Gli oggetti delle email sono dei veri e propri titoli, scritti apposta per farle aprire. Anzi, dovrebbero essere fatti apposta per questo, ma non sempre ce ne ricordiamo. Spesso li concepiamo come appendici che ci tocca scrivere perché bisogna pur mandarla, quella email.
Invece dovremmo pensare agli oggetti come piccole epifanie (manifestazioni) di micro storie, utili a far viaggiare col pensiero i nostri lettori.
Per far questo è utile prendere spunto dalle newsletter e tenere ben presenti i consigli di Daniela Scapoli, che se ne intende. Daniela scrive così: un oggetto che non invita al click è un oggetto invisibile e per me questa è una frase da post-it, cioè di quelle che occorre tenere sempre attaccate allo schermo del computer.
Allora, per imparare a scrivere oggetti efficaci, cioè che facciano venir voglia di fare click, facciamoci ispirare da alcune newsletter (ho selezionato un periodo a caso nella mia casella di posta) e vediamo quali riflessioni emergono.
Oggetti che si ripetono e fidelizzano
Ci sono newsletter che aspetti e che quando arrivano nella tua casella di posta apri di default, perché contengono informazioni o pensieri che stai aspettando. L’oggetto si ripete sempre uguale e ti riconnette, ogni volta, all’abbonamento che hai stipulato, ai motivi che ti hanno spinto a farlo: è come i discorsi che ripeti con gli amici più cari e che non ti stancano mai, proprio perché li fai con quegli amici lì.
Questa è la newsletter di Unsplash, un sito (meglio, una comunità) che mette a disposizione foto free. Ce ne sono moltissime di paesaggio, natura, fiori e sono molto belle, fresche e non scontate. Ci sono anche foto di animali, oggetti, persone, auto e cibo. Non mi ricordo chi me l’abbia segnalato qualche anno fa, ma è collegato a un momento decisivo in cui stavo pensando al nuovo sito e cercavo ispirazione per dare un’identità visiva ai miei post. In realtà non ho mai usato le foto di Unsplash per il sito, ma mi sono servite per capire che cosa volevo.
Il Circolo dei lettori di Torino è affascinante perché si trova in centro, in un palazzo settecentesco bellissimo. Le stanze hanno soffitti alti e affrescati, lampadari a goccia che ti tolgono il fiato, poltrone damascate, specchi giganti e parquet vecchissimo che scricchiola a ogni movimento di piede. La sua newsletter parla dell’attività culturale del Circolo, delle presentazioni di libri e delle ospitate interessanti, insomma è un luogo fisico nel quale vai felice e le newsletter sono come un piacevole invito, che si ripete con grazia.
Io credo che il Post sia il migliore quotidiano online in Italia. Il loro modo di scrivere le notizie è molto personale, diretto, spesso divertente e a volte dissacrante. La newsletter arriva tutte le sere verso le 18 e 30: in apertura una striscia del Peanuts e poi link alle notizie del giorno, selezionate dalla redazione e commentate à la Post, cioè con quel mix di ironia, autocompiacimento e leggerezza che è diventata la cifra del giornale.
Perché ho fatto tutta questa spiega a proposito di questi tre oggetti di newsletter? Perché mi sono dilungata così tanto? Per farti capire che non sempre la ripetizione è nociva, anzi, ma deve poggiarsi su un terreno ben solido. Io conosco in prima persona le tre realtà degli esempi che ho citato, ma se non sapessi cosa c’è dietro, le aprirei queste newsletter? No. È il capitale simbolico che queste tre realtà hanno accumulato (autorevolezza-storia-precisione-qualità) a far sì che noi lettori percepiamo la ripetitività dell’oggetto come un elemento positivo. Una ripetizione di format che trasmette fiducia, sicurezza, continuità.
Oggetti che si ripetono e che ci stancano
A questi titoli siamo stra-abituati, ormai. Contengono quelle paroline magiche che spesso ci spingono a fare click: ma ci crediamo davvero che qualcuno ci regali qualcosa? E che l’offerta sia in esclusiva per noi?
Nel primo caso, il fatto di avere a disposizione ben 15 euro da spendere come mi pare potrebbe forse spingermi ad aprire l’email: del resto la somma sembra interessante e PayPal è PayPal, non un oscuro sito propinatore di spam. Nel secondo caso, so che Piano C è un coworking di Milano molto attento all’empowerment professionale femminile e conosco la sua inventora, Riccarda Zezza, una persona davvero in gamba: bè, la newsletter la apro. Però, se non conoscessi la storia dietro, la aprirei lo stesso? No. Quelle opportunità in esclusiva per me mi allontanerebbero del tutto, se non sapessi quello che so, perché mi sembrerebbe fuffa di fuffa (il male!).
Oggetti fatti apposta per fare click
Gli oggetti di queste due email attirano la nostra attenzione perché contengono il numero 5 e il numero 10, che ci enumerano in anticipo le cose che troveremo nella newsletter (5 cose e 10 lezioni).
Nel primo caso, poi, non importa se non abbiamo un viaggio in vista nel corto o medio periodo, quelle cose di cui non potremo fare a meno ci instillano la voglia di fare click. Nel secondo caso, l’oggetto brilla di luce riflessa: in automatico andiamo col pensiero alla bravura di Obama nel fare discorsi ispiranti e motivanti e non possiamo che fare click. Questi oggetti così concepiti sono davvero come i titoli degli articoli usati da molti giornali per attirare l’interesse attivo dei lettori.
Maestro in questo senso è Cosmopolitan:
Potenza dei numeri anche nell’oggetto di Langue&Parole, agenzia di traduzioni e servizi editoriali.
Ti sembra un’offerta commerciale? Se conosci Marina e Luca, coppia al timone dell’agenzia, sai che non proporrebbero mai così i loro corsi. Infatti i due dell’oggetto sono loro, e nella newsletter Marina racconta come si trova a lavorare a stretto contatto col marito. Però ti potrebbe venire il sospetto: magari sei un nuovo iscritto alla newsletter di Langue&Parole, non sai ancora con chi hai a che fare.
Se nello snippet, al posto del classico e standard View this email in your browser, avessi letto qualcosa come “Lavorare con il coniuge non è così male”, non avresti avuto nessun dubbio e forse l’argomento ti avrebbe incuriosito spingendoti ad aprire.
Oggetti emotivi che parlano a una comunità
Mentre parliamo di coppie, Marianna e Marco sono i genitori di Zandegù, casa editrice digitale e fucina di corsi bellissimi (nonché mio editore).
Il titolo della newsletter è subito riconducibile alle Zandebirre, cioè l’occasione per bere una birra e fare due chiacchiere organizzata periodicamente da Zandegù. Le due birre e la faccina ammiccante sono coerenti con il tono simpatico e dissacrante che caratterizza tutta la comunicazione di Zandegù e nello snippet c’è la cosa che più interessa chi legge: la data della prossima Zandebirra.
Quando ho ricevuto la newsletter di Andrea Vitullo il mio primo pensiero è stato “e questo chi caspita è?”. Il secondo, “però, che bel titolo”: Idee, insight e domande che ti fanno crescere mi ha subito aperto a mille possibilità, a mille mondi.
In più, quel pezzetto troncato “ricomincia la newsletter” mi ha fatto pensare che forse l’avevo già ricevuta in passato, ma non me ne ricordavo. Infatti è andata così e quando sono tornata sul sito della società di Andrea e ho visto l’elenco qui sotto, ho capito perché mi ero iscritta alla sua newsletter. Perché volevo essere ispirata.
Ecco, questo fanno i titoli efficaci. Ti fanno pensare, ti ispirano, ti fanno fare un piccolo viaggio e tutto nel giro di pochissimi secondi. Quindi, se non puoi contare sull’abitudine e l’attesa, se non puoi sventolare uno sconto, né usare la magia dei numeri, sei obbligata a lavorare sulle parole e sul loro potere. Quello che ti frulla come in lavatrice e ti risputa vogliosa di continuare a leggere.
Oggetti come quelli delle newsletter
Con la nostra newsletter non parliamo a tutti come fa l’INPS, ma scriviamo alla comunità che si è iscritta ben conscia di quello che andava cercando. Le newsletter rispondono al bisogno degli iscritti di saperne di più su quel tema, di avere le notizie del giorno commentate con humor e un pizzico di ironia, di approfondire come sono fatti i cosmetici rispettosi dell’ambiente e degli animali, di sapere come trovare ispirazione dalle cose. Le newsletter (nella maggior parte dei casi) le chiedono gli iscritti, che quindi sono più propensi ad aprirle.
Se io parlo a una comunità così definita, dovrò usare parole, immagini e narrazioni che stiano dentro quella comunità, che a quella comunità risultino familiari.
Ma anche se scrivo una semplice email non la posso concepire come fosse diretta a chicchessia: dovrò sempre avere davanti agli occhi uno o più visi a cui fare riferimento, esperienze pregresse da tenere in considerazione, contesti in cui calarmi, parole chiave da usare e, soprattutto, la consapevolezza che magari la mia email il mio destinatario non l’ha chiesta. Dettaglio moooolto importante.
Il mio consiglio, quindi, è di studiare gli oggetti delle newsletter che hai nella casella di posta e da lì partire, per trarre ispirazione, per uscire dai soliti schemi, per cimentarti in nuovi territori.