlare, spiegare, educare, condividere ci permetterà di ribadire il cambiamento in atto per far sì che venga prima capito e poi, col tempo, interiorizzato.

In tutto questo credo abbiano un ruolo molto importante le madri e i padri, perché l’educazione all’affettività è alla base di tutti i rapporti umani, servono anche psicologi che educhino a capire che i ruoli stanno cambiando, che abbiamo gli stessi diritti, che noi non siamo solo oggetti di piacere e devozione.

Io dal canto mio cerco di rafforzare l’autostima dei bambini che frequento che spero che rimangano pieni di fantasie e crescano indipendenti e capaci di prendersi i propri spazi; provo ad essere solidale con le donne nel mio lavoro e incito i miei studenti al dibattito. Parlo tanto di privilegio con mio marito, perché sì noi siamo fortunati e dobbiamo rendercene conto e provare a restituire ciò che possiamo. Gli parlo spesso anche di intersezionalità perché non possiamo proprio permetterci di pensare che ogni forma di esclusione non sia interconnessa ad altre forme di discriminazione.   

Sono ancora convinta e mi auguro che possano migliorare le cose un passo alla volta per raggiungere una situazione più degna per tutta la società.

Deborah Ugolini

Le immagini, la voce e le parole hanno sempre guidato la mia passione. Ho cominciato come videoreporter e oggi mi occupo di videotelling, produzione branded podcast e formazione. Vivo con curiosità e sono fermamente convinta che nella vita non esistano esperienze o competenze inutili.

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