Cadere dal pero

In questo articolo ti diamo alcuni consigli per mettersi in proprio… senza cadere dal pero. Cadere dal pero vuol dire rendersi conto di una certa cosa, anche dolorosamente. Sì, perché spesso il pero è alto. E a cadere ci si fa male. Specie se si parla di lavoro.

Come mai questa cosa del “cadere dal pero”? Ora te lo spiego e lo faccio con 2 storie.

Storia 1. Poche idee e confuse

La prima. Qualche mese fa ho conosciuto una ragazza, amica di amici di amici, che voleva aprire una libreria. Qualcuno sapeva che io ho una casa editrice e mi hanno chiesto se poteva incontrarmi per chiedermi un paio di cose. Ho accettato. La vedo. È giovane, ha un posto fisso, è molto gentile.

Mi racconta la sua idea: vorrebbe aprire una libreria di soli libri fuori catalogo (quindi una cosa veramente di nicchia e difficilissima: pensa campare se non puoi vendere l’ultimo di Harry Potter), usando una sorta di marchio in franchising, dato da una cooperativa che io non avevo mai sentito.

Non che io sappia tutto del mondo editoriale, sia ben inteso, ma già la cosa inizia a piacermi poco.

Decido di farle qualche domanda, cose basic. “Come mai ti è venuta questa idea?”, chiedo. “Eh, mi piacciono tanto i libri”, dice lei. Le chiedo allora se legge, quali autori le piacciono, quali libri, quali generi. Resta sul vago. Allora le domando se conosce un po’ il mercato e mi dice di no. Se ha passato tanto tempo nelle librerie per capire come funzionano, se magari ci ha lavorato come commessa, se ha amici proprietari di librerie, se va al Salone del libro, se sa dirmi qualche editore che lei reputa valido.

Ok, immagino ormai tu abbia capito quali sono state le risposte a tutte queste domande, vero?

E dire che mi sono fermata alla superficie. Non le ho chiesto, per dire, se aveva già fatto due conti, se aveva basi di marketing, se le piaceva usare i social, se pensava di farsi fare un sito, eccetera.

Pensa che voleva capire se poteva conciliare gli orari di apertura di una libreria col suo attuale lavoro.

Era forse sciocca? Pazza? No, semplicemente era molto molto ingenua. Aveva quella che lei credeva fosse un’idea di business, quando invece si trattava solo di un abbozzo e nulla più.

Mi spiace dirlo ma, parlando con me, si è scoraggiata. È caduta dal pero.

Storia 2. C’è da lavorare sodo

La seconda storia. A fine luglio ho tenuto un workshop per Weekendoit, l’evento dedicato agli artigiani creativi che si svolge ad Ancona. Il workshop si chiamava “Creare il tuo ebook” e, te la faccio breve, spiegavo tutto il lavoro che c’è dietro un libro digitale, nel caso uno volesse autopubblicarsi: lavoro di studio, scrittura, editing, impaginazione, grafica, promozione, marketing, vendita.

La mia intenzione era quella di dare strumenti pratici per mettersi all’opera. Ho visto che i partecipanti prendevano appunti ma, alla fine, sai qual è stato il risultato? Quasi tutti mi hanno detto: “Cacchio, ma quanto lavoro c’è da fare! Non credevo! Allora mi sa che rinuncio”.

Insomma, anche loro sono caduti dal pero.

A parte che, si è capito, sono una che distrugge le speranze altrui (scherzo!), quello che ti voglio far notare è: sai quanta gente c’è là fuori che non parla con gli altri per avere un confronto, o non si scoraggia e va avanti per la sua strada, ma senza informarsi e formarsi, convintissima di quello che vuole fare e senza guardare più in là del proprio naso?

Quante persone ho incontrato negli ultimi anni che mi dicono di voler aprire un bar/ristorante/pasticceria e, se chiedo come mai gli è venuta quell’idea, dicono: “Eh, tutti mi dicono che cucino bene e ci vorrei provare”. E poi, se perseverano, quanti dopo 6 mesi chiuderanno la serranda per sempre?

Cose da fare prima di mettersi in proprio

Che cosa puoi imparare, quindi, dalle mie due storie?

  1. Informarti: ci sono libri, corsi, riviste, blog, fiere e persone che possono darti una mano. Puoi chiedere, puoi pagare consulenze, puoi partecipare a forum e dibattiti. Non importa come, ma le occasioni per carpire informazioni, e vedere se ha senso o meno procedere con la tua idea di business, non mancano. Quindi, su, informati!
  2. La passione che non era una passione. Ok, sei appassionata di cucina: ma siamo sicuri che sia davvero la cosa che vuoi trasformare in lavoro? Magari ti piace perché è un hobby. Senti di non vivere senza mattarello? Sai che solo diventando chef realizzerai i tuoi sogni? Oppure hai guardato troppe puntate di Masterchef e ti sei fatta un po’ prendere la mano? O hai perso il lavoro o il tuo impiego non ti soddisfa e vedi appigli per scappare anche dove non ci sono? Occhio che panico e insoddisfazioni sono brutte bestie!
  3. C’è da lavorare, sempre. Ebbene sì: solo perché una cosa ti appassiona non vuol dire che non ci sia da lavorare. Le cose sono sempre difficili, e se ti sembra che non sia così, vedrai che ti toccherà ricrederti. Sei pronta a metterti in gioco, lavorare giorno e notte, sudare e investire i tuoi soldi in questa avventura lavorativa?

4 cose da chiederti prima di iniziare, per non cadere dal pero

  1. Sono davvero brava? Non fidarti di parenti e amici che ti dicono che sei brava: spesso non sono i giudici più imparziali. Sai fare a maglia? Prima di aprire una boutique, inizia con qualche mercatino: quali sono le reazioni della gente? Cosa dicono dei tuoi prodotti? Cosa puoi migliorare?
  2. Mi sono presa il tempo necessario per informarmi? Hai studiato, letto e ti sei informata davvero? No, purtroppo due mesi potrebbero non bastare. Non dico che devi conoscere a menadito un settore, ma capire meglio come funziona, richiede tempo. Ovviamente non c’è la formula magica, ma penso che 6-12 mesi possano andare.
  3. Mi serve imparare qualcosa che non so? Ok, sei convinta, ti sei informata e sei sulla strada giusta per partire. Sai fare tutto, ma proprio tutto? Magari, se ci pensi bene, coi social sei una schiappa e, poi, una volta partita, come promuoveresti la tua attività? Meglio, allora, iniziare col piede giusto e formarsi.
  4. Ho fatto bene i conti? Eh, questo è il tasto dolente. Tanti si buttano convinti che sì, boh, poi in qualche modo faranno, e si ritrovano a non saper gestire le spese e con un buco nel conto più profondo di un canyon. I numeri non mentono e magari ti dicono che non è ancora il momento giusto per partire. It sucks, certo, ma meglio così, che rischiare di rimanere senza pane sotto i denti, vero? Fatti consigliare e fai subito un business plan!

Bene, se stai pensando di metterti in proprio, con queste domande in mente, sarai prontissima, non ti farai cogliere impreparata e, soprattutto, non cadrai dal pero!

Marianna Martino

Classe ’83, agitata, battutara, dipendente dalla michetta, sono oppure sono stata editore, editor, correttore bozze, copywriter e webcontent. Ho lavorato qua e là, collaborato a molti progetti, viaggiato assai e scritto una guida su Torino. Guardo i film in lingua originale, ascolto i Sigur Ros e non mi nego mai un bicchiere di buon vino.

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4 thoughts on “Cadere dal pero”

  1. Parlavo proprio poco tempo fa con un’amica che, come dici tu, ha la passione per i dolci e voleva aprire una piccola pasticceria. Peccato che non abbia mai lavorato in una pasticceria, fa la commessa. Part-time. Non c’è niente di male, ci mancherebbe, ma parlando con lei è venuto fuori che non aveva idea di quanto lavoro c’è dietro, proprio di fatica, in questo caso.
    Non mi piace smontare i sogni altrui, soprattutto dei miei amici, ma bisogna anche essere realistici…io forse sono stata anche troppo cauta, ma anche per il fatto che ho aperto la p. iva in un altro paese, e la lingua è un po’ un ostacolo..in ogni caso, mi sono fatta mille scrupoli. Forse troppi, ma almeno adesso vedo i risultati di tutte quelle ore di ricerca..

    • Hai proprio ragione Alessia. I sogni vanno coltivati, un po’ di sano istinto va coltivato, ma essere preparati fa davvero la differenza tra sopravvivere e vivere del proprio lavoro.

  2. Posso incorniciare questo post?
    L’idea e le speranza non bastano, ci vuole un progetto (=idea strutturata)… e non avere paura di sporcarsi.

    Io non ho dovuto partire da zero, ma ho avuto la fortuna di vedere fin da piccola di cosa è fatto il lavoro quotidiano di un’impresa artigiana: tanto, tanto lavoro. E di confrontarmi con chi questa impresa la porta avanti da 40 anni. Questo mi ha permesso di saltare a piè pari la fase “naif”: sapevo benissimo a che cosa andavo incontro scegliendo quella strada.

    Ad occhio e croce… nelle situazioni ideali il 70% dei lavori è noioso, ripetitivo… “svilente”? Il 30% lo puoi dedicare a sperimentare, fare i lavori che più ti piacciono, ti stimolano… e che ti portano via tanto tempo ed energie; senza necessariamente aiutarti a pagare le bollette. Non direttamente almeno.
    Per me la prova del 9 è stata questa: immaginarmi a fare questa parte del lavoro, poco stimolante, chiedermi “amerò lo stesso questo mestiere quando mi troverò a fare queste cose e non quelle che sogno?” e rispondermi “sì, penso che comunque non mi peserà”.

    Sapendo queste cose, mi sono trovata spesso titubante a rispondere a chi mi diceva “vorrei tanto lavorare con voi/fare uno stage/imparare il vostro mestiere”, davanti alle loro speranze mi vien sempre da chiedermi: sanno quello che chiedono o se mettessi loro di fronte la realtà, questa frantumerebbe irrimediabilmente i loro sogni?

    • Grazie mille Paola! 🙂 Ti capisco tantissimo: anche nel mio lavoro ci sono parti che amo meno di altre. Alcune ho avuto la fortuna di delegarle, altre le faccio perché so che, tutte insieme, concorrono a ottenere gli scopi che mi sono prefissata. A volte si vede solo il lato bello di un mestiere, ma le cose belle arrivano dopo tanti sacrifici. E per sacrifici non intendo solo che il successo magari non arriva dopo 5 minuti. Sacrifici vuol dire anche che, su 8 ore di lavoro al giorno, 5 sono di compiti che non avevi preventivato di svolgere, ma li fai lo stesso perché le 3 ore che ti restano, dove effettivamente fai quello che ami, ecco quelle ore, per ragioni contrarie alla logica (o forse c’è un fuso orario diverso quando c’è di mezzo la passione) quelle ore valgono per 10 e ripagano di tutto.
      Ma ci va tempo e forza per avere una forma mentis del genere (che poi penso sia la forma mentis dell’imprenditore) e, purtroppo, non tutti arrivano preparati e poi i sogni si infrangono. A presto Paola e grazie per aver condiviso la tua bella esperienza qui! <3

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