Ci sono video e video: brand documentary

Dopo aver parlato dei video di backstage, proseguiamo il nostro viaggio negli stili e nelle possibilità del videotelling, immergendoci in un mondo completamente ibrido e contaminato, spesso bistrattato e sicuramente poco riconosciuto: il brand documentary. Partiamo dall’inizio.

Che cos’è il documentario

L’Oxford Languages definisce il “documentario” come

Film a corto o a medio metraggio, di carattere divulgativo, didattico o informativo, che, evitando ricostruzioni fittizie, si propone di dare una rappresentazione più vicina possibile alla realtà del fatto narrato

Molte persone sicuramente associano alla parola documentario quel bel pezzo d’uomo di Alberto Angela, degno erede di suo padre, oppure leoni che rincorrono gazzelle, musiche rilassanti e splendide voci maschili che ci cullano nel racconto della natura selvaggia, di civiltà scomparse o di futuri più o meno auspicabili.

In realtà si tratta di un genere cinematografico molto complesso, che raggruppa una moltitudine di stili e tematiche e che, fino a pochi anni fa, aveva trovato spazio ed espressione soprattutto nei piccoli e grandi festival cinematografici indipendenti.

Per i documentari è sempre stato difficile rientrare nella programmazione televisiva, soprattutto per via della varietà della durata. Diversamente dalla maggior parte dei film di finzione – confezionati pensando anche ad una durata che sia facilmente inseribile in palinsesti televisivi – la maggior parte dei documentari ha una durata assolutamente personalizzata, basata esclusivamente sulle esigenze narrative.

Welcome to the real world! O no?

La differenza tra film di finzione e documentario è che il primo racconta storie inventate e il secondo racconta la realtà così com’è. 

Sbagliato!

La verità è che la differenza, in moltissimi casi, è davvero molto sottile: ci sono film di finzione basati su storie reali che ricostruiscono la realtà quasi alla lettera e ci sono documentari che, basandosi sulla realtà, riescono a reinterpretarla, modificarla e anche ricostruirla.  

Anche se prendessimo in considerazione un documentario classico, che registra la realtà così com’è e cerca di riportarla al solo scopo di farla conoscere, saremmo pur sempre di fronte ad una interpretazione mediata:

La verità è che la verità non esiste, non in modo assoluto, non quando la raccontiamo.

Anche il documentario, quindi, basa la propria narrazione su una visione soggettiva di uno o più aspetti di una realtà, osservata da uno o più punti di vista e sull’interpretazione di questa visione attraverso le tecniche cinematografiche.

All’incrocio tra arte e scienza, Year of the robot, prodotto da Upian (produzioni video) e Zora Bots (robotica), raffigura l’essere umano e il robot come sua controparte artificiale, sfociando, sul finale, in una libera interpretazione di ciò che potrebbe essere.

Cosa intendiamo per brand documentary

Il brand documentary (o documentario aziendale) è un particolare prodotto audiovisivo, realizzato da un brand (azienda, associazione, chi svolge la libera professione, …), che sfrutta lo stile filmico del documentario per aumentare la propria visibilità o brand awareness.

C’è chi sostiene che abbia preso il posto dei video aziendali, ma questa visione sminuisce le possibilità di comunicazione offerte da questa strada perché, come vedremo, sarebbe davvero riduttivo (quando non controproducente) identificare il brand documentary esclusivamente con il racconto che l’azienda fa di se stessa.

Il video istituzionale, nella stragrande maggioranza dei casi, è uno spot leggermente più lungo, il punto di vista è quello del brand, che “fa la ruota” di fronte al suo “target” per cercare di “colpire una potenziale clientela”.

Il brand documentary è un racconto, basato principalmente sugli interessi del pubblico di riferimento, dove il brand, paradossalmente, potrebbe anche non apparire mai.

Guinness, per esempio, sostiene lo sport femminile con “The Pioneers of Women’s Rugby“.

Perché produrre un brand documentary

Ribadiamo un’altra volta come e quanto sia cambiato il mercato con l’avvento delle nuove piattaforme di comunicazione online e come, conseguentemente, sia cambiato anche il pubblico (non più target vi prego!), che è stanco di sentirsi trattare come un portafogli con le gambe, o come un bersaglio da colpire con un messaggio “brand-centrico” e “brand-riferito”.

Le persone vogliono entrare in relazione con i brand.

Detto questo, prendiamo atto anche che la pandemia da Covid-19 ha fortemente accelerato l’utilizzo e la fruizione dei video sotto moltissimi aspetti, facendo entrare il mezzo, e il linguaggio, audiovisivo nelle routine quotidiane. Le persone preferiscono raccogliere informazioni utili e/o interessanti, attraverso i video. Questa tendenza è stata evidenziata anche dal successo del genere documentario sulle piattaforme VOD come Netflix, Prime e compagnia, dove, grazie alla fruizione on demand, può trovare spazio qualsiasi tipologia di prodotto audiovisivo.

In poche parole una buona strategia per i brand è quella di entrare in relazione con il proprio pubblico attraverso prodotti audiovisivi

Una delle regole fondamentali per costruire relazioni solide è la sincerità. Il genere documentario è intrinsecamente percepito come sincero, perché, come abbiamo visto poco fa, si tende a pensare che rappresenti la realtà in modo non mediato.

Attraverso il brand documentary avremo quindi la possibilità di offrire, al nostro pubblico, contenuti pertinenti e interessanti; la fiducia intrinsecamente associata a questi contenuti si ripercuoterà positivamente sulla nostra brand awareness.

Un esempio? The Vinyl Factory, compagnia musicale con sede a Londra ha realizzato un film documentario su artisti e musicisti.

Scegliere l’argomento giusto

Scegliere l’argomento giusto è fondamentale se vogliamo ottimizzare i vantaggi potenziali.

Coerenza

Se vendiamo pellicce, raccontare la vita della volpe argentata non è una buona idea.

Quello che raccontiamo non deve necessariamente essere legato al nostro business, ma deve comunque mantenere una coerenza con il brand, con quello che produciamo, con la nostra comunicazione, con il nostro modo di relazionarci con il pubblico.

Dove, perfettamente in linea con la propria comunicazione, prendeva posizione sulla mania dei selfie già nel 2014.

Utilità

I temi trattati devono essere interessanti e coinvolgenti per il nostro pubblico di riferimento, in modo da coinvolgere le persone che li fruiranno, attraverso una narrazione il più possibile genuina

Yeti, che realizza prodotti per l’outdoor, è stato uno dei primi marchi a mettere in risalto le storie delle persone nei propri contenuti online, relegando il prodotto promosso al secondo piano.

Hungry Life” è una serie di video documentari che seguono lo chef Eduardo Garcia in varie avventure con gli Yeti Brand Ambassador.

Rilevanza culturale

Coerenza e utilità devono essere tenuti in considerazione ogni volta che ci accingiamo ad utilizzare il linguaggio audiovisivo per creare contenuti promozionali per il nostro brand.

Con il documentario, possiamo sganciarci dallo scopo commerciale per virare sull’arte: in questo caso non abbiamo più solamente un prodotto promozionale, ma un vero e proprio film, con piena autonomia distributiva, completamente slegato dal brand e dai prodotti/servizi che questo offre.

Stella Artois ce ne dà un esempio in “Up There“, in cui racconta il mestiere morente della pubblicità dipinta a mano.

Condividiamo la conoscenza

Tra le varie possibilità che abbiamo, c’è quella di condividere conoscenze che ci riguardano da vicino. Possiamo raccontare come è nato il brand, spiegare un particolare processo produttivo o semplicemente mostrare la nostra quotidianità.

Succede fin troppo spesso di sottovalutare il nostro lavoro, le nostre conoscenze, il mondo che conosciamo talmente bene da darlo per scontato. Eppure ciò che per noi potrebbe non avere più fascino, potrebbe fare colpo sul nostro pubblico.

La Youth Hostels Association (England & Wales) organizzazione di beneficenza che fornisce alloggi in ostelli della gioventù in Inghilterra e Galles ha unito, in questo documentario, Alastair Humphreys, avventuriero e motivatore e 5 persone giovani di città, in un weekend emozionante all’insegna dell’avventura.

Brand documentary: come, dove, quanto

Una volta scelto l’argomento del nostro brand documentary dobbiamo “solo” decidere come realizzarlo, dove distribuirlo e quanto investire.

Come realizzare un brand documentary

Storytelling

La prima cosa, come sempre, è cercare di coinvolgere il pubblico utilizzando una narrazione il più possibile genuina e sincera.

La storia dev’essere abbastanza interessante da trattenere il pubblico per tutta la durata del racconto: chi dedica il proprio tempo a guardarla deve ritenerlo un buon investimento. E così sarà un buon investimento anche per noi.

Stile e Durata

Quanto deve durare un branded documentary?

  • La lunghezza che serve per raccontare tutto quello che dobbiamo raccontare.
  • Se il contenuto è rilevante per il nostro pubblico la durata non sarà mai un problema.

Per quanto riguarda lo stile, invece, sceglieremo sempre in base alle preferenze del pubblico di riferimento, ma anche pensando al nostro brand e al nostro tone of voice.

Casting

La scelta dei protagonisti è tutt’altro che semplice.

Se da un lato sono preferibili persone vere a chi recita per mestiere, dall’altro bisogna tenere in considerazione che queste caratterizzeranno fortemente il nostro film e di conseguenza saranno ricollegate anche al brand.

Dove distribuirlo

Come abbiamo già avuto modo di vedere, il canale di distribuzione che scegliamo influenza anche la produzione.

Sui social

Se il nostro canale di distribuzione è Youtube (o Facebook, o Instagram) molto probabilmente ci concentreremo su contenuti più brevi, magari scegliendo la serialità.

Un esempio? “Spread the Happy“, di Nutella, è una serie di brevi racconti su persone che diffondono amore nelle rispettive comunità.

Sul nostro sito: il web documentary

Abbiamo la possibilità di allargare le vedute, realizzando un web documentary (ne parleremo nel prossimo articolo), aggiungendo al brand documentary informazioni, approfondimenti, commenti e tutto quello che ci serve per valorizzarlo al meglio.

Wetransfer racconta la scena creativa musicale iraniana in Sounds of Teheran

Su piattaforme VOD e ai festival 

Dobbiamo realizzare prodotti cinematografici veri e propri su piattaforme VOD – Video On Demand – e ai festival.

Johnnie Walker, con “The Ones Who Keep Walking” (che tra l’altro è stato presentato anche al Trento Film Festival 2021), ha vinto il Brand Film Award 2022 nella categoria brand documentary.

Quanto investire

C’è un film per ogni budget e la mancanza di attrezzature non può più essere una scusa.

Oggi abbiamo a portata di mano tutto quello che ci serve per realizzare prodotti audiovisivi qualitativamente impeccabili.

Oltretutto non è detto che per realizzare un nuovo prodotto audiovisivo sia necessario effettuare nuove riprese. A volte potrebbe essere sufficiente il materiale d’archivio, adeguatamente rimontato, magari con una voce off a sottolineare il racconto.

Judson Dance Theatre: The Work Is Never Done” è stato prodotto dal Museum of Modern Art ed esposto dal 16 settembre 2018 al 3 febbraio 2019.

Bonus track(s)

Di branded series parleremo più in dettaglio in uno dei prossimi articoli. Intanto, dato che c’è un’intersezione, ecco qualche altro esempio di brand documentary series

Connected di Samsung, esplora le connessioni e le interconnessioni delle vite delle persone anche attraverso la tecnologia

Volvo Car UK dedica una serie ai pionieri

Maichimp ha realizzato già due stagioni di “Second Act“, raccontando cambiamenti di carriera e creazione di nuove iniziative.

Deborah Ugolini

Le immagini, la voce e le parole hanno sempre guidato la mia passione. Ho cominciato come videoreporter e oggi mi occupo di videotelling, produzione branded podcast e formazione. Vivo con curiosità e sono fermamente convinta che nella vita non esistano esperienze o competenze inutili.

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