“Imparate a provocare il brief!”, ci hanno insegnato al Master in Comunicazione d’Impresa, mille anni fa.
Sul momento mi sembrava un’esagerazione, poi, quando sono andata a lavorare in agenzia, ho capito cosa questo significasse davvero. Il fatto è che dal brief dipende spesso il prodotto di comunicazione che si otterrà.
Intanto facciamo chiarezza sulla differenza tra brief e briefing.
Brief e briefing: che differenza c’è?
Il processo di passaggio delle richieste e informazioni alle persone che dovranno sviluppare un progetto (nel nostro caso di comunicazione, ma vale per tutti i lavori), si chiama briefing.
Questo processo si basa su un documento chiave chiamato brief.
L’elaborazione di questo documento è uno step molto importante nello sviluppo di un’operazione di comunicazione, sia che il lavoro venga delegato a una agenzia, sia che venga sviluppato internamente dall’azienda.
Brief: quando funziona?
Purtroppo, non sempre il brief che riceviamo ci consente di muoverci con precisione.
A volte si tratta di poco più di una e-mail con informazioni di massima, a cui con un po’ di insistenza facciamo seguire una call nel corso della quale cerchiamo, appunto, di “provocare il brief”.
Il risultato è che si fanno delle ipotesi in autonomia, che non sempre corrispondono alle reali esigenze dell’azienda per la quale stiamo lavorando.
Per fortuna capita anche il contrario, brief estremamente dettagliati che ci consentono di lavorare bene sin da subito e con meno margini di errore.
Il brief non dipende dalle dimensioni dell’azienda cliente
Che si tratti di una multinazionale o di un’azienda minuscola, magari neonata, il brief non cambia: le cose da comunicare a chi lavorerà sulla comunicazione sono le stesse. Ovviamente, con tutte le debite proporzioni.
Quando lavoro con aziende molto piccole o con professionisti, chiedo sempre di dedicare un incontro (per il quale calcolo almeno un paio d’ore) a capire insieme che tipo di intervento mi viene richiesto.
Il fatto è che spesso si sottovalutano gli elementi di cui la comunicazione deve essere a conoscenza, valutando che una serie di informazioni attengono al business e dunque non servono. Non è così!
La prima cosa che devo conoscere bene, per lavorare bene sulla tua comunicazione, è il tuo business.
E tante altre cose, che ora vediamo.
Una scaletta indicativa
Fermo restando che ogni caso è a sé, una scaletta indicativa per un brief ideale comprende queste voci:
Che cosa ci aspettiamo
- esplicitiamo in modo molto chiaro il motivo per cui stiamo interpellando un’agenzia di comunicazione: cosa vogliamo che realizzi per noi
Dire subito che cosa ci si aspetta consente all’agenzia di attivare le risorse giuste senza incorrere in malintesi. Dichiariamo qui anche gli obiettivi del progetto che stiamo commissionando.
Più avanti parleremo anche di obiettivi dell’azienda in generale. I due tipi di obiettivi dovranno naturalmente essere in relazione tra di loro, ma non possono essere la stessa cosa.
Un esempio. Se il nostro obiettivo di business è “vendere il nostro servizio al 30% degli operatori del settore nel primo anno di attività”, il nostro obiettivo per il progetto che stiamo commissionando potrebbe essere “far conoscere il nostro brand agli operatori del settore”, da cui il progetto che stiamo commissionando, che potrebbe essere “realizzare una serie di eventi online per gli operatori del settore”.
Chi siamo
Reperiamo informazioni sull’azienda:
- da chi è formata, che cosa realizza?
- come distribuisce il suo prodotto/i suoi servizi?
- quali sono la sua mission, i suoi valori, il suo tono di voce?
Completiamo con qualunque informazione aggiuntiva che può essere importante per inquadrare correttamente l’azienda. In alcuni casi, per esempio, è utile conoscere la storia dell’azienda, le persone che l’hanno fondata e così via. Spesso è proprio qui che nascono i valori che poi l’azienda si porta dietro nel mercato
I nostri obiettivi
- indichiamo gli obiettivi aziendali, non solo quelli del progetto per il quale stiamo interpellando l’agenzia
Gli obiettivi devono essere chiari e misurabili, indicando anche a che punto si trova l’azienda nel percorso di raggiungimento.
È importante conoscere questi obiettivi non direttamente riconducibili al progetto, perché danno all’agenzia la possibilità di ragionare anche in una prospettiva più ampia, non solo in quella necessariamente limitata del singolo progetto.
A chi ci rivolgiamo
Ci occorre definire il pubblico:
- in generale: a chi parla l’azienda? Chi è il suo cliente?
- in particolare: a chi vuole rivolgersi attraverso il progetto che sta commissionando? Che cosa sa l’azienda dei suoi interlocutori? Ha già lavorato per/con loro? Che cosa ha fatto, quali risultati ha raggiunto?
In riferimento a questo ultimo punto, conoscere quanto fatto in passato offre l’opportunità di selezionare azioni di cui già si conoscono gli effetti, nel bene e nel male.
Il mercato in cui ci muoviamo
Procediamo con le informazioni sul mercato:
- chi sono i principali competitor dell’azienda?
- che tipo di mercato è quello in cui si muove?
- che cosa c’è da sapere sul consumo del bene/servizio che l’azienda produce? Quali sono i suoi riferimenti (benchmark)?
Nessuna azienda, nessun bene o servizio vive solo nel mondo.
I migliori insight spesso provengono da come le persone usano prodotti e servizi: in questo caso è cruciale che l’azienda passi all’agenzia le informazioni di cui è a conoscenza sul mercato, perché è il suo mondo.
Per quanto l’agenzia sia brava, non arriverà mai a ricostruire in un tempo limitato l’esperienza di cui l’azienda è in possesso sui temi che le appartengono.
Che cosa stiamo facendo
Ci occorrono notizie su quanto è già stato fatto:
- l’azienda ha già attivato azioni di marketing o di comunicazione?
- ci sono azioni intraprese in passato che ha senso ricordare?
- ci sono azioni particolari che avrebbe interesse a intraprendere (per esempio influencer marketing)?
Sapere quanto è già stato fatto aiuta a non imboccare strade potenzialmente senza uscita. Sapere quanto si sta per fare serve a creare azioni che lavorino in armonia con tutto il resto.
Tempi di consegna
Definiamo le scadenze:
- indichiamo sia la consegna del lavoro definitivo, sia i tempi delle consegne intermedie
- pensiamo anche a dei momenti di check intermedio
Budget
Il budget va sempre indicato. Anche se spesso è difficile da definire, è fondamentale per l’agenzia conoscerlo, in modo da poter dimensionare adeguatamente le azioni.
Il co-briefing
A volte l’azienda non è preparata per creare un brief così strutturato.
Succede quando è nuova, quando è molto piccola o quando semplicemente le persone che vi lavorano all’interno non hanno dimestichezza con marketing e comunicazione, pur essendo molto preparate nel loro lavoro. Succede anche quando non ha le idee molto chiare su cosa potrebbe fare, situazione assai più frequente di quanto ci immaginiamo.
In questi casi si può lavorare insieme e costruire il brief insieme. È opportuno, allora, che l’agenzia abbia una scaletta di informazioni che intende ricevere per procedere, e che l’azienda si renda disponibile a uno o più incontri lunghi, nel corso dei quali strutturare la richiesta.
Quello che emerge da questi incontri è il frutto delle esperienze e delle competenze di ciascuna delle due parti. Che quindi dà vita a qualcosa di più che a un semplice brief: è già un primo momento di lavoro insieme, che porta azienda e agenzia a ragionare su un terreno comune, ponendo le basi per una progettualità che procede da subito in modo armonico.
Tutto scritto!
Una raccomandazione finale. Che si tratti di un documento creato dall’azienda o del frutto di un co-briefing, il brief deve essere sempre scritto, come deve essere scritto il materiale aggiuntivo e tutto quanto viene discusso successivamente.
In questo modo tutti i membri del team di comunicazione avranno lo stesso riferimento e potranno lavorare per la propria parte sapendo che esiste una sola versione di “quello che vuole il cliente”.